Antonio Calafati  
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NEO-LIBERALI TRA SOCIETÀ E COMUNITÀ


Replica al commento di Marco Ponti sul libro di Becattini



Antonio Calafati


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Se cercate un esempio di uso improprio della "teoria economica" leggete la recensione di Marco Ponti all'ultimo libro di Giacomo Becattini: La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale (Donzelli, 2015). Becattini - scomparso all'inizio di quest'anno - è stato un importante economista, uno dei più originali degli ultimi sessant'anni in Italia. Basterebbe leggere la sua Introduzione all'edizione italiana dei Principi di Economia politica di John Stuart Mill (Utet, 1983) per capire. Nel suo ultimo libro si muove tra analisi e progetto politico, tra realtà e utopia (concreta) - com'è nella tradizione dell'economia. E il progetto politico non discende dall'analisi, è solo condizionato da essa. Questa è la chiave di lettura del libro, facile da trovare.

L'irritazione di fronte al contributo di Giacomo Becattini che Marco Ponti manifesta dalla prima riga della sua recensione nasce dalla paura che i neoliberali hanno di essere costretti a declinare la tensione teorica e politica tra "società" e "comunità". Un tema che è al centro di gran parte dell'opera di Giacomo Becattini, non solo di questo libro. Una tensione tra due paradigmi interpretativi e normativi che ha accompagnato la storia del capitalismo europeo negli ultimi due secoli, però. Che ritorna continuamente. E che è tornata al centro dell'attenzione come reazione agli effetti locali della globalizzazione. Non c'è sistema territoriale, non c'è città in Europa nella quale non si provi oggi a trovare un equilibrio tra società e comunità, tra "relazioni di mercato e "relazioni non-di-mercato". La ricerca di un equilibrio tra queste due sfere è costitutivo del progetto europeo. Così come del progetto della "soziale Markwirtschaft". La ricerca di questo equilibrio, di volta in volta da declinare come scelta politica, è insopportabile per i neo-liberali.

Come si appresta a discutere del libro di Giacomo Becattini Marco Ponti? Fa il primo passo ed è un passo falso, che porta la riflessione sulla strada sbagliata: "Il libro di Giacomo Becattini (…) sembra non lasciare dubbi sulla sua ascrivibilità all'ideologia marxista." A quali indizi si alimenta questa classificazione? Tutti gli economisti che si sono interessanti di sviluppo e di crescita si sono confrontanti con il Marx economista, ma l'ideologia marxista è tutta un'altra cosa e non c'entra nulla con il libro e i suoi temi. Fatto il primo passo (falso), il secondo è di prassi, oramai, tra i neo-liberali. Si tira fuori un attrezzo dalla "cassetta degli attrezzi dell'economista" - a volte, come in questa occasione, senza neanche controllare se sia quello giusto - e lo si usa: "Ma - lo sappiamo tutti - il socialismo è crollato rovinosamente a causa della sua insostenibilità teorica ancor più e prima del suo fallimento storico. La confutazione di Eugen Ritter von Böhm-Bawerk al modello "scientifico" marxiano - ovvero la trasformazione dei valori in prezzi - ha inesorabilmente ricondotto quel modello alla sfera delle ideologie…".

Difficile capire: tra la possibilità di "trasformare i valori in prezzi" e il funzionamento di un'economia pianificata non c'è alcuna relazione. Credo che al Recensore non sia chiaro il significato di questa questione. E comunque le ragioni dell'impossibilità teorica del socialismo non hanno niente a che fare con i temi che Becattini affronta nel suo libro - con il programma di ricerca sullo sviluppo locale. L'oggetto di riflessione (e regolazione) sono sistemi territoriali a regime capitalistico, nei quali la "libertà di impresa" e la "proprietà privata del capitale" sono elementi costitutivi. Sono sistemi profondamente modificati da una "mobilitazione imprenditoriale" considera paradigmatica, che non ha avuto uguali in Europa. Che cosa c'entra l'impossibilità a funzionare di un'economia pianificata, i suoi presunti difetti originari?

Il Recensore ritiene che per discutere del "paradigma dello sviluppo locale" si debba "entrare nel merito dei fondamenti politici della questione, ovvero delle posizioni anti-mercato". Questa è la solita esasperazione: in un'economia di mercato è "tutto mercato"? E deve essere "tutto mercato"? Per rispondere "sì" deve fare un altro passo, ed è di nuovo un "passo falso": "Corollario di questo fallimento - prima teorico e poi storico - è l'aver ignorato un fenomeno noto come 'tragedy of commons' o anche 'free riding'." Perché sarebbe un "corollario"? Forse c'è qualche relazione logica o causale tra, da una parte, l'impossibilità di "trasformare i valori in prezzi" e, dall'altra, "the tragedy of commons" o il "free riding"? (Peraltro non sono la stessa cosa: in un caso il problema è l'assenza di regole di uso delle risorse, nel secondo il problema è la difficoltà a far rispettare le regole d'uso introdotte). La "tragedia dei beni comuni" così come presentata da Garrett Hardin (1968) pone la questione delle implicazioni della loro indivisibilità e la difficoltà che ne consegue di regolare l'uso senza appropriate istituzioni. E alcuni decenni dopo a Elinor Ostrom è stato dato un Nobel per l'economia per la sua celebre analisi della gestione collettiva dei beni comuni. Un tema affascinante, ineludibile, fondativo della cultura contemporanea che non ha alcun senso affrontare in modo ideologico.

Dopo una serie di affermazioni sulla "superiorità del capitalismo" - una questione di un'astrattezza insopportabile considerata la coscienza che abbiamo della "varietà di capitalismi" - Ponti arriva alla conclusione: "A dispetto di tutto ciò, nel libro di Becattini si prospetta una società sostanzialmente cooperativa, basata sull'appartenenza a luoghi riconoscibili, sulle produzioni locali, sulla vicinanza fisica tra persone, sui beni comuni, sull'ambiente". Si chiude il cerchio: quello proposto in questo libro di Becattini è un modello socialista, ma sappiano che il socialismo non può funzionare, come la "teoria economica" ha dimostrato. Poi, però, aggiunge che nel libro il modello non è "esplicitamente chiamato "socialista" solo perché più simile a una visione pre-industriale del mondo". Dunque Becattini, dopo avere studiato l'industria e i distretti industriali per tutta la sua vita, si sarebbe convertito poco prima di morire a "una visione pre-industriale del mondo"? Quindi Becattini non si richiama al "socialismo scientifico". E allora tutto quello che Marco Ponti ha scritto nella sua recensione non è pertinente? Credo ci sia qualcosa che proprio non va nel ragionamento di Ponti.

Il libro di Becattini merita una riflessione profonda ed equilibrata, per la sua attualità e nonostante i limiti che si possono rintracciare nel suo programma di ricerca. E Pier Carlo Palermo con la sua recensione - Non è solo questione di principi ma di pratiche (18 gennaio 2017) anch'essa apparsa in questa rubrica, aveva aperto la strada a un'analisi critica. Si potrebbe anche leggere l'Agenda Territoriale Europea, per comprendere la rilevanza politica del tema che si affronta nel libro. E che sta crescendo di giorno in giorno in Europa, con strategie, politiche e azioni orientate a trovare un'equilibrata "chiusura operativa" dei sistemi locali e un'equilibrata relazione tra sfera di mercato e sfera non-di-mercato.

La recensione di Marco Ponti è comparsa qui, sul portale della "Casa della Cultura" di Milano. Un'istituzione importante, uno storico presidio delle ragioni della cultura, uno spazio di confronto critico tra l'élite intellettuale e professionale della città. L'élite di sinistra, in particolare. Sono curioso (confesso) di vedere se su un tema così importante, di fronte a questa sconcertante recensione, qualcun altro farà sentire la sua voce. A Milano, la città del nostro illuminismo, dopo tutto (certo, anche la città dove "il liberismo è di sinistra").

Antonio Calafati

 

 

 

 

N.d.C. - Questo articolo è tratto dal post Giacomo Becattini a Milano pubblicato da Antonio Calafati sul suo blog il 28 settembre 2017 (agcalafati.wordpress.com). La pubblicazione in questa rubrica è stata concordata con l'autore.

Economista di formazione, Antonio Calafati ha studiato e a lungo insegnato alla Facoltà di Economia "Giorgio Fuà" (Ancona). Attualmente è professore di Studi urbani all'Accademia di architettura dell'Università della Svizzera italiana. Dal 2013 al 2016 - nei primi tre anni sperimentali - ho coordinato l'International Doctoral Programme in Urban Studies del Gran Sasso Science Institute (L'Aquila). Ha insegnato "economia politica" all'Università di Macerata (1992-1995) e "sviluppo urbano e regionale" all'Università "Friedrich Schiller" di Jena (2000-2009) e trascorso lunghi periodi di studio presso il St. Antony's College (Oxford), l'Università di Freiburg i.B. e il Max-Planck-Institut di Economia di Jena. Ha condotto studi e ricerche, tra gli altri, per la Commissione Europea, la Banca Europea per gli Investimenti, l'OCSE e il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica. Ha recentemente curato i volumi Un'agenda urbana per l'Italia (Donzelli 2014) e Le città della Terza Italia (FrancoAngeli 2011) e redatto le monografie Economie in cerca di città. La questione urbana in Italia (Donzelli, 2009) e, con F. Mazzoni, Città in nuce nelle Marche (FrancoAngeli 2008). Il suo sito web è: www.antoniocalafati.it

Sullo stesso libro oggetto di questo commento, oltre alla recensione di Marco Ponti - Non-marxista su un dialogo tra marxisti (22 settembre 2017) - v. anche gli scritti di: Giancarlo Consonni, Un pensiero argomentante, dialogico, sincretico, operante (2 giugno 2016) e Pier Carlo Palermo, Non è solo questione di principi, ma di pratiche (18 gennaio 2017).

N.b. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

30 SETTEMBRE 2017

 

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

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2013: programma/present.
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Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017:

M. Ponti, Non-marxista su un dialogo tra marxisti, commento a G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)

G. Semi, Tante case non fanno una città, commento a E. Garda, M.Magosio, C. Mele, C. Ostorero, Valigie di cartone e case di cemento (Celid, 2015)

M. Aprile, Paesaggio: dal vincolo alla cura condivisa, commento a G. Ferrara, L'architettura del paesaggio italiano (Marsilio, 2017)

S. Tedesco, La messa in forma dell'immaginario, commento a A.Torricelli, Palermo interpretata (Lettera Ventidue, 2016)

G. Ottolini, Vittorio Ugo e il discorso dell'architettura, commento a A. Belvedere, Quando costruiamo case, parliamo, scriviamo. Vittorio Ugo architetto (Officina Edizioni, 2015)

F. Ventura, Antifragilità (e pianificazione) in discussione, commento a I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

G. Imbesi, Viaggio interno (e intorno) all'urbanistica, commento a R. Cassetti, La città compatta (Gangemi 2016)

D. Demetrio, Una letteratura per la cura del mondo, commento a S. Iovino, Ecologia letteraria (Ed. Ambiente, 2017)

M. Salvati, Il mistero della bellezza delle città, commento a M. Romano, Le belle città (Utet, 2016)

P. C. Palermo, Vanishing. Alla ricerca del progetto perduto, commento a C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

F. Indovina, Pianificazione "antifragile": problema aperto, commento a I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

F. Gastaldi, Urbanistica per distretti in crisi, commento a A. Lanzani, C. Merlini, F. Zanfi (a cura di), Riciclare distretti industriali (Aracne, 2016)

G. Pasqui, Come parlare di urbanistica oggi, commento a B. Bonfantini, Dentro l'urbanistica (Franco Angeli, 2017)

G. Nebbia, Per un'economia circolare (e sovversiva?), commento a E. Bompan, I. N. Brambilla, Che cosa è l'economia circolare (Edizioni Ambiente, 2016)

E. Scandurra, La strada che parla, commento a L. Decandia, L. Lutzoni, La strada che parla (FrancoAngeli, 2016)

V. De Lucia, Crisi dell'urbanistica, crisi di civiltà, commento a G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

P. Barbieri, La forma della città, tra urbs e civitas, commento a A. Clementi, Forme imminenti (LISt, 2016)

M. Bricocoli, Spazi buoni da pensare, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

S. Tagliagambe, Senso del limite e indisciplina creativa, commento a: I. Blečić, A. Cecchini, Verso una pianificazione antifragile (FrancoAngeli, 2016)

J. Gardella, Disegno urbano: la lezione di Agostino Renna, commento a: R. Capozzi, P. Nunziante, C. Orfeo (a cura di), Agostino Renna. La forma della città (Clean, 2016)

G. Tagliaventi, Il marchio di fabbrica delle città italiane, commento a: F. Isman, Andare per le città ideali (il Mulino, 2016)

L. Colombo, Passato, presente e futuro dei centri storici, commento a: D. Cutolo, S. Pace (a cura di), La scoperta della città antica (Quodlibet, 2016)

F. Mancuso, Il diritto alla bellezza, riflessione a partire dai contributi di A. Villani e L. Meneghetti

F.Oliva, "Roma disfatta": può darsi, ma da prima del 2008, commento a: V. De Lucia, F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi, 2016)

S.Brenna, Roma, ennesimo caso di fallimento urbanistico, commento a V. De Lucia e F. Erbani, Roma disfatta (Castelvecchi 2016)

A. Calcagno Maniglio, Bellezza ed economia dei paesaggi costieri, contributo critico sul libro curato da R. Bobbio (Donzelli, 2016)

M. Ponti, Brebemi: soldi pubblici (forse) non dovuti, ma, commento a: R. Cuda, D. Di Simine e A. Di Stefano, Anatomia di una grande opera (Ed. Ambiente, 2015)

F. Ventura, Più che l'etica è la tecnica a dominare le città, commento a: D. Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città (Ombre corte, 2016)

P. Pileri, Se la bellezza delle città ci interpella, commento a: G. Consonni, Urbanità e bellezza (Solfanelli, 2016)

F. Indovina, Quale urbanistica in epoca neo-liberale, commento a: C. Bianchetti, Spazi che contano (Donzelli, 2016)

L. Meneghetti, Discorsi di piazza e di bellezza, riflessione a partire da M. Romano e A. Villani

P. C. Palermo, Non è solo questione di principi, ma di pratiche, commento a: G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)

G. Consonni, Museo e paesaggio: un'alleanza da rinsaldare, commento a: A. Emiliani, Il paesaggio italiano (Minerva, 2016)

 

 

I post

L'inscindibile legame tra architettura e città, commento a: A. Ferlenga, Città e Memoria come strumenti del progetto (Marinotti, 2015)

Per una città dell'accoglienza, commento a: I. Agostini, G. Attili, L. Decandia, E. Scandurra, La città e l'accoglienza (manifestolibri, 2017)