Pino Landonio  
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L'ALLARME E LA SPERANZA


Dalla emergenza pandemica ad una situazione endemica



Pino Landonio


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Mentre in gran parte dell’Europa è allarme rosso per la recrudescenza del virus (Belgio, Germania, Austria, e tutti i paesi dell’est in testa per contagi e per mortalità) ci si interroga sulle ragioni di questa “quarta ondata” e sui possibili scenari futuri.

La ragione più evidente è che i paesi dove si è meno vaccinato sono quelli in testa a tutte le casistiche. Chi sta (relativamente) meglio è il nostro paese, la Francia e il Portogallo. E tutti sono oggi costretti a correre ai ripari: chi con lockdown più o meno estesi e prolungati, chi ripristinando il lavoro a domicilio, chi inasprendo le misure restrittive nei confronti dei non vaccinati. Se solo i nostri no-vax guardassero fuori dal proprio orticello capirebbero quanto siano strumentali e fuori luogo le loro proteste contro i vaccini e contro il green pass.

Mentre altrove si fa alta la pressione almeno per la prima e la seconda dose di vaccinazione, da noi si va estendendo la campagna in favore della terza dose: la maggioranza delle Regioni si sta attrezzando, mentre si attende l’approvazione dell’Ema per la vaccinazione dei bimbi tra 5 e 11 anni. Più vaccineremo, ce lo ricorda Fauci, e più presto usciremo dalla pandemia.

Ecco allora le sue previsioni tratte da un articolo sul Guardian del 17 novembre: se le vaccinazioni procederanno secondo un ritmo serrato (come quello ora in atto negli USA) si potrà parlare di “controllo” della pandemia entro l’estate 2022. In pratica dalla emergenza pandemica si potrà passare ad una situazione endemica. E, proprio grazie ai vaccini, l’entità clinica dell’infezione potrà essere derubricata, nella stragrande maggioranza dei casi, a quella di una influenza o di un raffreddore. Ci si potrà ancora infettare, e ammalare, e anche essere ospedalizzati, ma con una intensità dei sintomi e una gravità non paragonabili a quella attuale.

Del resto, anche nell’unica casistica in qualche modo paragonabile all’attuale, la pandemia “spagnola” di oltre un secolo fa, pur con le debite differenze, le cose non sono andate così diversamente da quanto vediamo oggi. Avevamo già fatto qualche considerazione in passato, ma sarà bene tornarci.

Quella epidemia, detta spagnola non perché fosse nata in Spagna, ma perché gli spagnoli, che non avevano partecipato alla prima guerra mondiale, l’avevano per primi osservata e descritta, contagiò, tra il 1918 e il 1920, 500 milioni di persone in tutto il mondo (compresa l’Oceania e il Mar Glaciale Artico), provocando la morte di 50 milioni su una popolazione mondiale di 2 miliardi. Oggi, su una popolazione di 7 miliardi di persone, i contagi risultano essere 250 milioni e i morti oltre 5 milioni.

Probabilmente, nel caso della spagnola, le condizioni particolari legate alla grande guerra (che già aveva causato 16 milioni di morti), con ammassamenti di soldati nei paesi belligeranti, malnutrizione, ospedali sovraffollati, servizi medici sguarniti, scarsa igiene, assenza di antibiotici per curare le sovrainfezioni, facilitarono enormemente sia la diffusione del virus che la sua letalità.

Nel nostro caso, pur con condizioni non paragonabili dal punto di vista economico, igienico e sanitario (oltre alla differenza sostanziale rappresentata dalla disponibilità di un vaccino), ha agito come elemento scatenante l’attitudine al movimento e agli spostamenti delle attuali popolazioni, soprattutto nei paesi più benestanti.

Una analogia con l’attuale pandemia è rappresentata dai quadri clinici caratterizzanti la spagnola e oggi l’infezione da covid-19: quadri di insufficienza respiratoria progressiva per una tempesta citokinica, ossia per una incontrollata risposta del sistema immunitario. La differenza, è che, nel caso della spagnola, i soggetti più colpiti furono i giovani adulti, mentre , nel caso del Covid-19, le più colpite sono state soprattutto le persone anziane.

Come per il Covid-19, la pandemia da spagnola si manifestò in diverse ondate: la prima fu nella primavera del 1918; la seconda, più devastante, fu nell’autunno di quello stesso anno; la terza nella primavera de 1919. Una quarta ondata si registrò, secondo alcuni ricercatori, nell’autunno-inverno 1920-21. Che cosa portò all’esaurimento sostanziale della pandemia? Probabilmente l’immunità di gregge creata da oltre un quarto di soggetti contagiati; verosimilmente anche dalla mutazione del virus in una forma meno patogena della precedente.

Un editoriale della rivista americana “Science” del 30 maggio 1919 iniziava così: “La pandemia che ha appena fatto il giro del mondo è senza precedenti. Ci sono state epidemie con una mortalità più alta di questa, ma erano più circoscritte. Ci sono state epidemie altrettanto estese, ma avevano un tasso di mortalità più basso. Inondazioni, carestie, terremoti ed eruzioni vulcaniche hanno prodotto distruzioni dell’essere umano così terribili da sfuggire alla comprensione, ma prima d’ora non era mai avvenuta una catastrofe contemporaneamente così improvvisa, così devastante e così universale”.

Una conclusione disarmante? Realistica direi. E auspicabile perfino. Se fosse davvero, e finalmente, una “conclusione”.

 

Pino Landonio

Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)


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03 DICEMBRE 2021