Carlo Magnani  
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L'ARCHITETTURA TRA PROGETTO E RACCONTO


Commento al libro di Carlo Olmo



Carlo Magnani


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Si dice che Alessandro Magno andando verso Oriente incontrasse territori e popoli sconosciuti, montagne, fiumi, animali e mostri inusitati e si rammaricasse dell’insegnamento del suo maestro Aristotele che tutto gli aveva detto di Occidente ma nulla dell’Oriente. I quattro volumi di Carlo Olmo pubblicati in sequenza per i tipi di Donzelli – Architettura e Novecento (2010), Architettura e storia (2013), Città e democrazia (2018) e infine, quello di cui stiamo scrivendo, Progetto e racconto (2020) – descrivono, in fondo, un viaggio che esce dalle aule universitarie e scopre mondi altri che non rispondono alle recenti consuetudini della ricerca accademica delimitata da protocolli, procedure e indicatori di carattere quantitativo al punto da elidere la responsabilità del confronto con l’utilità sociale, per così dire, del ruolo dello studioso e dell’oggetto dello studio. “L’architettura è il più straordinario e ambiguo documento con cui misurarsi”(p.19) contro una sua riduzione a pura immagine fino all’iconolatria, tendenza che attraversa tutto il Novecento, tanto più se ne vuole coltivare un’analisi diacronica. Infatti – scrive Olmo – “la natura diacronica dell’architettura nasce, in realtà, da un intreccio indissolubile tra pratiche e rappresentazioni collettive, con la presenza imprescindibile dell’azione soggettiva” (p.30). Ma qui iniziano i problemi.

Un progetto di architettura è un prodotto. Come tutti i prodotti rappresenta anche un processo. È compiuto in sé, ma allude ad altro da sé, cioè alla sua realizzazione, aspira a diventare cosa. Inizia così un altro processo. La cosa realizzata è soggetta a usi e percezioni: altro processo. Si può procedere ancora oltre e verificare gli effetti indotti, processi relativi all’andamento dei valori immobiliari oppure ai mutamenti sociali o ai comportamenti, nel caso di operazioni di riqualificazione o di rigenerazione urbana. Ogni fase ha molti attori in scena che si susseguono o si accavallano generando conflitti (la città), rappresentando immaginari (p.79), modalità di “pensare il futuro attraverso il bene limitato dello spazio”(p.96) se si vuol tenere insieme ancora città e democrazia attraverso “un giudizio critico che non può che riproporsi nella sua dimensione pubblica e democratica”(p.96).

Molti sono i compagni di viaggio, a volte troppi appesantendo l’argomentazione, che accompagnano lungo questo impervio percorso, fra tutti Paul Ricœur e Jacques Lacan, ma sullo sfondo si staglia la figura di Max Weber come memento del dover essere del lavoro intellettuale come professione e naturalmente la riflessione sulla nozione di modernità ci accompagna lungo le pagine del volume: “una modernità procedurale – osserva Olmo – e la sua scrittura tutta costruita al di fuori di un rapporto argomentazione-prova, che risponde solo al rispetto di norme, tradisce – chiosa l’autore – la modernità nel suo essere una professione intellettuale e non solo artistica o tecnica”(p.9). Dunque, bisogna partire dai fatti. Ma che cos’è un “fatto storico” se non la sua assunzione in un circuito argomentativo che lo colloca nel divenire, cioè ne cerca e coglie gli aspetti di causalità verificandone gli effetti o gli esiti? Ciò pone un problema di rapporto con il tempo. Il presente senza divenire, senza tempo, è solo evento: pura casualità. Vari neologismi (da smart city a green economy) inseguono il tempo sospinti da ansie descrittive che danno forma “all’incessante mutamento” coprenti e distraenti dall’oblio della territorialità, delle sue diversità, delle sue inerzie.

“Metamorfosi” è il titolo della seconda parte del volume che apre a tre sondaggi, esercizi di analisi e interpretazione dedicati rispettivamente alle Esposizioni Universali e alle loro mitologie, a An Outline of European Architecture che Nikolaus Pevsner scrive nel 1942 per identificare un ambito di appartenenza e a Pier Luigi Nervi: “l’italiano più famoso del secondo dopoguerra e il progettista strutturale non riconosciuto accademicamente”(p.124) a testimonianza della necessaria iterazione dell’esercizio di una Storia che voglia ridare voce alla fonti, verificate ma non naturalizzate. “L’architettura – afferma Olmo – ha un suo senso se è un’epistemologia del futuro e se scommette non su culture sincroniche, ma sulle forme sociali, abitative collettive o individuali del domani”(p.86).

Per ritornare ad Alessandro e al suo viaggio da cui siamo partiti, narrano le storie che Alessandro sia morto nel viaggio di ritorno, ma nessuno ne ha mai trovato la tomba. In alcune parti del Mediterraneo pare che i pescatori si salutino da una barca all’altra chiedendo tutt’ora notizie del re macedone. Dalla seconda barca si usa rispondere che Alessandro vive e regna.

L’Oriente pone molti problemi, la ricerca di Carlo Olmo continua…

Carlo Magnani

 

 

 

N.d.C. – Carlo Magnani, professore ordinario di Composizione architettonica e urbana, è stato rettore dell’Università Iuav di Venezia, direttore del Dipartimento di Culture del progetto, preside della Facoltà di Architettura e presidente di Uniscape, Rete europea di università per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio. Ha coordinato ricerche, partecipato a concorsi di architettura e seminari di progettazione, progettato allestimenti, edifici pubblici e privati, sistemazioni urbanistiche. Nel 2009 ha ricevuto la laurea honoris causa in architettura e urbanistica all’Università Ricardo Palma di Lima (Perù).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

11 SETTEMBRE 2020

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
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in redazione:
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Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
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2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020:

F. Gastaldi, Nord vs sud? Nelle politiche parliamo di Italia, commento a: A. Accetturo e G. de Blasio, Morire di aiuti (IBL, 2019)

R. Leggero, Curare l'urbano (come fosse un giardino), commento a: M. Martella, Un piccolo mondo, un mondo perfetto (Ponte alle Grazie, 2019)

E. Zanchini, Clima: l'urbanistica deve cambiare approccio, commento a: M. Manigrasso, La città adattiva (Quodlibet, 2019)

A. Petrillo, La città che sale, commento a: C. Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

A. Criconia, Pontili urbani: collegare territori sconnessi, commento a: L. Caravaggi, O. Carpenzano (a cura di), Roma in movimento (Quodlibet, 2019)

F. Vaio, Una città giusta (a partire dalla Costituzione), commento a: G. M. Flick, Elogio della città? (Paoline, 2019)

G. Nuvolati, Città e Covid-19: il ruolo degli intellettuali, commento a: M. Cannata, La città per l’uomo ai tempi del Covid-19 (La nave di Teseo, 2020)

P. C. Palermo, Le illusioni del "transnational urbanism", commento a: D. Ponzini, Transnational Architecture and Urbanism (Routledge, 2020)

V. Ferri, Aree militari: comuni, pubbliche o collettive?, commento a: F. Gastaldi, F. Camerin, Aree militari dismesse e rigenerazione urbana (LetteraVentidue, 2019)

E. Micelli, Il futuro? È nell'ipermetropoli, commento a: M. Carta, Futuro. Politiche per un diverso presente (Rubbettino, 2019)

A. Masullo, La città è mediazione, commento a: S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

P. Gabellini, Suolo e clima: un grado zero da cui partire, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

M. Pezzella, L'urbanità tra socialità insorgente e barbarie, commento a: A. Criconia (a cura di), Una città per tutti (Donzelli, 2019)

G. Ottolini, La buona ricerca si fa anche in cucina, commento a: I. Forino, La cucina (Einaudi, 2019)

C. Boano, "Decoloniare" l'urbanistica, commento a: A. di Campli, Abitare la differenza (Donzelli, 2019)

G. Della Pergola, Riadattarsi al divenire urbano, commento a: G. Chiaretti (a cura di), Essere Milano (enciclopediadelle
donne.it, 2019)

F. Indovina, È bolognese la ricetta della prosperità, commento a: P. L. Bottino, P. Foschi, La Via della Seta bolognese (Minerva 2019)

R. Leggero, O si tiene insieme tutto, o tutto va perduto, Commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Ciacci, Pianificare e amare una città, fino alla gelosia, commento a: L. Mingardi, Sono geloso di questa città (Quodlibet, 2018)

L. Zevi, Forza Davide! Contro i Golia della catastrofe, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

G. Pasqui, Più Stato o più città fai-da-te?, commento a: C.Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

M. Del Fabbro, La casa tra diritto universale e emancipazione, commento a: A. Tosi, Le case dei poveri (Mimesis, 2017)

A. Villani, La questione della casa, oggi, commento a: L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L'Italia senza casa (FrancoAngeli, 2018)

P. Pileri, Per fare politica si deve conoscere la natura, commento a: P. Lacorazza, Il miglior attacco è la difesa (People, 2019)

W. Tocci, La complessità dell'urbano (e non solo), commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

S. Brenna, La scomparsa della questione urbanistica, commento a: M. Achilli, L'urbanista socialista (Marsilio, 2018)

L. Decandia, Saper guardare il buio, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia (Donzelli 2018)

 

 

 

 

 

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