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PER ENRICO LIVRAGHI


A dieci anni dalla scomparsa






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Dieci anni fa Enrico Livraghi ci ha lasciato. Dopo una malattia breve, crudele, che non ha lasciato scampo. Con lui abbiamo perso una personalità di spicco della cultura milanese, un amico e un collaboratore della Casa della Cultura.

Il suo nome è legato inesorabilmente all'esperienza del cinema Obraz, una saletta con un centinaio di posti al Garibaldi, che ha lasciato un segno profondo nella cultura milanese, e non solo. Un nome che, con il passare del tempo, ha assunto tratti mitici nella memoria culturale della città. Con una scelta felice l'Anteo multisala ha reso un omaggio a quella esperienza intitolando Obraz una delle sue sale.

Tra i cinefili e tra le persone di cultura milanesi Obraz evoca cinema di qualità. Anzi, in quella saletta venivano proiettate le pellicole di qualità che non avevano trovato posto nella programmazione commerciale. Ne nacquero rassegne straordinarie che ancora oggi vengono ricordate dagli appassionati e dagli studiosi.

Lascio agli specialisti e agli studiosi del cinema la ricostruzione di quella felice programmazione. A me interessa ricordare l'ispirazione più profonda che guidava quell'operazione. Per Enrico e per il gruppo di amici raccolti attorno a lui l'Obraz era un progetto di cultura civile e politica. Per la quale era giusto impegnare le proprie competenze, le proprie idee, il proprio tempo e anche le proprie risorse personali. Una scelta nella quale la passione politica e culturale si mescolava con la generosità e con l'impegno. Non c'erano sponsor e neppure il sostegno delle istituzioni. Non vi era calcoli e ritorni economici: c'era solo un'idea alta della funzione della cultura.

Questa operazione, un po' di avanguardia e un po' underground, forse elitaria ma di certo assai feconda, è riuscita a durare dal 1976 al 1990: una durata lunga per un'operazione che poggiava tutta e solo sulla passione civile di un gruppo di amici. Avrebbe potuto durare di più se le istituzioni avessero prestato attenzione, ma la fine degli anni Ottanta erano, purtroppo, gli anni della "Milano da bere": un'operazione generosa e raffinata come l'Obraz non interessava a chi allora deteneva il potere in città.

Dopo la chiusura di quella sala Enrico ha continuato la sua attività di critico cinematografico e di studioso dell'immagine, o meglio della filosofia dell'immagine. Ha collaborato a quotidiani e riviste, ha scritto libri. Ha anche cominciato a collaborare con la Casa della Cultura. Curando un ciclo bellissimo sul cinema, con i protagonisti delle varie fasi della produzione cinematografica. E, poi, ha cominciato a produrre abstracts per il nostro sito in cui commentava gli incontri di filosofia e alcuni eventi di cultura politica. Quegli abstracts meritano di essere raccolti e riproposti alla lettura: da essi trapela la cultura vastissima dell'autore e la sua finezza interpretativa.

Quando è morto lo abbiamo voluto ricordare con una serata in suo onore. Ricordo ancora ora la sala piena e le testimonianze commosse di tanti protagonisti della vita culturale milanese.

A distanza di dieci anni lo ricordo ancora come una presenza viva, che si aggirava in queste sale, interlocutore attento e profondo, mai invasivo, sempre vicino e generoso. Perché dieci anni fa abbiamo perso un collaboratore prezioso, un amico caro, un compagno.

Ferruccio Capelli

 

 

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14 aprile 2020, Enrico Livraghi, una biografia con amore

Nato a Cermenate (Como) il 17 giugno 1940, morto a Milano il 12 maggio 2010.
Sorella Mariella Livraghi, moglie Giovanna Lazzati

Tra i fondatori dell'Obraz Cinestudio si è occupato di filosofia dell'immagine e ha collaborato con il Manifesto. Ha diretto la rivista di filosofia politica "Metropolis" e ha scritto per l'Unità, Cuore, Duellanti e tanti altri periodici. Ha curato moltissime voci delle Garzantine "Cinema".

Ha collaborato con la Casa della Cultura.

Per Enrico il cinema era la forma del mondo ma non coincideva con esso. La sua è stata la capacità di usare il cinema per produrre senso.

Ha lasciato un contributo importante nella vita pubblica soprattutto per l'esperienza centrale della sua esistenza: la saletta Obraz Cinestudio di Largo La Foppa, riconosciuta come punto più alto della cultura e dell'amore per il cinema nella città di Milano (1975-1990).

In seguito, dopo la chiusura per sfratto, ha continuato a riflettere sui film e a proporre rassegne al Comune e alla Provincia di Milano.

Ha continuato a scrivere di immagini. L'ultimo suo libro "Da Marx a Matrix", (2006) è caratterizzato da un'analisi teorica del capitalismo cognitivo, del lavoro immateriale, della realtà virtuale e dell'intelligenza collettiva della rete attraverso il recupero filologico e l'uso critico della nozione marxiana di feticismo delle merci.

Tra gli altri alcuni titoli dei suoi libri:

La classe operaia nel cinema americano 1930-1980, a cura di Enrico Livraghi e Sandro Studer
Mostra del cinema indipendente USA 1979-1983, catalogo a cura di Antonello Catacchio, Roberto Duiz, Giovanna Lazzati, Enrico Livraghi, Felice Pesoli
La carne e il metallo (Visioni storie pensiero del cyber mondo), a cura di Enrico Livraghi
Schermo bagliore arcano (L'"aura" del film nell'epoca della riproducibilità elettronica), a cura di Enrico Livraghi
L'arte nell'era della producibilità digitale, a cura di Antonio Caronia, Enrico Livraghi, Simona Pezzano.

Amava tra mille altre cose il mare e la pesca alla traina

 

 


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09 MAGGIO 2020