Simona Sacchi  
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LO SPAZIO URBANO È NECESSARIO


Commento al libro di Luca Bottini



Simona Sacchi


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All'uomo che cavalca lungamente per terreni selvatici viene desiderio d'una città.
[Calvino, 1972; Le Città Invisibili]

 

Lo spazio necessario. Teorie e metodi spazialisti per gli studi urbani del sociologo Luca Bottini, edito da Ledizioni nel 2020, pone lo spazio urbano al centro dell'analisi delle dinamiche sociali del mondo contemporaneo. Nel suo affascinante lavoro, l'autore analizza l'articolata relazione tra la dimensione fisico-spaziale della città e i processi cognitivi, sociali, culturali degli individui e delle comunità che la abitano. In questa prospettiva, il rapporto tra il luogo e il progetto urbano, da una parte, le persone e i gruppi sociali, dall'altra, emerge in tutta la sua complessità.

Dopo una prima parte dedicata all'excursus storico sull'evoluzione della città - dai primi insediamenti urbani all'epoca contemporanea - l'autore si addentra nelle diverse prospettive teoriche delle scienze sociali sul concetto di spazio urbano, muovendosi tra la sociologia, l'antropologia culturale, la psicologia ambientale sino alle neuroscienze cognitive. Nella seconda parte del testo, Bottini si sofferma sull'analisi più accurata dell'interazione tra il comportamento umano e le caratteristiche dello spazio artificiale per comprendere fenomeni quali le pratiche di mobilità, la partecipazione sociale, il benessere e il senso di soddisfazione dei cittadini e delle cittadine. Nello specifico, l'autore è qui attento a sottolineare la relazione biunivoca tra processi guidati da scelte politiche e istituzionali e trasformazioni urbane promosse dal comportamento quotidiano degli abitanti di un luogo.

Nella terza parte del libro, vengono presentate in modo sistematico una serie di tecniche di indagine per esplorare le pratiche spaziali degli individui e dei gruppi nel contesto urbano. Infine, dopo questa rassegna, l'autore presenta un progetto di ricerca sulla relazione tra le caratteristiche dello spazio di due quartieri milanesi, Bovisa e Isola, e la risposta dei cittadini (propensione a comportamenti partecipativi). Il lavoro empirico non solo declina i concetti teorici esposti nei capitoli precedenti ma fornisce anche un chiaro esempio di come, attraverso questa prospettiva, sia possibile definire una metodologia rigorosa per analizzare, comprendere e intervenire in modo efficace nel processo.

All'interno di questo ricco percorso offerto da "Lo spazio necessario", il lettore ha quindi modo di ragionare su diversi concetti-chiave, che potrebbero essere a mio parere così riassunti: l'interazione, la dimensione simbolica, il benessere, l'interdisciplinarità.

 

L'interazione

Come chiaramente esplicitato da Bottini, progettare un edificio, un quartiere, una città significa, da una parte, modificare l'ambiente in cui le persone vivono e agiscono e, dall'altra, offrire nuove potenzialità di interazione con l'ambiente. Per cui, comprendere appieno come gli individui e i gruppi percepiscono e si muovono all'interno dell'ambiente artificiale è essenziale per definire un progetto che non sia solo esteticamente bello e funzionale ma che risponda alle esigenze della comunità per cui è stato pensato. Un'analisi che tenga in considerazione i processi investigati dalle scienze sociali permette di rispondere ad alcune domande cruciali: "Quali sono le esigenze degli individui rispetto al loro ambiente?", "Come viene percepito l'ambiente artificiale?", "Quali sono gli effetti delle caratteristiche dell'ambiente sul modo di comportarsi e interagire delle persone?". Inoltre, l'analisi degli effetti sulla percezione e l'azione sociale dello spazio artificiale permette di cogliere appieno l'enorme influenza − e potenzialità − dell'architettura sul senso di benessere, sul senso di appartenenza a una comunità, sul comportamento di individui e gruppi. La letteratura scientifica sviluppata secondo questa prospettiva, infatti, ha evidenziato come la dimensione fisica e quella sociale dialoghino continuamente, trasformandosi vicendevolmente. Da una parte, l'ambiente fisico artificiale - come quello naturale - è in grado di influenzare in modo rilevante la disposizione dell'individuo, la sua attività cognitiva, lo stato affettivo e motivazionale, le sue azioni, il senso del territorio, le interazioni sociali. Dall'altra parte, esso non è immutabile: non solo sono gli esseri umani a definire lo spazio urbano sulla base delle proprie esigenze e della propria cultura (ce lo mostra bene Bottini nel suo excursus storico sull'idea di città), ma gli individui interagiscono con esso e lo trasformano continuamente attraverso l'utilizzo e il comportamento quotidiano (1). Queste riflessioni fanno emergere, quindi, in modo evidente come la complessità del fenomeno possa essere colta solo allontanandosi dall'idea di un progetto architettonico e urbanistico indipendente dall'analisi dei bisogni e dei comportamenti umani. Ma, come sottolineato dall'autore, è necessario fare un passo ulteriore. La relazione tra spazio fisico e comportamento umano non può essere ridotta a un mero nesso causale unidirezionale senza scadere in un riduzionismo poco utile alla reale comprensione dei fenomeni. Lo stimolo fisico agisce su persone che, all'interno di uno specifico contesto culturale, interpretano tale stimolo sulla base delle proprie credenze, bisogni, aspettative, abitudini per poi forgiarlo.

L'interazione su cui si sofferma il libro non è solo quella tra spazio fisico e individui ma anche quella tra processi top-down e processi bottom-up (si veda Capitolo 2). Da una parte, i decisori politici e le istituzioni pianificano azioni di rigenerazione urbana per rispondere a esigenze anche virtuose (riqualificazione del paesaggio, miglioramento dei trasporti e della sostenibilità). Tuttavia, è necessario considerare che tali scelte, pur non tenendo in considerazione in molti casi le percezioni dei cittadini, hanno una grande influenza sulla vita della comunità, i riti, i comportamenti di individui e gruppi sociali. Dall'altra parte, tornando all'idea che l'individuo non è mai passivo nell'ambiente, è proprio grazie all'interazione tra i cittadini con lo spazio urbano e tra i cittadini nello spazio urbano che la città si trasforma continuamente. E questi comportamenti non solo modificano attivamente lo spazio ma pongono delle chiare richieste alle istituzioni. Il merito del libro di Bottini è sicuramente quello di far emergere la complessità di questi fenomeni senza la cui comprensione non è possibile promuovere un dialogo efficace tra attori, discipline, livelli di analisi.

 

La dimensione simbolica

Le nostre case, gli uffici e le scuole, i quartieri e le città assolvono sicuramente una serie di funzioni per gli esseri umani. Ci permettono di svolgere i nostri compiti, di spostarci, di interagire, di ripararci. Tuttavia, questi spazi sono per gli individui anche dei "luoghi" che includono, oltre all’esperienza concreta, le memorie, le esperienze e l'insieme dei significati associati a uno spazio fisico specifico (2). In questo senso, lo spazio urbano, coniugando la dimensione fisica con la dimensione simbolica, risponde sia a bisogni "terrestri", materiali, sia a bisogni "celesti". Gli individui non solo agiscono all'interno dello spazio artificiale ma connettono tale spazio alla propria identità personale e sociale, sviluppando legami affettivi e un senso di appartenenza. Come suggerito da numerosi studi di Psicologia ambientale, proprio perché la persona si riflette nell’ambiente che abita, un ambiente piacevole aumenta il senso di benessere e l’auto-stima individuale e collettiva, il senso di controllo e di sicurezza, l'attenzione agli aspetti di immagine pubblica del luogo stesso; promuove un comportamento responsabile, ecologico, cooperativo e pro-sociale; favorisce il supporto per le istituzioni (3). In seguito a questi processi, alcuni luoghi all'interno del contesto urbano vengono "sacralizzati" dalla popolazione. La ricerca, inoltre, ha evidenziato come l'influenza dell'ambiente artificiale sulle persone e gruppi si eserciti sia in modo diretto (pensiamo agli effetti del rumore e dell'illuminazione sullo stress, sull'aggressività, sulla percezione rischiosità), sia in modo indiretto (ovvero mediata dal significato). Ad esempio, la costruzione di grattacieli sempre più alti sfrutta l'associazione cognitiva automatica tra la dimensione verticale, l'altezza, e i concetti di status e di potere (4) che possono essere particolarmente valorizzati all'interno di uno specifico contesto socio-culturale.

"Lo spazio necessario", sia nella parte teorica sia nella presentazione dei dati di ricerca, evidenzia in modo estremamente chiaro come questa dimensione simbolica dello spazio urbano si riverberi su importanti processi socio-politici. Non considerare questi aspetti nei progetti di rigenerazione urbana significa trascurare fattori cruciali nella promozione del benessere della popolazione riducendo drasticamente la possibilità che il progetto risponda agli effettivi bisogni degli individui. Dall'altra parte, comprendere questi fenomeni risulta essenziale sia per promuovere un dialogo efficace con la cittadinanza sia per utilizzare lo spazio urbano come strumento di sviluppo sociale e culturale.

 

Il benessere

Nel suo libro Bottini, in modo a volte diretto a volte indiretto, solleva più volte il tema benessere. Il rischio, quando pensiamo alla città e allo spazio urbano artificiale, è quello di considerare prevalentemente aspetti funzionali (il luogo per fare, per raggiungere i nostri obiettivi), trascurando gli effetti dell'ambiente sullo stress, il senso di confort, le emozioni, l'umore, la soddisfazione dei bisogni dell'individuo inclusi quelli sociali. In questa direzione, uno dei settori di ricerca recentemente più fiorenti nell'ambito della psicologia ambientale ha indagato l'effetto positivo di alcuni ambienti sul benessere psicofisico delle persone (restorativeness): oggi sappiamo che l’ambiente può contribuire al sovra-affaticamento e all’insorgere di alcune patologie o, al contrario, favorire il recupero dallo stato di stress psicofisiologico e delle capacità attentive. Gli ambienti altamente "ristorativi" portano a effetti benefici sulla componente cognitiva (capacità di controllo degli spazi e delle attività) ma anche su quella affettiva e sociale (aumento dell'amichevolezza e diminuzione di tristezza; aumento del senso di sicurezza e del senso di comunità; miglioramento delle relazioni sociali) e sul comportamento (maggiore attività di socializzazione; aumento del movimento/esercizio fisico; benefici ricreativi). Tradizionalmente la letteratura sulla restorativeness dei luoghi si è concentrata sul potere rigenerante dell'ambiente naturale, degli spazi verdi e blu (5). Tuttavia, all'interno di questo robusto filone di ricerca, emergono delle chiare evidenze empiriche di come anche lo spazio costruito possa avere degli effetti positivi. La ricerca ha mostrato che luoghi attraenti, seppur artificiali - come siti culturali e storici, edifici con elevate qualità estetiche, setting utilizzati a fini ricreativi, luoghi panoramici e in cui è possibile passeggiare - sono in grado di suscitare negli individui lo stesso livello di restorativeness di luoghi naturali (6). Il concetto è, infatti, complesso e coinvolge non sono variabili fisiche ma anche aspetti sociali legati al luogo, all'esperienza dell'individuo all'interno dell'ambiente, alla sua capacità di suscitare emozioni positive e promuovere interazioni sociali soddisfacenti.

Il tema del benessere - se non ancorato strettamente al concetto di restorativeness - emerge in modo trasversale in tutto il libro che, a mio parere, ha il grande merito di ricordarci: i rischi associati alla definizione un luogo che ignora questi bisogni; le enormi potenzialità dello spazio urbano nel ridurre disagio individuale e sociale; l'importanza della bellezza.

 

L'interdisciplinarità

Ciò che colpisce leggendo Lo spazio necessario è l'ampiezza della prospettiva teorica. Come evidenziato nei paragrafi precedenti, in ogni sua parte, il libro sottolinea con grande profondità e lucidità l'articolata interazione tra lo spazio urbano fisico e la dimensione sociale. Tale complessità non può certamente essere colta adottando un unico livello di analisi. Ecco quindi che l'autore dalla sociologia urbana fa incursione in diversi ambiti disciplinari, spaziando dalla storia e dall'architettura e urbanistica, all'antropologia, alla psicologia ambientale, alle neuroscienze cognitive. Il dialogo tra discipline non solo costituisce un interessante stimolo per il lettore che accede immediatamente all'idea che esistano diverse prospettive possibili e necessarie ma mostra chiaramente alcuni elementi di connessione e alcune complementarietà nei vari modelli e teorie. Questo approccio si riflette anche nella proposta metodologica. Il terzo capitolo, infatti, presenta una carrellata di metodologie che spaziano dall'osservazione e mappatura del comportamento umano all'interno dello spazio urbano (anche con l'ausilio delle moderne tecnologie), la costruzione di mappe cognitive, l'uso di strumenti qualitativi e quantitativi di valutazione degli atteggiamenti e delle intenzioni comportamentali. Queste tecniche variano quindi dall'analisi di processi espliciti, consapevoli e controllabili dall'individuo (ad es. misure esplicite di atteggiamento) a processi impliciti, non necessariamente controllati e più vicini alla risposta comportamentale in ambiente naturalistico. Sicuramente è possibile ricomporre questo utile catalogo metodologico solo facendo riferimento a diverse prospettive disciplinari che si differenziano non solo per le proposte teoriche ma anche per diverse e complementari tradizioni di ricerca. Senza avere a disposizione queste disparate tecniche di indagine difficilmente è possibile indagare gli sfaccettati processi e i fenomeni descritti dall'autore nel testo.

L'interazione, la dimensione simbolica, il benessere e l'interdisciplinarità sono quattro degli aspetti che, a mio parere, definiscono Lo spazio necessario. Un lettore differente da chi scrive potrebbe coglierne altri. Ciò che sicuramente emerge come protagonista indiscussa nel libro di Bottini è la dimensione sociale che genera e ri-genera lo spazio urbano e da esso è forgiata. Come evidenziato in precedenza, la città è innanzitutto un luogo in grado di promuove processi di identificazione e di attaccamento nei suoi abitanti. La città, il quartiere, la strada, il parco non sono solo stimoli esterni ma definiscono parti della definizione del Sè degli individui. Inoltre, alcuni ambienti si rivelano sociofughi altri sociopeti (7) ovvero riescono a promuovere in modo più o meno efficace interazioni sociali, comunicazione e vicinanza tra le persone, relazioni sociali cooperative. Come mostra l'autore nella sua interessante ricerca empirica, la stessa partecipazione alla vita pubblica non è sconnessa dalle caratteristiche dello spazio urbano. L'illuminazione, il rumore, la densità, le piazze, l'organizzazione e la dislocazione dei servizi, la presenza di spazi verdi, di mezzi di trasporto, di edifici di alto valore estetico, insomma tutto ciò che definisce la nostra città è in stretta relazione con il modo con cui noi ci muoviamo nello spazio, trascorriamo il nostro tempo libero, interagiamo con il vicino, partecipiamo alle assemblee di classe dei nostri figli, ricicliamo i rifiuti e consumiamo. Dimenticare questa relazione non può che alzare drammaticamente i rischi di fallimento del processo di trasformazione urbana; studiare e comprenderla permette di massimizzare la possibilità di raggiungere il benessere per i cittadini e le cittadine e, contemporaneamente, realizzare gli obiettivi per cui lo spazio artificiale è progettato. Per questo motivo Lo spazio necessario è uno strumento utile per gli studiosi di scienze sociali ma anche per gli architetti e gli urbanisti e, non da ultimo, per gli agenti politici e istituzionali.

Simona Sacchi

 

 

Note

1) Gifford, R. (2007). Environmental psychology: Principles and practice. Colville, WA: Optimal books.
2) Clayton, S. D. (2012). Environment and Identity.
In S. D. Clayton (Ed.), The Oxford handbook of environmental and conservation psychology (pp. 164–180). Oxford University Press.
3) Si veda a titolo esemplificativo, Uzzell, D., Pol, E., & Badenas, D. (2002).
Place identification, social cohesion, and environmental sustainability. Environment and Behavior, 34, 26-53.
4) Schubert, T. W. (2005).
Your highness: vertical positions as perceptual symbols of power. Journal of Personality and Social Psychology, 89, 1-21.
5) Kaplan, S. (1995). The restorative benefit of nature: Toward an integrative framework. Journal of Environmental Psychology, 15, 169-182.
6) Weber, A. M., & Trojan, J. (2018). The restorative value of the urban environment: A systematic review of the existing literature.
Environmental Health Insights, 12, 1-13.
7) Osmond, H. (1957). Function as the basis of psychiatric ward design. Psychiatric Services, 8, 23-27.

 

 

N.d.C. - Simona Sacchi è professore ordinario di Psicologia sociale presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca dove insegna Psicologia sociale della comunicazione e Psicologia dei Processi sociali. È autrice di numerosi articoli a diffusione internazionale ed è Action Editor del “British Journal of Social Psychology”. I suoi principali interessi di ricerca vertono sullo studio dei processi cognitivi, affettivi e motivazionali coinvolti nelle relazioni sociali tra individui e gruppi.

Nell'ultimo decennio ha sviluppato un programma di ricerca nell'ambito della psicologia ambientale e architettonica per indagare come aspetti relativi all'ambiente (architettura, design, organizzazione spaziale) siano in grado di influenzare in modo rilevante il benessere dell'individuo e dei gruppi, il pensiero, il comportamento, il senso del territorio e le interazioni sociali. Collabora da diversi anni con l'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) sezione Lombardia e ha partecipato al progetto Iscol@ per la realizzazione di edifici scolastici sicuri, sostenibili e adeguati alle più recenti concezioni della didattica (http://www.iscola.it) promosso dalla Regione autonoma della Sardegna.

Tra i suoi libri: Psicologia del pensiero (Carocci, 2007); con Marco Brambilla, Psicologia della moralità. Processi cognitivi, affettivi e motivazionali (Carocci, 2014); con Marco Brambilla, a cura di, Psicologia sociale del pregiudizio (Raffaello Cortina, 2022).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

15 APRILE 2022

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

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locandina/presentazione
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