Luisa Bonesio  
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EMENDARE I TERRITORI INTESSENDO RELAZIONI


Commento al libro di Edoardo Colonna di Paliano et al.



Luisa Bonesio


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Il volume di Edoardo Colonna di Paliano, Giorgio Frassine, Lorenzo Castellani Lovati, Andrea Maspero, [In]tessere legami territoriali. Strategie e prefigurazione per un piano d'unione (Araba Fenice, 2018), è un notevole esempio di esercizio dell'interpretazione territoriale rivolta all'Unione delle Terre d'Argine, territorio nella Pianura Padana in provincia di Modena pesantemente interessato da infrastrutture viarie e ferroviarie che hanno contribuito in modo rilevante ad alterarne il profilo espressivo e a modificarne le forme di fruizione. L'analisi condotta da un gruppo di ricerca del Politecnico di Milano, restituita dai testi introduttivi teorici e dalle schede che introducono le singole sezioni tematiche originate da attività didattiche istituzionali e approfondite d'intesa con gli enti locali del territorio modenese, mostra una forte sintonia con lo stile interpretativo e con il metodo progettuale 'territorialista' di Alberto Magnaghi e della sua scuola, accogliendo anche le indicazioni ermeneutiche dell'approccio geofilosofico al tema del paesaggio e delle identità territoriali. L'approccio metodologico nell'analisi dell'attuale configurazione territoriale e le indicazioni progettuali e operative che ne derivano non sono improntati all'imposizione di una visione verticale, razionalizzante e tecnicistica, ma alla comprensione, alla decrittazione e al riconoscimento - che coinvolge anche gli abitanti in quanto soggetti e custodi del patrimonio territoriale - della fisiognomica storica e genealogica dei luoghi. Si tratta dunque di sospendere lo sguardo "maestro" del pianificatore e la logica funzionalistica delle infrastrutturazioni e della massimizzazione economica per dar spazio a una visione che riconosce la complessa stratificazione di segni, intenzioni, soluzioni, immaginari, progetti e ingarbugliamenti della sintassi territoriale nella sua pluriforme e dispersa complessità temporale, funzionale ed espressiva, per cercare di recuperare in questo tessuto polifonico una consapevolezza condivisa e partecipata dei segni storici e degli usi vernacolari, non meno che delle lacerazioni e dissonanze delle sovrascritture che tendono ad omologarlo in una percezione distratta di spazio liscio, uniforme, di corridoio di attraversamento, funzionale alla logistica e alle attività produttive, in cui il pregio architettonico e storico di alcuni luoghi sembra essere ridotto a mero sfondo o risarcimento estetico irrelato. La percezione abitudinaria e la quasi inevitabile distorsione prospettica, una sorta di accettazione del miraggio del benessere economico e della funzionalità, si riverberano inevitabilmente sulla visione collettiva e sulle decisioni politiche e amministrative che ne scaturiscono. Nella decostruzione degli automatismi percettivi e dei giudizi impliciti ed espliciti che generano (anche quelli dei progettisti) sta dunque la possibilità di ri-vedere e di avviarsi al riconoscimento del "territorio come soggetto corale" (Magnaghi), espressivo (in positivo e in negativo), che può rigenerarsi, comprendersi, progettarsi in modi diversi a patto di non compromettere irreversibilmente la propria identità. È qui che i progettisti devono farsi interpreti, maieuti, interlocutori delle comunità affrontando inerzie, inconsapevolezze, perdite di memoria, ma anche raccogliendo testimonianze, saperi, tradizioni, lessici e forme sprofondati nell'implicito, nel rimosso, per ricontestualizzarli e dar loro voce ed esistenza.

Il passo preliminare per gli autori è consistito nella ricognizione e descrizione dei segni e della strutturazione sedimentata delle azioni succedutesi nel tempo sul territorio della pianura, strutturalmente caratterizzato dal mirabile sistema storico delle acque, dal disegno impresso sui territori agricoli dalla centuriazione romana e dalla rete viaria modellata in epoca latina e poi austroungarica. A questa profondità e complessità di segni, sovente non riconosciuta nell'attraversamento veloce di una pianura che sembra semplicemente orizzontalità e scorrimento, si è sovrapposta, a partire dal secondo dopoguerra, la progressiva dispersione delle capacità di riconoscimento dei segni, delle stratificazioni tecniche e delle configurazioni paesaggistiche, spesso molto più sofisticate di quanto non appaia a una percezione superficiale. Questa indagine, volta a individuare gli elementi fondativi della riflessione e poi del progetto, è consistita nell'elaborazione di una serie di schede che si soffermano analiticamente su aspetti specifici e strategici della tessitura territoriale, non meno che della sua adeguata percezione progettuale. Nella lettura interpretativa che ne deriva, i segni impressi nel territorio, la sua fisiognomica, vengono attentamente raccolti, catalogati, ordinati, ricomposti e interpretati. E, sia quelli antichi, storici e identitari, sia quelli più recenti, che hanno impresso lacerazioni percettive e funzionali o vere e proprie incongruenze nella territorialità e nella operatività quotidiana, fino a generare spaesamento, sono ricomposti in ipotesi progettuali volte a un recupero non semplicemente decorativo o occasionale delle identità dei luoghi, ma alla riattivazione della riconoscibilità di paesaggi condivisi, fatti di grandi impronte strutturali e, insieme, di raccolte domesticità, troppo facilmente rimosse in una modernizzazione omogenea, istantanea e spaesante. Non si tratta dunque di attuare una nuova imposizione di visioni razionalizzanti, di soluzioni performanti, ma come sospese sulla complessa tramatura di funzioni, significato, forme e sulle dissonanze e incongruenze delle ricodificazioni territoriali; neppure di procedere a rammendi nelle lacerazioni urbane e paesaggistiche, quanto piuttosto di far riemergere la fisiognomica e la genealogia dei luoghi nella loro singolarità e nella interrelazione con il tessuto più ampio di cui fanno parte.

Questo rispetto per le articolazioni spaziali e la genealogia dei luoghi non può rinunciare a corrispondere e a orientare le esigenze contemporanee di mobilità, di residenzialità o di benvivere, e lo fa in chiave di sostenibilità, di durata, di appartenenza collettiva, di valori estetici ed etici. Si passa dunque dalla dissipazione e dalla sovrascrittura dei segni caotici, occasionali o disordinati che hanno occultato la trama fondante del territorio nella sua ancor potente espressività, al lavoro di riconoscimento del genius loci, ossia alla possibilità di realizzare una buona abitabilità e un rinnovato senso di appartenenza e di responsabilità sociale e di sostenibilità ambientale. Accade dunque, nell'indagine compiuta sul territorio, che si passi dalla fondamentale e preliminare individuazione dei tratti essenziali del paesaggio e dal riconoscimento della loro incomprimibilità e resilienza all'ascolto del territorio, in una nuova visione progettuale e di cittadinanza che mette fine al consumo di suolo per abbracciare un paradigma di pianificazione e di ideali civili e culturali che mettono al centro la cura, la responsabilità, la socialità, la dimensione di un passato vivente e strutturante, non meramente risarcitivo, decorativo o di corto respiro, ma generatore di orizzonti e di prospettive che si distacchino definitivamente dal modernismo omologante e tecnocratico per riconoscersi nella possibilità di un abitare consapevole, responsabile e attento ai valori estetici e simbolici.

Nel passaggio da un paradigma funzionalista o economicista alla concezione del territorio come bene comune e identità espressiva, l'opera interpretativa, mediatrice e progettuale svolta in sintonia e collaborazione con amministratori e abitanti ("emendare i territori intessendo relazioni" - recita il titolo di un paragrafo che suona come una dichiarazione d'intenti, un metodo di lavoro e l'enunciazione di un fine) coniuga lo sguardo esterno avvertito, più pronto a farsi sorprendere e a riconoscere le strutturazioni e l'impronta fisiognomica irripetibile dei territori, con le esigenze, le percezioni, i saperi locali, talora sopiti o impliciti, e la legittima aspirazione a partecipare e a incrementare un bene comune. Il volume che ne scaturisce, corredato da disegni, mappe e fotografie, ha anche il pregio di proporre queste riflessioni, condotte attraverso analisi puntuali, in uno stile sobrio e di grande finezza concettuale, oltre che stilistica.

Luisa Bonesio

 

 

 

N.d.C. - Luisa Bonesio, già professore associato di Estetica all'Università di Pavia e di Geofilosofia del Paesaggio in vari corsi e scuole di specializzazione, da più di un ventennio dedica la sua riflessione teorica alla Geofilosofia, in particolare alle forme della modernità, al territorio, al paesaggio e alle tematiche dei luoghi. Accanto a quella didattica e di ricerca ha sempre affiancato un'intensa attività divulgativa. È stata responsabile scientifica del Festival del Paesaggio del Comune di Pavia (2006-2008); è membro del Consiglio direttivo e del Comitato scientifico della Società dei Territorialisti; fa parte del Comitato scientifico dei periodici "Scienze del Territorio", "Im@go. Rivista di studi sociali sull'immaginario"; "Geopolitica. Rivista dell'Istituto di Alti Sudi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie" e della collana "Territori" edita da Florence University Press. Dal 2015 dirige il Museo dei Sanatori di Sondalo (www.museodeisanatori.com).

Tra i suoi libri: Lo stile della filosofia. Estetica e scrittura da Nietzsche a Blanchot (FrancoAngeli, 1983); Il sublime e lo spazio. Ricerca sul simbolismo dell'ideale estetico (FrancoAngeli, 1985); La ragione estetica (Guerini, 1990); La terra invisibile (Marcos y Marcos, 1993); Geofilosofia del paesaggio (Mimesis, 1997); Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofilosofia (Arianna Ed., 2002); Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale (Diabasis, 2007; Mimesis, 2017); con C. Resta (a cura di R. Gardenal), Intervista sulla Geofilosofia (Diabasis 2010); con D. Del Curto (a cura di) Il Villaggio Morelli. Identità paesaggistica e patrimonio monumentale (Diabasis 2011; Mimesis 2017).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

08 NOVEMBRE 2019

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

powered by:
DASTU (Facebook) - Dipart. di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019:

P. Pilieri, L'ossessione di difendere il suolo, commento a: S. Vinci, Rovina (Einaudi, 2019)

E. Scandurra, Periferie oggi, tra disuguaglianza e creatività, commento a A. Petrillo, La periferia nuova (FrancoAngeli, 2018)

G. Tonon, Città: il disinteresse dell'urbanistica, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

F. Indovina, Un giardino delle muse per capire la città, commento a: G. Amendola - Sguardi sulla città moderna (Dedalo, 2019)

D. Demetrio, Per un camminar lento, curioso e pensoso, commento a: G. Nuvolati, Interstizi della città (Moretti&Vitali, 2018)

G. Nuvolati, Scoprire l'inatteso negli interstizi della città, commento a: C. Olmo, Città e democrazia (Donzelli, 2018)

P. C. Palermo, Oltre la soglia dell'urbanistica italiana, commento a: P. Gabellini, Le mutazioni dell'urbanistica (Carocci, 2018)

S. Vicari Haddock, Le periferie non sono più quelle di una volta, commento a: A. Petrillo, La periferia nuova (FrancoAngeli, 2018)

G. Consonni, La rivincita del luogo, commento a: F. Erbani, L'Italia che non ci sta (Einaudi, 2019)

D. Patassini, Urbanistica per la città plurale, commento a: G. Pasqui, La città, i saperi, le pratiche (Donzelli, 2018)

C. Cellamare, Roma tra finzione e realtà, commento a: E. Scandurra, Exit Roma (Castelvecchi, 2019)

P. Briata, Con gli immigrati per capire città e società, commento a: B. Proto, Al mercato con Aida (Carocci, 2018)

S. Viviani, Urbanistica: e ora che fare?, Commento a: P. Gabellini, Le mutazioni dell'urbanistica (Carocci, 2018)

C. Tosco, Il giardino tra cultura, etica ed estetica, commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Padovani, La questione della casa: quali politiche?, commento a: G. Storto, La casa abbandonata (Officina, 2018)

P. Burlando, Strategie per il (premio del) paesaggio, commento a: Paesaggio e trasformazione (FrancoAngeli 2017)

P. Pileri, Suolo: scegliamo di cambiare rotta, Commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli 2019)

A. Petrillo, Oltre il confine, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

L. P. Marescotti, Urbanistica e paesaggio: una visione comune, commento a: J. Nogué, Paesaggio, territorio, società civile (Libria, 2017)

F. Bottini, Idee di città sostenibile, Prefazione a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

M. Baioni, Urbanistica per la nuova condizione urbana, commento a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

R. Tadei, Si può comprendere la complessità urbana?, commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

C. Saragosa, Aree interne: da problema a risorsa, commento a. E. Borghi, Piccole Italie (Donzelli, 2017)

R. Pavia, Questo parco s'ha da fare, oggi più che mai, commento a: A. Capuano, F. Toppetti, Roma e l'Appia (Quodlibet, 2017)

M. Talia, Salute e equità sono questioni urbanistiche, commento a: R. D'Onofrio, E. Trusiani (a cura di), Urban Planning for Healthy European Cities (Springer, 2018)

M. d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto, commento a: M. A. Crippa e F. Zanzottera, Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2017)

A. Villani, È etico solo ciò che viene dal basso?, commento a: R. Sennett, Costruire e abitare. Etica per la città (Feltrinelli, 2018)

P. Pileri, Contrastare il fascismo con l'urbanistica, commento a: M. Murgia, Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018)

M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)

M. Balbo, "Politiche" o "pratiche" del quotidiano?, commento a E. Manzini, Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità, 2018)

P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)

C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)

F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)

I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)

G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)

M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)

G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

 

 

 

 

 

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