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LE LEZIONI DA TENERE A MENTE


Prevenzione e medicina di base: due pilastri da tutelare



Pino Landonio


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Alla data odierna oltre 200 milioni di persone contagiate da Covid-19 in tutto il mondo, e 5 milioni di morti: questo il bilancio drammatico della pandemia. Eppure c’è come una diffusa sottovalutazione della sua portata, quasi che, per una sorta di mitridatismo, ci fossimo ormai abituati a coesistere con il virus, tanto che certi numeri non fanno più impressione. O forse è l’effetto del vaccino che, come retropensiero, ci garantisce un “green-pass” psicologico: come un “liberi tutti” anticipatorio della fine della pandemia.

Andiamoci piano. A oggi risultano somministrati 5 miliardi di dosi di vaccino. Un numero elevato, ma con una differenza, e quasi un vulnus, sostanziale: oltre l’80% a carico dei paesi a reddito alto o medio-alto (USA, GB ed Europa in testa, che hanno ormai raggiunto circa i due terzi della popolazione vaccinata). Mentre vaste e popolose aree del mondo (Asia, Africa, Sud America) risultano lontanissime da livelli di protezione accettabili: ed è soprattutto in queste aree che il virus si moltiplica e miete vittime, producendo varianti non tutte ancora conosciute, ma potenzialmente molto pericolose.

Il pericolo, va detto, non riguarda solo le popolazioni a basso reddito. Negli USA, attualmente, già si parla di “quarta ondata”, con oltre 100 mila nuovi casi/die contro i poco più di 10 mila della fine di giugno. È quella che Biden ha chiamato “la pandemia dei non vaccinati”, che colpisce soprattutto gli Stati del Sud, a maggioranza conservatrice, che sono stati più blandi nelle restrizioni e meno attivi nelle vaccinazioni.

Non è certo il vaccino a determinare le mutazioni del virus (come qualche nostro maître à penser ha incautamente sostenuto), che dipendono invece dalla sua circolazione incontrollata: se mai, per paradosso, il vaccino facilita una selezione tra varianti più o meno aggressive. Ma non per questo si può o si deve sminuirne il valore, l’utilità e la portata.

Quali lezioni trarre da questi dati? La prima, più ovvia, è l’importanza di vaccinarsi e di farlo su scala mondiale, comprendendo, in prospettiva, anche le fasce di età più giovani. L’Istituto di sanità globale dell’Università di Ginevra ha infatti osservato che “una volta vaccinata la gran parte della popolazione over 12 anni, i bambini under 12 diventeranno il principale serbatoio dell’infezione”.

Ma altro dobbiamo imparare dalla vicenda attuale. La considerazione più sconfortante è stata il fallimento pressoché generale dei servizi di prevenzione. Non è stata solo la presa in giro di un piano pandemico di fatto inesistente (o costruito con un inefficace copia-incolla su modelli del tutto inattuali): ma è stata l’inefficienza, frutto dell’incuria se non del progressivo smantellamento dei servizi e degli operatori. Lo si è visto non tanto e non solo in occasione della prima ondata: è stato soprattutto nella fase di apparente quiescenza della pandemia nella estate dello scorso anno che poco o nulla è stato fatto per contrastare la seconda e poi la terza ondata. In cinque mesi, tra settembre 2020 e gennaio 2021, in tutta l’Unione Europea si sono registrati 14 volte più casi di Covid-19 dei primi cinque mesi e 2.5 volte più di morti. Una vera e propria dèbacle.

Sono saltate, di fatto, tutte le possibilità di tracciare e isolare i contagi. E si sono rese necessarie, quasi ovunque, misure di lockdown sempre più estese e dolorose per le economie dei vari paesi, oltre che per i milioni di persone direttamente interessate. Il prof Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ha chiosato così: “L’intero mondo occidentale ha minimizzato il pericolo: c’era un buon margine di tempo per bloccare la diffusione del virus, e non è stato fatto tutto il necessario”. Del resto i paesi europei destinano alle attività di prevenzione poco più del 2% della spesa sanitaria pubblica, concentrandola prevalentemente in spese vaccinali o negli screening, e molto meno nelle attività di igiene pubblica, come la sorveglianza e il controllo delle malattie infettive. L’Italia tutta, e la Lombardia più di altre regioni, è purtroppo su questa linea. Dare più risorse, più operatori e una migliore organizzazione alla prevenzione è uno dei compiti pressanti della politica.

Un’ultima lezione infine: anche se non esistono ancora dati scientificamente probanti, è risultato chiaro che là dove ha funzionato meglio la medicina di base, l’impatto della pandemia è stato meno devastante. Non solo garantendo migliori cure e sorveglianza domiciliare, ma proprio per questo pesando meno sugli ospedali e sulle terapie intensive. È la lezione che, almeno nella prima fase della pandemia, si è potuta trarre nel confronto tra due regioni, Lombardia e Veneto, che hanno avuto andamenti e dati del tutto divergenti. E questo con buona pace delle asserzioni di un autorevole ministro dell’attuale governo, che aveva dichiarato ormai esaurita la funzione dei medici di famiglia. Sarà il caso invece di ripensare e valorizzare al meglio il loro ruolo, soprattutto in associazione, e valutando attentamente l’opportunità, almeno per i futuri giovani medici, di un rapporto di dipendenza dal servizio sanitario nazionale. E insieme al ruolo del medico, quello non meno essenziale dell’infermiere di comunità. Avere nel territorio presidi e sentinelle valide può consentire di curare a domicilio i casi curabili, avvertire più rapidamente la gravità dei sintomi e selezionare più efficacemente i bisogni.

Prevenzione e medicina di base, dunque: due pilastri da tutelare e implementare nel momento in cui ci si prepara a riformare l’assetto del SSN, e di quello lombardo in particolare.

 

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)

 


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15 OTTOBRE 2021