Carlo Olmo  
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BIOGRAFIA (E MORFOLOGIA) DI UNA STRADA


Commento al libro di Caterina Barioglio



Carlo Olmo


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Il libro di Caterina Barioglio – Avenue of the Americas. New York, biografia di una strada (FrancoAngeli 2021) è la profonda rielaborazione di una tesi di dottorato, di cui ero il relatore, ed esce in una rinnovata collana che curo con Edoardo Piccoli per i tipi di FrancoAngeli. Violo un codice etico scrivendo la recensione di un lavoro che conosco dalle sue origini? Non credo. Senza ricercare analogie improponibili, vorrei offrire alla non semplice lettura di un testo molto costruito chiavi interpretative che forse possiedo più di altri. Prima di iniziare, tuttavia, credo necessario dichiarare – affinché il lettore possa costruirsi un proprio giudizio sulla narrazione che segue – la mia completa estraneità a una concezione di memoria che, come scrive Proust, si nasconde “all’infuori del suo campo”.

L’autrice definisce il suo lavoro una storia urbana (p. 36). Su questo posso dissentire. Come dissentirei se si prendessero a modello di questo studio le numerose storie di strade, e prendo come esempi due testi usciti insieme che sono stati per me modelli da seguire: quello di Maurice Garden, Histoire de la rue («Pouvoirs», n. 116, gennaio 2006, pp. 5-17) e quello di Danielle Tartakosky, Quand la rue fait l’histoire (comparso sullo stesso numero dedicato a La rue alle pp. 19-29).

Il lavoro della Barioglio dovrebbe – e non è certo la prima volta che sarebbe interessante farlo – essere letto iniziando dall’ultimo capitolo che l’autrice intitola Dalla Sixth Avenue alla Avenue of Americas: la strada e i suoi cantieri. Muovendo da fonti all’apparenza eterogenee (atlanti, mappe del parcellare di Manhattan, fotografie, disegni, libri come Land Book of the Baroughs of Manhattan e altri testi), l'autrice restituisce in tre dimensioni le variazioni avvenute tra 1939 e 1974 sull’intero tratto della Sixth Avenue di cui si occupa, mettendo in rilievo sedici edifici, realizzati tra 1950 e 1963, di cui poi ci fornisce una scheda con un disegno che ne rappresenta gli aspetti formali prevalenti. Perché suggerisco di partire da questo capitolo? Troppe storie urbane sono storie in cui del rapporto agente/campo d’indagine manca non solo la teoria, ma l’indagine sulle azioni. Il riferimento è persino troppo scoperto: Pierre Bourdieu, Raisons pratiques. Sur la théorie de l'action, (Editions de Seuil, 1994).

Lo spunto che Bourdieu ci offre trova nel libro una messa alla prova che rende il lavoro anche teoricamente interessante. In primis, perché l’indagine sugli agenti spazia da quelli che generano la domanda – ma ci tornerò – a quelli immobiliari, dall’organizzazione dell’amministrazione di New York – che oltre tutto determina, in parte, gli esiti della vicenda – ai progettisti, indagati sia nei loro rapporti con le committenze sia nelle loro scelte distributive e costruttive. Il campo, e qui si riprende il libro dal primo capitolo, non ha nulla di ‘continuista’ o di ‘storicista’. L’incipit verte sulla creazione della domanda attraverso la produzione di immaginari, ma la scelta nulla ha a che vedere con l’autentica esplosione di testi generata dal passaggio da metafora a immaginario, sino alla crisi del reale, di cui Denis Cosgrove e Georges Didi-Hubermann sono forse i riferimenti più interessanti. Il principale riferimento del lavoro della Barioglio è a due libri curati da Bernard Lepetit oggi troppo facilmente dimenticati: La città e le sue storie, in particolare all’introduzione che scrivemmo assieme in quanto co-curatore del volume (Einaudi, 1995); e Les formes de l’expérience, une autre historie sociale, dato alle stampe nello stesso anno a Parigi per i tipi di A. Michel.

L’indagine di Caterina Barioglio - dicevamo - muove da fonti assai diversificate: letterarie, in primo luogo (il capitolo si apre con una citazione di Mario Soldati), urbanistiche - il boulevard - fotografiche, figurative, giornalistiche. Il quadro che ne emerge è insieme nostalgico e di rappresentazione di quanto la depressione seguita alla crisi del 1929 abbia inciso sulle forme di esperienza dello spazio urbano così come sull’urbanistica stessa di New York. Una situazione che cambia radicalmente all’inizio della guerra, nel 1941, quando la Sixth Avenue Association affida a Edward Durell Stone il progetto di un masterplan per il primo tratto della Sixth Avenue. Il progetto di Stone – la cui storia va assolutamente letta (pp. 95 e sgg.) – porta a un doppio, non scontato esito. Da un lato anticipa e avvia la revisione del rapporto tra edificio e spazio pubblico prefigurando anche regole che troveranno attuazione con la revisione dello zoning del 1961. Dall’altro anticipa una ricostruzione di impronta haussmanianna – coraggiosamente o spregiudicatamente condotta spetterà al lettore dirlo – per poi sfociare in una autentica politica di re-naming delle strade. Questo anche attraverso forme di consultazione che nel 1945 suscitarono – in un susseguirsi di articoli di stampa favorevoli e contrari – quella che oggi chiameremmo una ‘tempesta mediatica’ che avrà come esito eclatante una local law – la n.43 del 1945 – che rinomina la Sixth Avenue in The avenue of the Americas. La creazione della domanda attraverso la costruzione di un immaginario – quella che l’autrice chiama con una metafora davvero inclusiva dei processi che si susseguiranno The Avenue of Opportunity – prende così avvio.

È a questo punto che entra in scena un’altra parola chiave dell’intero testo, morfologia. La chiave morfologica delle trasformazioni costituisce assieme al prestige address l’apologia della valorizzazione immobiliare (p. 164). La morfologia ha nella storia urbanistica come in quella urbana padri nobili, da Maurice Halbwachs a Marino Berengo, ma costruisce la sua fortuna quasi in ogni paese a partire dalla ricostruzione di Lisbona dopo il terremoto del 1755. Tuttavia, maneggiare un concetto così diffuso e poliforme è un’avventura intellettuale molto delicata. Basti ricordare quanto pesi anche solo nell’architettura italiana del novecento, da Giovannoni a Muratori ad Aldo Rossi, il rule of naming (Horne e Lowe 1996) e soprattutto che ruolo abbia avuto la morfologia.

La scelta che Caterina Barioglio si scosta da questi pur illustri maestri e cerca una connessione che non passi dalla lettura del parcellario fondiario o dai linguaggi formali, ma possa connettere la costruzione del prestige (in Francia Antoine Lilti l’avrebbe chiamata L’invention de la célébrité) con il progetto che porta al cantiere per la realizzazione dell’architettura di una strada (p. 190). Una trama – che solo l’immersione in un numero sin paradossale di archivi le consente di tracciare – permette all’autrice di collegare il formarsi di figure pubbliche o di celebrità al tratto di strada in questione. Ancora una volta il renaming che, per esempio, riguarda la corporation che decide di costruire qui il suo grattacielo (così nasce il CBS Building) o la famiglia Rockfeller e Time Inc. che costruiscono il proprio grattacielo come fosse l’incipit della storia della ricostruzione della strada. Quest’ultimo non a caso sarà battezzato Time and Life Building e l’architetto chiamato a disegnarlo sarà rigorosamente straniero (Eero Saarinen) per sottolineare il prestigio dell’opera.

Tutto ciò ci consente di dire che non è certo di oggi l’uso dei meccanismi della notorietà o del glamour per avviare operazioni immobiliari. Il Time and Life Building ci aiuta a riposizionare le nostre credenze. Eppure, anche in presenza di architetture che ancora oggi rappresentano al meglio quell’America che sta ricostruendo non solo la sua città più famosa ma la sua stessa identità, sarebbe sbagliato passare esclusivamente attraverso questo tipo di lettura. A generare quelle forme di esperienza – lo si può comprendere seguendo l’autrice nelle prime righe del libro ma soprattutto camminando per la Sixth Avenue – è la morfologia che crea la singolarità del 'campo' non l’autore o il committente. D’altronde Caterina Barioglio ha un inquietante fantasma che la precede e l’accompagna, Lewis Mumford che nel 1918 pubblica un libro che fin dal titolo suggerisce un certo tipo di approccio all’interpretazione dei fatti urbani: Passeggiando per New York. Scritti sull’architettura della città (l’edizione italiana è uscita da Donzelli nel 2000 a cura Elena Marchigiani). Una bella sfida che l’autrice accetta ma che implica una storia urbana che si sporca le mani con le azioni (da quelle fondiarie a quelle progettuali), che arriva a leggere l’architettura non solo per autore e stile ma come parte centrale di una vicenda complessa, in questo caso quella del nesso strada-architettura. In rari casi è così evidente quanto architettura e spazio pubblico richiedano per essere indagati fonti diversificate e strumenti che appartengono a molteplici cassetti degli attrezzi.

Concludendo con le parole che Richard Plunz scrive la prefazione del libro:

«Quella della Avenue of the Americas è stata una storia diversa, una storia dai contorni più estesi, tale da rendere fondamentale comprenderne le dinamiche di trasformazione a un livello più radicale».

Forse, dunque, l’aggettivo che meglio condensa il lavoro di Caterina Barioglio è radicale: nella acribia documentaria, nell’intrecciare fonti eterogenee, nel reggere una periodizzazione per molti versi fragile, nell’arrivare a riproporre graficamente un racconto che con la sola scrittura sarebbe stato compreso appieno solo da chi di quella Sixth Avenue aveva fatto esperienza col proprio corpo.

Carlo Olmo

 

 

 

N.d.C. - Carlo Olmo, professore emerito di Storia dell'Architettura del Politecnico di Torino, è stato preside della Facoltà di Architettura e ha coordinato il dottorato di ricerca in Storia dell'Architettura e dell'Urbanistica. Ha insegnato all'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, al Mit di Boston e in numerose università straniere. Ha inoltre curato mostre di architettura a Torino, Venezia, Roma, Parigi, Bruxelles e New York.

Tra i suoi libri: Politica e forma (Vallecchi, 1971); Architettura edilizia. Ipotesi di una storia (Torino, 1975), con Roberto Gabetti, Le Corbusier e L'Esprit Nouveau (Einaudi, 1975); con Riccardo Roscelli, Produzione edilizia e gestione del territorio (Stampatori, 1979); La città industriale. Protagonisti e scenari (Einaudi, 1980); Aldo Rossi attraverso i testi (Mazzotta 1986): tr. ing. in "Assemblage", 5, 1988: Turin et des Miroirs feles, in "Annales", 3, 1989; con Roberto Gabetti, Alle radici dell'architettura contemporanea. Il cantiere e la parola (Einaudi, 1989); con Linda Aimone, Le esposizioni universali, 1851-1900. Il progresso in scena (Allemandi, 1990; ed. fr. Belin 1993); con Luigi Mazza (a cura di), Architettura e urbanistica a Torino, 1945-1990 (Allemandi, 1991); (a cura di), Cantieri e disegni. Architetture e piani per Torino, 1945-1990 (Allemandi, 1992); Urbanistica e società civile. Esperienza e conoscenza, 1945-1960 (Bollati Boringhieri, 1992); Gabetti e Isola. Architetture (Allemandi, 1993); (a cura di), La ricostruzione in Europa nel secondo dopoguerra (Cipia, 1993); (a cura di), Il Lingotto: 1915-1939. L'architettura, l'immagine, il lavoro (Allemandi, 1994); (a cura di) con Bernard Lepetit, La città e le sue storie (Einaudi, 1995); (a cura di), con Alessandro De Magistris, Jakov Cernihov: documenti e riproduzioni dall'archivio di Aleksej e Dimitri Cernihov (Allemandi, 1995; ed. fr. Somogy editions d'art, 1995; ed. ted. Arnoldsche, 1995); Le nuvole di Patte. Quattro lezioni di storia urbana (FrancoAngeli, 1995); (a cura di), Mirafiori (Allemandi, 1997); (a cura di) con Lorenzo Capellini e Vera Comoli, Torino (Allemandi, 1999); (a cura di), Dizionario dell'architettura del XX secolo (Allemandi, 2000-2001, 5 vol.; ed. Enciclopedia Treccani, 2002); Costruire la città dell'uomo. Adriano Olivetti e l'urbanistica (Edizioni di Comunità, 2001); (a cura di) con Walter Santagata, Sergio Scamuzzi, Tre modelli per produrre e diffondere cultura a Torino (Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci, 2001); con Michela Comba, Marcella Beraudo di Pralormo, Le metafore e il cantiere. Lingotto 1982-2003 (Allemandi, 2003); (a cura di) con Michela Comba e Manfredo di Robilant, Un grattacielo per la Spina. Torino, 6 progetti su una centralità urbana, catalogo della mostra (Allemandi, 2007); Morfologie urbane (il Mulino, 2007); (a cura di), Giedion, Sigfried, Breviario di architettura (Bollati Boringhieri, 2008); (a cura di) con Arnaldo Bagnasco, Torino 011: biografia di una città. Saggi (Mondadori Electa, 2008); Architettura e Novecento. Diritti, conflitti, valori (Donzelli, 2010); (a cura di), con Cristiana Chiorino, Pier Luigi Nervi. Architettura come sfida (Silvana ed., 2010, 2012); Architecture and the 20. Century: Rights, conflicts, values (List Lab, 2013); Architettura e storia. Paradigmi della discontinuità (Donzelli, 2013); con Susanna Caccia Gherardini, Le Corbusier e il fantasma patrimoniale (Il Mulino 2015) e Metamorfosi americane. Destruction throught neglect: Villa Savoye tra mito e patrimonio (Quodlibet, 2016); con Susanna Caccia, La villa Savoye. Icona, rovina e restauro (1948-1968) (Donzelli, 2016); con Patrizia Bonifazio e Luca Lazzarini, Le Case Olivetti a Ivrea (Il Mulino, 2018); con postfazione con Antonio De Rossi, Urbanistica e società civile (Edizioni di Comunità, 2018); Città e democrazia. Per una critica delle parole e delle cose (Donzelli, 2018); Progetto e racconto. L’architettura e le sue storie (Donzelli, 2020).

Per Città Bene Comune ha scritto: Spazio e utopia nel progetto di architettura (15 febbraio 2019); La città tra corpo malato e perfetto (3 luglio 2020); La diversità come statuto di una società (19 febbraio 2021).

Sui libri di Carlo Olmo, v. i commenti di: Cristina Bianchetti, Lo spazio in cui ci si rende visibili… E la cerbiatta di Cuarón (5 ottobre 2018); Giampaolo Nuvolati, Scoprire l’inatteso negli interstizi delle città (20 settembre 2019); Carlo Magnani, L’architettura tra progetto e racconto (11 settembre 2020); Piero Ostilio Rossi, Modi (e nodi) del fare storia in architettura (2 ottobre 2020); Gabriele Pasqui, La storia tra critica al presente e progetto (23 ottobre 2020).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

22 OTTOBRE 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

A. Calafati, Il declino di Torino: una lezione per la città, commento a: A. Bagnasco, G. Berta, A. Pichierri, Chi ha fermato Torino? (Einaudi, 2020)

A. Bonomi, Quali politiche per la città di oggi?, commento a: C. Tajani, Città prossime. Dal quartiere al mondo (Guerini, 2021)

L. Marescotti, L'Urbanistica innanzitutto, commento a: C. Sambricio, P. Ramos (a cura di), El urbanismo de la transición (Ayuntamiento de Madrid, 2019)

M. Ruzzenenti, Il territorio dopo il Covid (e prima del PNRR), commento a: A. Marson, A. Tarpino (a cura di), Abitare il territorio al tempo del Covid, “Scienze del territorio”, numero speciale 2020

R. Pavia, Le città di fronte alle sfide ambientali, commento a: Livio Sacchi, Il futuro delle città (La nave di Teseo, 2019)

C.Salone, Oltre i distretti, dentro l'urbano, commento a: C. Mattioli, Mutamenti nei distretti (FrancoAngeli, 2020)

O. Marzocca, L'ambiente dell'uomo e l'indifferenza di Gaia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

G. Consonni, Il passato come risorsa del progetto, commento a: A. Lanzani, Cultura e progetto del territorio e della città (FrancoAngeli 2020)

F. Indovina, Urbanistica? Bologna docet, commento a: R. Scannavini, Al centro di Bologna, 1965-2015 (Costa Editore, 2020)

S. Brenna, È questa l’urbanistica che vogliamo?, Commento a: P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

S. Moroni, Oltre la retorica dell’attivismo civico, commento a: C. Pacchi, Iniziative dal basso e trasformazioni urbane (Bruno Mondadori, 2020)

P. Pardi, Dal territorio una nuova democrazia, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

L. Carbonara, Riappropriarsi delle origini (di Mogadiscio), commento al catalogo della mostra curata da K. M. Abdulkadir, G. Restaino, M. Spina

C. Diamantini, La città nella tela del ragno, commento a: R. Keeton, M. Provost, To Built a City in Africa (nai010 publishers, 2019)

C. Petrognani e A. P. Oro, Paesaggi della pluralità, commento a: E. Trusiani et al. (a cura di), Paisagem cultural do Rio Grande do Sul, supplemento al n. 24/2021 di “Visioni LatinoAmericane”

E. Scandurra, Roma, e se non capitasse niente?, Commento a: W. Tocci, Roma come se (Donzelli, 2020)

G. Demuro, Custodire la bellezza insieme, commento a: G. Arena, I custodi della bellezza (Touring Club Italiano, 2020)

A. Casaglia, L'invenzione (e l'illusione) dei confini, commento a: L. Gaeta e A. Buoli (a cura di), Transdisciplinary Views on Boundaries (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2020)

R. Pugliese, Comporre nuove urbanità, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste (Donzelli, 2018)

L. Bonesio, Dall'uso-consumo all'uso-cura del mondo, commento a: O. Marzocca, Il mondo comune (Manifestolibri, 2019)

G. Amendola, La città è fatta di domande, commento a: A. Mazzette e S. Mugnano (a cura di), Il ruolo della cultura nel governo del territorio (FrancoAngeli 2020)

C. Bianchetti, Incoraggiare rotture e nuovi germogli, commento a: Camillo Boano, Progetto Minore (LetteraVentidue, 2020)

M. Balbo, La città pensante, commento a: A. Amin, N. Thrift, Vedere come una città (Mimesis, 2020)

G. Pasqui, La ricerca è l'uso che se ne fa, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli)

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)