Pino Landonio  
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UN PAESE VOLUBILE, DALLA MEMORIA CORTA


Rimettere insieme il puzzle per rinfrescare la memoria



Pino Landonio


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Siamo un paese volubile, dalla memoria corta. E viviamo di innamoramenti, come di facili giravolte. Diceva Schopenhauer: “La memoria è un essere capriccioso e bizzarro, paragonabile a una giovane ragazza: ora rifiuta in modo del tutto inaspettato ciò che ha dato cento volte, e poi, quando non ci pensa più, ce lo porta da sé”. A parte un certo maschilismo insito nella frase, sembra che il filosofo parli della memoria del popolo italiano. Lo si vede bene esaminando i flussi elettorali dell’ultimo trentennio.

Dopo la fase di sostanziale stabilità elettorale rappresentata dal mezzo secolo della prima repubblica, tutta centrata sulla solidità e sulla tenuta della Dc, ecco, dopo lo scossone di mani pulite, il primo colpo di vento, preannunciato in qualche modo dai successi crescenti della Lega allora di Bossi: l’avvento di Berlusconi rappresentò un vero colpo di fulmine per il popolo italiano, che in una sola tornata elettorale, quella del 1994, gli assegnò, dal nulla, oltre il 40% dei consensi, grazie all’apparentamento di Forza Italia al nord con la Lega di Bossi, e al centro-sud con Alleanza Nazionale (uno schema, a ben vedere, molto simile all’attuale), sconfiggendo la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto. Seguirono anni convulsi, con il primo governo Berlusconi che non durò a lungo, per la rottura dell’alleanza con Bossi, e fu seguito dal governo Dini. Alle successive elezioni del 1996, nuova ventata rappresentata dalla coalizione dell’Ulivo di Prodi, che prevalse sul Polo delle Libertà di Berlusconi (senza però la Lega), che tuttavia non valse a dare un governo stabile al paese nei successivi quattro anni, per le contorsioni di Rifondazione Comunista che affossarono il primo governo Prodi, aprendo la strada prima a D’Alema e poi ad Amato. Nuovo ribaltone nel 2001: Berlusconi, che era di nuovo riuscito ad allearsi sia con Fini che con Bossi, la spuntò sull’Ulivo, dando vita al suo secondo governo, il più longevo della storia della Repubblica Italiana, durato ben 4 anni. Ciò non impedì, nelle elezioni del 2005, al nuovo Ulivo di Prodi di prevalere, seppure di misura, sulla coalizione berlusconiana (diventata Casa delle Libertà). Anche il secondo governo Prodi non ebbe una navigazione fortunata, anche per la maggioranza risicata, e finì impallinato dalle contorsioni di Mastella. Alle nuove elezioni del 2008 Berlusconi prevalse nuovamente col suo Popolo delle Libertà, sostenuto dalla Lega, ottenendo la maggioranza assoluta, e poté dar vita al suo terzo governo. Tuttavia nel 2011, dopo la rottura dell’alleanza con Fini, e in seguito a una devastante crisi economica che portò il nostro paese sull’orlo del collasso, Berlusconi fu costretto a dimettersi. Nacque allora il governo Monti, chiamato a dare risposte e fare scelte anche dolorose (vedi la Riforma Fornero) per mettere in sicurezza i conti pubblici.

Le elezioni politiche del 2013 segnano un nuovo innamoramento del popolo italiano: il movimento 5 stelle ottiene il 25% dei consensi, mentre la coalizione di centro-sinistra prevale di misura sulla coalizione di centro-destra. Dopo il rifiuto dei 5 stelle di allearsi con il centrosinistra (ricordate la piazzata di Grillo a Bersani?), per dare un governo al paese fu necessario ricorrere alle grandi intese: nacque così il governo Letta, che non ebbe vita facile, perché minato dalle ambizioni crescenti di un competitor interno, Matteo Renzi (quello di “Letta stai sereno”). Letta fu costretto a lasciare solo un anno dopo. Ed ecco il nuovo astro nascente ottenere la presidenza del consiglio e, grazie ai famosi ottanta euro concessi in busta paga, determinare un nuovo, e fugace, innamoramento dell’elettorato italiano, che gli valse oltre il 40% dei consensi alle elezioni europee del 2014. Renzi pensò così di avviare una stagione di forti cambiamenti, dal jobs act alla riforma costituzionale. Quest’ultimo proposito non resse però alla prova referendaria del dicembre 2016. Sconfitto, Renzi dovette cedere la Presidenza del Consiglio a Gentiloni, fino alle nuove (e ultime) elezioni politiche del 2018.

Qui gli innamoramenti elettorali furono due: il movimento 5 stelle ottenne oltre il 30% dei consensi, e la Lega di Salvini quasi il 20%. Pur partendo da assunti e da programmi molto diversi, il risultato fu, dopo due mesi di trattative, la nascita del primo governo Conte “gialloverde”, quello del reddito di cittadinanza e della quota cento, oltre alle leggi anti-migranti. Ma già nella estate del 2019, l’estate del Papete, il rapporto tra Salvini e Conte entra in crisi, al punto da far posto al secondo governo Conte, quello “giallorosso”. L’anno 2020 è segnato dal Covid, e dalle scelte tutto sommato ragionevoli imposte dal governo. Che ottiene anche un buon successo a livello europeo, grazie ai fondi del PNRR destinati a dare ossigeno ai conti del nostro traballante paese. Ma all’inizio del 2021, grazie anche alle impuntature del redivivo Renzi, il governo Conte viene messo in minoranza. Nasce così un nuovo governo di larghe intese, ad amplissima maggioranza, guidato da un premier autorevole, Mario Draghi. Dopo poco più di un anno di navigazione, tra Covid, applicazione del PNRR e, da ultimo, la guerra in Ucraina, l’improvvida decisione dei 5 stelle, appoggiati dalla Lega e da Forza Italia, di sfiduciarlo, con il conseguente scioglimento anticipato delle Camere, e l’indizione delle elezioni attuali.

Ed ecco alle viste il nuovo innamoramento degli italiani: Giorgia Meloni. Che cosa li induce a tanto? Il fatto che sia stata sempre alla opposizione di tutti gli ultimi governi. E qui la memoria storica degli elettori si fa quanto meno strabica. Non alludo tanto alle premesse ideologiche della Meloni, la sua mai completa rottura con il passato, i legami persistenti con le organizzazioni della destra estrema (da Forza Nuova a Casa Pound). Alludo, più semplicemente, ad alcuni “fatti” del recente passato. Ci siamo dimenticati le posizioni altalenanti, contraddittorie, autolesioniste in corso di pandemia? La Meloni era critica sul lockdown, ambigua sui vaccini, negazionista sul green-pass: misure che sono servite a rendere meno devastante l’effetto del Covid-19. E quanto al PNRR ci siamo dimenticati che la Meloni ha sempre votato contro in Europa sulla sua realizzazione? E le simpatie per Orban, per la Le Pen, per il popolo dei VOX in Spagna: sono queste le alleanze “giuste” che ci propone la Meloni? Quanto alle proposte in questa campagna elettorale: la flat tax non è forse una bufala non solo non realizzabile, ma in sé palesemente ingiusta, perché favorisce smaccatamente i ricchi ai danni dei più poveri e del ceto medio? E il presidenzialismo fatto con il mechete, non è forse un’arma molto pericolosa perché configura l’”uomo forte” al comando, in un paese che già un secolo fa l’ha sperimentato: se presidenzialismo deve essere lo sia con grande senso della misura e con uno studio attento dei pesi e dei contrappesi necessari. Ma è quello che ha in mente la Meloni? È lecito dubitarlo. Infine, la misura più roboante: il blocco navale contro l’immigrazione. Nemmeno Salvini è giunto a tanto. Ma tant’è: sembra la gara a chi la spara più grossa.

Così vanno i corsi e ricorsi storici degli italiani. Rimettere insieme il puzzle, a volte, serve per rinfrescare la memoria. In una estate dominata dal gossip Ilary-Totti non c’è forse spazio per il flirt di mezza Italia con Giorgia? Poi, si sa, alle estati seguono gli autunni. Ma questa è un’altra storia.

 

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)


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24 AGOSTO 2022