Pino Landonio  
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CHE COSA VUOLE DAVVERO PUTIN?


Un disegno imperiale perseguito con tenacia e determinazione



Pino Landonio


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L’inizio del libro di Anna Politkovskaja “La Russia di Putin” è fulminante: “Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in occidente: parla di Putin senza toni ammirati”. E, poco più avanti: “diventato presidente, Putin – figlio del più nefasto tra i servizi segreti del Paese – non ha saputo estirpare il tenente colonnello del KGB che vive in lui, e pertanto insiste nel voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà. E la soffoca, ogni forma di libertà, come ha sempre fatto nel corso della sua precedente professione”. E conclude: “Questo libro spiega come noi, che in Russia viviamo, non vogliamo che ciò accada. Non vogliamo più essere schiavi, anche se è quanto più aggrada all’Europa e all’America di oggi. Né vogliamo essere granelli di sabbia, polvere sui calzari altolocati – ma pur sempre calzari di tenente colonnello – di Vladimir Putin. Vogliamo essere liberi. Lo pretendiamo. Perché amiamo la libertà tanto quanto voi”. Sappiamo poi come è finita: Anna Politkovskaja è stata uccisa da sicari il 7 ottobre 2006, a Mosca, mentre stava rincasando. Era il giorno del compleanno di Putin: pura coincidenza?

A cinque settimane dall’inizio della “operazione speciale” in Ucraina (di fatto una “guerra”, a tutti gli effetti) ci si chiede ancora quali siano le vere mire di Putin. E si sentono le interpretazioni più disparate: “liberare” il Donbass? “Denazificare” l’Ucraina? Spazzare via un governo di “drogati”? Sostituirlo con un governo “amico”? Costruire una striscia di “nuova Russia” dalla Crimea fino ad Odessa? Rispondere muscolarmente all’accerchiamento della Nato? Dare un colpo a tutto l’occidente e un avvertimento chiaro agli USA? Forse un po’ di tutto questo. Un azzardo pesante. Da giocatore di poker e non da prudente scacchista, come ha argomentato Kasparov.

La verità va cercata più indietro. La parabola di Putin, dopo la caduta di Gorbaciov e la parentesi di Eltsin, è iniziata sulle macerie della Unione Sovietica: un evento che Putin, fin dalle prime sue interviste, ha valutato come la peggior catastrofe del XX secolo. E tuttavia in quelle stesse interviste Putin sembrava prendere atto della irreversibilità di quell’evento, che aveva portato rapidamente alla autonomia di molte repubbliche associate all’ex-URSS, a cominciare da quelle baltiche, e dalla stessa Ucraina.

La vera ossessione di Putin era un’altra: quella di non essere ricordato come lo “zar” del disfacimento russo, ma come il protagonista della ripresa della dignità, dell’importanza, della centralità dell’impero russo, visto, appunto, con gli occhi degli “zar”: una Russia “una” in quanto trina (il riferimento alla Trinità è tutt’altro che casuale, come il patriarca Kiril insegna), fatta della “Grande Russia” di Mosca, della “Piccola Russia” (la Rus) di Kiev, e della “Russia Bianca” di Minsk (la Bielorussia). Un disegno imperiale che Putin ha cercato di perseguire con tenacia e determinazione.

Se sul fronte Bielorusso le cose gli sono andate bene, con un governo amico e filorusso, interpretato dal fido Lukasenko, sul fronte ucraino i continui rivolgimenti hanno dapprima avvicinato (con Janukovich), poi allontanato (soprattutto con Zelensky), la prospettiva di un vero riallineamento. Oltretutto le propensioni di quest’ultimo per l’Europa e, addirittura, per la Nato (anche se nessuna procedura concreta di adesione dell’Ucraina è stata avviata), hanno indotto Putin a una sempre maggiore insofferenza verso l’attuale governo di Kiev.

Credo abbia giocato, nella decisione unilaterale di Putin di invadere l’Ucraina, anche la netta convinzione di una divisione del fronte occidentale, di una impreparazione della Nato, e soprattutto di un disimpegno Usa, manifestato plasticamente dall’improvvido ritiro dall’Afghanistan voluto nell’agosto scorso da Biden. Un’Europa divisa e gli Stati Uniti in fuga: quale occasione migliore per sferrare un attacco decisivo all’Ucraina?

Le cose sono andate diversamente dai calcoli di Putin, probabilmente influenzato da cattivi informatori, o dalla sua stessa sottovalutazione delle forze in campo. La resistenza opposta dall’Ucraina è stato l’evento meno atteso, nello stesso Donbass e sulle vie che dovevano portare, rapidamente, l’esercito russo a Odessa e a Kiev. Zelensky si è rivelato un osso molto più duro del previsto, e ha saputo usare l’arma della “comunicazione” in modo più efficace, dinamico e planetario dello stesso Putin (che ha potuto intestarsi solo la parata allo stadio). Ma soprattutto l’occidente ha saputo ricompattarsi ben oltre le previsioni di Putin: l’Europa si è unita, la stessa Nato ha ripreso vigore, gli Usa (al di là delle infelici uscite di Biden) l’avversario di sempre.

Assistiamo, in queste ore, a una ritirata strategica dell’esercito russo. Conseguenza delle perdite, dell’impreparazione e delle difficoltà logistiche? Non illudiamoci. L’orso russo, per quanto ferito, non mollerà la presa. E Putin non può certo accontentarsi di quanto fin qui ottenuto: deve “stabilizzare” il Donbass e assicurasi sia la riconnessione territoriale con la Crimea che l’affaccio sul Mar Nero tramite Odessa. Rinunciando magari a Kiev. Lo deve fare, costi quel che costi. Ne va del suo sogno imperiale. Le prossime settimane si annunciano cruciali: Putin deve presentare il conto alla parata del 7 maggio. Se sarà in attivo o in passivo lo capiremo da tre variabili: quanto potrà durare la resistenza ostinata dell’Ucraina; quanto si mostreranno efficaci le sanzioni imposte alla Russia, compresa la questione del gas, vitale da ambo i lati; e quanto sapranno farsi valere le armi, per ora alquanto spuntate, della diplomazia.

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)


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05 APRILE 2022