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STA ANDANDO TUTTO BENE?


È necessario ritrovare raziocinio e prudenza



Pino Landonio


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È passato più di un anno dall’arrivo del Covid-19 nel nostro Paese. I primi due casi diagnosticati in Italia furono quelli di due turisti provenienti dalla Cina il 30 gennaio 2020. Questo indusse il Governo Italiano, il 31 gennaio, a decretare lo stato di emergenza per 6 mesi, e ad assumere, primo in Europa, la decisione di bloccare i voli dalla Cina.

Ma è del 21 febbraio 2020 (una data che non potremo certo dimenticare) il primo caso di positività al Covid-19 registrato all’ospedale di Codogno: quel Mattia Maestri diagnosticato grazie all’intuizione di una anestesista, la dottoressa Annalisa Malara, che, di fronte a una “strana” polmonite si era fatta venire il dubbio della possibile infezione da coronavirus. Oggi sappiamo che, in effetti, il virus già era presente nel nostro paese da qualche mese: addirittura dal novembre 2019, stando alla conferma sul tampone fatto, per altre ricerche, su un bimbo di 4 anni. E, più di recente, grazie al ritrovamento del virus in un campione di cute di una donna ricoverata per orticaria. Tre mesi dunque, in cui il virus era già ampiamente penetrato nella popolazione lombarda, contagiando molti asintomatici, ma producendo anche molti casi clinici “anomali” notati sia dai medici di medicina generale, che nei reparti ospedalieri, ma ancora non diagnosticati.

Nel giro di pochi giorni la situazione in Lombardia apparve subito molto preoccupante: non solo per il numero dei contagi riscontrati (allora si facevano tamponi solo sui pazienti sintomatici), ma soprattutto per la pressione inusitata di pazienti sui pronto soccorso ospedalieri. A partire dal 23 febbraio fu deciso di stabilire una “zona rossa” per dieci comuni tra Lodi e Codogno (e in contemporanea nel comune di Vò Euganeo, in Veneto, dove fu anche attivata una procedura di screening a tappeto sulla intera popolazione, che evidenziò la presenza di molti casi di soggetti positivi asintomatici). Mentre, rispetto alle segnalazioni sempre più drammatiche provenienti dalla provincia di Bergamo, e in particolare dai comuni di Nembro e Alzano, né la Regione (che ne aveva facoltà), né lo stesso Governo assunsero la decisione tempestiva di stabilire una zona rossa. Dovettero passare una decina di giorni, dopo che la Regione Lombardia era stata valutata zona “arancione”, perché il Governo assumesse la decisione draconiana di un lockdown generalizzato a tutto il paese, trasformando l’Italia in un’unica grande zona rossa. Era l’11 marzo 2020.

E come sono andate le cose da quel momento? Ricordate la retorica un po’ ingenua dei tanti “andrà tutto bene”? Qualcuno, scolorito, lo si può ancora vedere, qua e là, nella nostra città. Oggi possiamo dire che non è andato tutto bene. I numeri sono drammatici: quasi 90.000 morti alle spalle e oltre due milioni di contagi accertati (ma sicuramente molti di più nella realtà) sono un bilancio catastrofico.

E cosa abbiamo davanti? Un virus con cui fare i conti ancora per vari mesi, in attesa di un vaccino che impiegherà comunque del tempo a essere distribuito a tutti e a garantire una vera “immunità di gregge”, che pare essere l’unica speranza per uscire dalla pandemia. Una crisi economica che non potrà che progredire, visti i dati dell’occupazione in calo e l’ingente esposizione dell’Italia quanto a debito pubblico. Uno scenario politico che appare quanto mai frammentato e litigioso dopo l’ultima deprecabile crisi di governo. E la "gente", che per qualche mese, soprattutto nella prima ondata, ha manifestato senso di responsabilità, ora comincia a scalpitare, a mostrare scontento, ad avere fretta di fare qualsiasi cosa...

Dobbiamo ritrovare raziocinio e prudenza. Non c'è alternativa a queste due virtù cardinali. Raziocinio per capire che le scelte fatte dal precedente Governo, pur tra molte incertezze, ritardi e contraddizioni, non sono state dettate da pusillanimità, ma hanno tenuto conto delle proiezioni "devastanti" dei ricercatori che si sono espressi in questa pandemia. Vogliamo ora costringerci a nuovi lockdown, dopo quelli già dolorosi del passato? O prepararci a una “terza ondata” che non potrà essere meno pesante delle prime due? Prudenza, proprio perché alla luce di quegli scenari possibili, le scelte del prossimo Governo, ce lo auguriamo, non potranno che ispirarsi alla responsabilità, e perché, in generale, non è il momento di abbassare il livello di guardia.

Certo, tutto questo ha rappresentato e rappresenta una limitazione delle nostre libertà. Ma cos'è che vogliamo? Un liberi tutti che ci porti rapidamente al baratro? Per questo dobbiamo usare raziocinio e prudenza. Se invece vogliamo usare la logica dell’ "io speriamo che me la cavo" allora dovremo seppellire l'assioma “andrà tutto bene" per quello "niente andrà bene..." . Come, ahinoi, si è già largamente dimostrato.

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, due raccolte di “Dialoghi immaginari” con 50 poeti di tutti i tempi e paesi (2015 e 2017) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). (ndr)


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07 FEBBRAIO 2021