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URBANISTICA: QUALI POLITICHE PER LA CASA?


Anna Laura Palazzo a Città Bene Comune



Renzo Riboldazzi


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Mercoledì 24 maggio, alle 18, Anna Laura Palazzo sarà la protagonista del quarto incontro di Città Bene Comune 2023. Interverranno e discuteranno con l’autrice di Orizzonti dell’America urbana. Scenari politiche progetti (Roma TrE-Press, 2022): Bertrando Bonfantini – professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano e direttore di “Territorio” –, Luciano De Bonis – professore associato di Tecnica e Pianificazione urbanistica all’Università degli Studi del Molise e vicedirettore di “Scienze del Territorio” – e Paolo Galuzzi – professore ordinario di Urbanistica alla Sapienza Università di Roma e direttore di “Urbanistica” –.

Si chiude così, con una riflessione su un tema cruciale per la società contemporanea – quello delle politiche per la casa –, la decima edizione di un’iniziativa, ideata e curata da Renzo Riboldazzi, prodotta dalla Casa della Cultura in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, volta a promuovere una cultura urbanistica diffusa attraverso il dibattito pubblico sui temi della città, del territorio, dell’ambiente, del paesaggio e delle relative culture interpretative e progettuali. Iniziativa che quest’anno si è svolta con il patrocinio dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), della Società Italiana degli Urbanisti (SIU), della Società dei Territorialisti e delle Territorialiste (SdT), dell’Associazione Italiana di Scienze Regionali (AISRe) e di Accademia Urbana (AU).

[la Redazione]

 

Le ragioni di un incontro

Quella narrata da Anna Laura Palazzo nel suo Orizzonti dell’America urbana. Scenari politiche progetti (Roma TrE-Press, 2022) è una realtà distante da quella italiana, non c’è dubbio. Lo è dal punto di vista culturale. Da quello politico. Da quello sociale. Economico. E soprattutto da quello degli strumenti progettuali e normativi messi in campo oltreoceano per affrontare una questione che invece, senza grandi distinzioni, attanaglia anche la nostra società: quella della casa e, più in generale, dell’abitare civile. Eppure, quella che Palazzo descrive nel libro vincitore, lo scorso anno, del Premio Inu Letteratura Urbanistica è una vicenda che ha molto da insegnare a quanti – dal punto di vista politico-amministrativo, sociale, economico e di definizione di politiche e progetti – sentono il dovere di misurarsi con un problema che, soprattutto in contesti come quello milanese (ma non solo qui), ha radici lontane ma impatti concreti e del tutto evidenti oggi, nelle città in cui viviamo, sulla pelle di cittadine e cittadini che abitano il nostro stesso spazio urbano, uomini e donne di qualsiasi età che – per un malinteso ossequio all’iniziativa privata, al mercato, a logiche finanziarie sempre più lontane dalla vita delle persone e al tempo stesso sempre più pervasive nel loro quotidiano – sono privati (o vi hanno accesso al prezzo di enormi sacrifici individuali) di un bene fondamentale per l’esistenza: quello della casa, appunto. E non c’è bisogno di richiamare qui la polemica occupazione dello spazio pubblico di fronte agli atenei italiani da parte di studenti esasperati dal costo degli affitti nelle grandi città per capire che, probabilmente, siamo arrivati a un limite. Le tende colorate montate davanti al Politecnico di Milano, dov’è scoppiata la protesta, o alla Sapienza di Roma così come in diverse sedi universitarie del nostro Paese non sono solo la prova di diritti negati ai più giovani: in primis, quello alla casa e quello allo studio. Sono la punta di un iceberg che disvela a un’opinione pubblica distratta – e forse incantata dai mirabolanti valori immobiliari di cui le cronache ci danno frequentemente conto – una realtà che riguarda fasce sociali sempre più ampie respinte da quella che dovrebbe essere – per citare Eddy Salzano – la “casa della società”: la città.

Di fondo – osserva Giorgio Piccinato nella Prefazione al libro – c’è un «atteggiamento decisamente anti-urbano della stragrande maggioranza del popolo degli Stati Uniti e dei suoi leader», il sogno «della casa individuale, del giardino e del posto macchina connessi al mondo attraverso una fitta rete di autostrade» e, più in generale, «l’idea spesso affiorante che il planning sia sostanzialmente un’attività anti-americana, volta a restringere le libertà fondamentali dell’individuo» (p. 7). Nel merito – anche qui non senza significative analogie con la situazione italiana – ci sono politiche e progetti bipartisan e di lungo periodo volti a contrastare il disagio sociale e a «innalzare la percentuale dei nuclei familiari in grado di accedere all’alloggio di proprietà (dal 44% del 1940 al 64% attuale)» (p. 11). Questo, certo, ricorrendo «invariabilmente allo affordable housing, vera leva e precondizione per il riscatto delle comunità» meno privilegiate (p. 12). Ma, specie nelle esperienze più recenti portate ad esempio nel libro, senza trascurare né lo “spazio di prossimità” – perché l’abitare civile, non dobbiamo dimenticarlo, non è solo abitare una casa ma riguarda le forme e le funzioni dei tessuti urbani nel loro insieme e la qualità dello spazio pubblico – né quelle che l’autrice definisce «fondamentali prerogative del vivere associato» (p. 137), ovvero ciò che in sostanza la società – organizzandosi autonomamente o stimolata da provvedimenti normativi che favoriscono ciò – può offrire in termini di sostegno e cura a ciascuno dei suoi membri.

Ecco allora che, parallelamente a un progressivo inaridirsi dell’intervento pubblico sul fronte della casa, del sostegno alle comunità e del contrasto alla povertà, prendono corpo – e sono ben descritte dall’autrice – una varietà di «forme di cooperazione con partenariati misti in un bilanciamento di ruoli e responsabilità tra amministrazioni [pubbliche], attori del privato economico e Community Development Corporations, organizzazioni non-profit eterogenee per profili e dimensioni di impresa» (p. 137) che incidono sulla vita dei contesti fisici e sociali. Questo, con politiche e progetti che – com’è stato osservato anche riguardo a diversi programmi europei – segnano però «il discrimine tra situazioni in grado di valorizzare le risorse umane e aprirsi al mercato e needy areas dove si concentrano le comunità più esposte e stigmatizzate» (p. 137), quelle che proprio per le condizioni di povertà economica e culturale che le caratterizzano sono meno in grado di organizzarsi e accedere a quei fondi di cui avrebbero assoluto bisogno per cambiare la propria situazione.

Tutto ciò avviene nel quadro di una visione della società, della città e della pianificazione di stampo prevalentemente neoliberista in cui – osserva Anna Laura Palazzo – si evidenzia, tra le altre cose, «il perdurare del tratto arrogante del redevelopment nei meccanismi di allontanamento delle attività meno redditizie e a vantaggio di iniziative ad elevato potenziale competitivo» (p. 138) e, al tempo stesso, della progressiva espulsione dei ceti sociali meno privilegiati da quelle aree dove una rigenerazione fondata prevalentemente sulle logiche di mercato senza altri correttivi, accanto alla riqualificazione fisica e funzionale dei contesti urbani, ha comportato – come spessissimo avviene anche da noi – un aumento significativo del costo degli immobili e degli affitti. Ma – e questo forse è uno dei tratti più interessanti – con una significativa differenza di approccio che sempre più sta venendo avanti. «Qui – osserva l’autrice – [molte iniziative assumono oramai] la connotazione individuale e comunitaria del riscatto: combattere l’esclusione, costruire ed estendere il dialogo, stimolare gruppi di volontariato; riformare i servizi locali, rendendoli accessibili a tutti; migliorare la qualità del processo decisionale, conseguendo risultati significativi e duraturi» (p. 139). Iniziative – scrive – che sono l’esito «del lavoro sulle comunità e con le comunità nella triangolazione tra politiche della casa, dell’occupazione e di sostegno all’impresa» che, in sostanza, secondo Palazzo «rivelano una cifra antropologica del popolo americano che plasma le proprie rivendicazioni nell’orizzonte delle libertà piuttosto che in quello dei diritti» (p. 139). In altre parole, «l’affresco che emerge dai processi place-rooted e people-oriented [di cui l’autrice ci dà conto nel libro] è – a suo dire – autentico almeno quanto le espressioni di modernità trionfante veicolate alle élite urbane a tutt’altra scala. Nelle sperimentazioni più convincenti – afferma Palazzo – lo scambio che si sviluppa tra i due circuiti fornisce alle motivazioni personali [dei cittadini] concrete opportunità di affermazione in linea con l’impronta di ottimismo che mantiene giovane la nazione: è questa – chiosa l’autrice – la lezione americana di maggiore significato per il vecchio continente» (p. 141).

È da qui che vogliamo partire per una riflessione. Che non può prescindere dal considerare e riconoscere i limiti e le potenzialità della partecipazione intesa nella sua accezione più pura di messa a sistema di istanze ed energie sociali. Le feconde intersezioni tra politiche, piani e progetti. Le interazioni pubblico/privato e, al tempo stesso, il ruolo della regia pubblica nelle trasformazioni urbane e territoriali. La differenza, non sempre chiara ma imprescindibile, tra cittadini e proprietari, tra interessi particolari e collettivi. Il rapporto tra saperi diffusi, competenze scientifiche e visione politica della società. Il ruolo dei contesti urbani dal punto di vista formale, funzionale e prestazionale nella riduzione delle disuguaglianze. Quello dello spazio pubblico, la sua morfologia, il suo essere intrinsecamente democratico e la lezione della città europea a cui, ancora oggi, alcune trasformazioni urbanistiche d’oltreoceano di cui scrive Anna Laura Palazzo nella sostanza sembrano guardare. Infine, la nostra capacità di leggere criticamente non solo i processi e gli strumenti che regolano il farsi o riconfigurarsi dei contesti urbani o territoriali oppure i principi ad essi sottesi ma ciò che concretamente si deposita nelle città e sul territorio. Anche in termini di qualità e bellezza. È anche da ciò che si misura la nostra capacità di abitare civilmente il mondo.

Renzo Riboldazzi


© RIPRODUZIONE RISERVATA

19 MAGGIO 2023

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
2023: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi
2022: Pier Luigi Cervellati

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022: online/pubblicazione
2023:

A. Bruzzese, Una piazza per ogni scuola, commento a: P. Pileri, C. Renzoni, P. Savoldi, Piazze scolastiche (Corraini, 2022)

C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)

G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)

F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)

E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)

G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)

P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (2022)

C. Olmo, La memoria come progetto, commento a: L. Parola, Giù i monumenti? (Einaudi, 2022); B. Pedretti, Il culto dell’autore (Quodlibet, 2022); F. Barbera, D. Cersosimo, A. De Rossi (a cura di), Contro i borghi (Donzelli, 2022)

A. Calafati, La costruzione sociale di un disastro, commento a: A. Horowitz, Katrina. A History, 1915-2015 (Harvard University Press, 2020)

B. Bottero, Città vs cittadini? No grazie, commento a: M. Bernardi, F. Cognetti e A. Delera, Di-stanza. La casa a Milano (LetteraVentidue, 2021)

F. Indovina, La città è un desiderio, commento a: G. Amendola, Desideri di città (Progedit, 2022)

A. Mazzette, La cura come principio regolatore, F. C. Nigrelli (a cura di), Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19 (Quodlibet Studio, 2021)

P. Pileri, La sostenibilità tradita ancora, commento a: L. Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026 (Altreconomia, 2022)

A. Muntoni, L'urbanistica, sociologia che si fa forma, commento a: V. Lupo, Marcello Vittorini, ingegnere urbanista (Gangemi, 2020)