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LEGGERE FILOSOFICAMENTE UN FILM


Intervista a Roberto Mordacci su un binomio non scontato






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Approda alla Casa della Cultura 'Filosofie del cinema. Fare Filosofia con i film', un'iniziativa, unica nel suo genere, nata dalla collaborazione tra la Casa della Cultura e l’Università San Raffaele. Il corso, che si articola in 10 incontri settimanali a partire dal 21 gennaio (qui il programma), ha suscitato un interesse straordinario, tanto che non è stato possibile accogliere tutte le domande d'iscrizione. Segno che è molto avvertito, soprattutto nei giovani, il desiderio di riflessione filosofica sull'arte totale. Ne abbiamo parlato con Roberto Mordacci, direttore del corso e preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele dove è professore ordinario di Filosofia Morale

Professor Mordacci, Filosofia e cinema: un binomio nient'affatto scontato. Qual è il punto d'incontro della forma d'arte più popolare del nostro tempo e del sapere filosofico?

Il cinema è uno dei luoghi principali dell'elaborazione della coscienza contemporanea. Le paure, le attese, le aspirazioni, i dilemmi e le tensioni sociali e politiche sono condensate nei racconti visivi e nelle immagini con una potenza che i discorsi o i giornali non riescono ad avere. Nel cinema, la vita parla direttamente all'esperienza in tutta la sua complessità. E la filosofia non è se non il tentativo di interpretare quella vita. Approfittando di quella condensazione che il cinema produce, la filosofia raccoglie la provocazione al pensiero e prova a rintracciare il senso delle cose che le immagini presentano. In questo senso, il corso di Filosofie del cinema mira essenzialmente a fornire gli strumenti per esercitare questo pensiero critico grazie al cinema e attraverso il cinema. Si tratta di apprendere come interpretare un film come portatore di un tema, di un problema o di un messaggio, ma di farlo con gli strumenti che la tradizione filosofica ci mette a disposizione.

Il corso di Filosofie del cinema approda per la prima volta alla Casa della cultura, ma è ormai alla sua quarta edizione. Com'è nata l'idea e come mai avete deciso sin dall'inizio di rivolgerlo non solo agli studenti della Facoltà di Filosofia ma anche agli uditori esterni?

Il corso è nato dall'interesse di un gruppo di docenti, dottorandi e studenti che hanno anzitutto passione per il cinema. La convinzione che la filosofia sia chiamata non solo a interessarsi del cinema ma a offrire a un pubblico il più ampio possibile quelle competenze minime necessarie a interpretare criticamente un film è ciò che ci ha spinti a uscire dall'università e approdare in città. Anche le altre edizioni si svolgevano fuori dall'ateneo, ma questa volta siamo felici e orgogliosi di aver raggiunto uno dei luoghi più importanti e storici dell'elaborazione culturale a Milano, cioè Casa della Cultura (che fra l'altro celebra il proprio Settantesimo in quest'anno). La collaborazione è stata immediata ed entusiasta e la risposta del pubblico (più di duecento iscritti per l'intero corso) ha sorpreso tanto noi docenti quanto gli organizzatori.

Il tema di quest'anno è affascinante e complesso: 'Io è un altro'. Chiama in causa problemi filosofici antichi e difficili da esaurire – l'identità e l'alterità, la ricerca di sé, l'interiorità - ma anche l'attualità più stringente: l'immigrazione, le differenze di genere, la sessualità. Può parlarcene?

L'idea di avere un unico tema guida è una novità di quest'anno. Abbiamo scelto il tema dell'Altro proprio perché le sue diverse declinazioni (il doppio, l'ambiguo, il diverso, il lontano, il vicino) tracciano la complessa rete delle nostre relazioni, e sono le relazioni che animano e agitano la società. Il cinema esplora le relazioni con una ricchezza di dettagli unica e la filosofia, se ha interesse a comprendere il nostro tempo, non può perdere quest'occasione. Allo stesso tempo, il cinema mette in scena le domande, i problemi, le contraddizioni dell nostro vivere fra gli altri e la filosofia è uno strumento essenziale per comprendere e vivere queste relazioni nel modo migliore.

Dal programma sembra trattarsi di un corso estremamente interdisciplinare: filosofi, docenti di sceneggiatura, docenti di storia e teoria del cinema, giornalisti, persino due grandi nomi del cinema italiano: i registi Marina Spada e Pupi Avati. Qual è oggi l'importanza dell'interdisciplinarietà e come è possibile portarla avanti in modo coerente?

L'incontro fra discipline e sguardi diversi è fondamentale per stare in rapporto con ciò di cui si parla, ciò che fa problema. Di una problema sociale come l'immigrazione, per esempio, lo scienziato sociale vedrà anzitutto i conflitti e le tensioni che essa genera, lo storico le sue cause e i suoi sviluppi, l'economista le radici geopolitiche, il giurista la questione dei diritti affermati e negati, ma il fenomeno ci sfugge completamente se lo spezzettiamo a questo modo. Solo facendo interagire le diverse prospettive ci appare la cosa in sé, il problema nella sua interezza. La filosofia ha la pretesa di guardare all'intero, e proprio per questo è suo compito specifico promuovere e praticare l'interdisciplinarità, immergersi nella pluralità degli sguardi, dislocare i nostri pregiudizi e favorire una più completa visione delle cose. Perciò è stato naturale coinvolgere a parlare di cinema anzitutto chi il cinema lo fa o lo studia, senza pretendere mai che la filosofia possa parlarne da sola. Qui è in gioco il motto della nostra facoltà: 'de nobis ipsis silemus, de re agitur', cioè 'di noi stessi non c'è bisogno di parlare, perché l'importante è la cosa di cui parliamo'. 

A.A.

 


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20 GENNAIO 2016