Ivano Granata  
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RICORDO DI GIORGIO GALLI


Grande studioso e fine intellettuale proiettato nel futuro



Ivano Granata


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Conobbi di persona Giorgio Galli nel dicembre 1972. Mi ero appena laureato all’Università di Milano e mi era stata offerta la possibilità di diventare addetto alle esercitazioni e di svolgere attività in ambito universitario. Uno dei miei docenti di riferimento mi chiese se ero disposto a collaborare con un nuovo docente, che era appunto Galli, al quale la Facoltà di Lettere e Filosofia aveva conferito l’incarico del corso di Storia delle dottrine politiche, corso che avrebbe poi tenuto ininterrottamente, prima come professore incaricato e poi come professore associato confermato, per trent’anni, fino al momento del suo pensionamento. Accettai la proposta e, per una decina d’anni, divenni così il più stretto collaboratore, perlomeno sul piano didattico, di Galli.

Quando mi fu chiesto di collaborare conoscevo già la fama di Galli e il valore delle sue pubblicazioni. Avevo infatti letto la Storia del Partito comunista italiano, scritta insieme a Fulvio Bellini e pubblicata nel 1953, un libro allora veramente pionieristico, che successivamente Galli aggiornerà, ampliandone la dimensione temporale, e che ha conservato, a livello storiografico, indubbi motivi di interesse. Soprattutto però avevo letto quella che è considerata la sua migliore opera, Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia,1966, accurata analisi dei due principali partiti, che, con le loro caratteristiche, finivano in realtà per provocare una specie di “blocco del sistema”, che si ripercuoteva negativamente sul paese. Come sempre accade per i testi di grande valore, Il bipartitismo imperfetto suscitò polemiche e contrasti, ma, ad anni di distanza, continua a rimanere una delle pubblicazioni più importanti non solo in campo politologico, ma anche in quello della storia contemporanea italiana nella sua accezione più vasta. Prima di incontrare Galli ebbi il tempo di leggere anche Il difficile governo. Un'analisi del sistema partitico italiano, 1972, un libro di cui da tempo, stranamente, non si parla più, ma che forniva un quadro ben preciso della situazione politica italiana dell’epoca, da tenere ben presente per successivi ampliamenti sull’argomento. Da lettore di “Panorama” apprezzavo inoltre la rubrica di commento che teneva sul settimanale con passione, competenza, precisione e, in molti casi, con una sottile, ma efficace, ironia.

Di fronte a un personaggio di tal genere, che dal 1965 al 1969 aveva anche diretto una prestigiosa rivista come “Il Mulino”, non nascondo di aver provato, quando cominciò la nostra collaborazione, una sorta di timore reverenziale, che sparì tuttavia rapidamente. Galli fece di tutto per mettermi a mio agio e dopo pochi giorni il “Professor Galli”, come lo chiamavo inizialmente, era diventato “Giorgio” ed eravamo passati a darci del “tu”. Col tempo il nostro rapporto si consolidò sempre di più fino ad arrivare a un’autentica amicizia. Di quegli anni, dal 1973 al 1981, ricordo in modo particolare i tardi pomeriggi del martedì. Il martedì era il giorno di ricevimento degli studenti e, al termine, io e Galli facevamo lunghe conversazioni, cui spesso partecipavano anche altri collaboratori, Gianfranco Chierchini, che poi avrebbe lasciato l’università per dedicarsi ad altra attività, e Aldo Albonico, prematuramente scomparso nel 1999, che sarebbe diventato professore ordinario di Letteratura ispano-americana. Le discussioni riguardavano gli argomenti più vari, dalla politica alla storiografia, dai partiti all’economia, dal cinema alla musica e ad altro ancora, fino ad arrivare, come si vedrà più avanti, a tematiche molto particolari, e contribuirono in modo determinante, per me, ma anche per gli altri, all’arricchimento culturale e all’acquisizione di un metodo preciso col quale affrontare problematiche diverse. Altre discussioni, che avvenivano in forme rilassate, su molteplici e compositi temi caratterizzavano anche le cene fatte nelle case dei collaboratori o in quelle di qualche amico, come Luigi Bruti Liberati, futuro professore ordinario di Storia contemporanea, alle quali “Giorgio”, da “bon vivant”, partecipava sempre molto volentieri e con grande piacere.

In quegli anni uscirono anche numerose opere di Galli destinate a lasciare il segno. Nel 1974 furono pubblicati La crisi italiana e la destra internazionale, che contribuì a chiarire aspetti importanti in merito alla tematica trattata e, nell’ambito di una collana dedicata alla Storia della società italiana dall'unità a oggi, I partiti politici, poi ripubblicato nel 1975 col titolo I partiti politici in Italia, 1861-1973, un testo che ancora oggi costituisce il punto di partenza per chi voglia affrontare le questioni inerenti ai partiti politici. Nel 1975, accanto alla biografia di Amintore Fanfani, Galli tracciò un quadro, con Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, della possibile evoluzione della politica del paese. Nel 1976, con La sfida perduta. Biografia politica di Enrico Mattei, portò alla ribalta le vicende relative alla morte del presidente dell’Eni e formulò una serie di ipotesi che avrebbero poi trovato alcune conferme anni dopo. Nel 1978 la Storia della Democrazia cristiana, ripubblicata nel 1993 col titolo Mezzo secolo di DC, divise gli storici e i critici e suscitò grosse polemiche. Riletto tuttavia ad anni di distanza, il testo contribuisce a indurre a una riflessione più pacata sul ruolo e sulla funzione che la Dc svolse nel paese e a una diversa valutazione di certi giudizi. Nel 1981 la Storia del Partito socialista italiano, poi successivamente ripubblicato con ampliamenti fino a Craxi e allo scioglimento del Psi, fu il primo vero tentativo di ricostruire in modo globale le vicende del Psi sul lungo periodo, partendo dalle origini per arrivare in pratica alla “contemporaneità”, cioè alla fine degli anni Settanta del Novecento. Nell’elaborazione del testo fui originariamente coinvolto anch’io. Essendo già allora la storiografia sul Psi molto vasta, Galli riteneva che i lettori del suo testo avrebbero dovuto essere edotti su che cosa era stato scritto in passato. Mi propose pertanto di completare la sua parte storico-narrativa con un’altra parte dedicata alle interpretazioni storiografiche. Si sarebbe quindi trattato di un libro scritto, come si usa dire, a “quattro mani”, che nel frontespizio avrebbe riportato entrambi i nostri nomi. Accettai la proposta e mi misi all’opera. A lavoro finito tuttavia l’editore ritenne che la mole del volume nel suo insieme fosse troppo ampia e decise pertanto di dividerlo e di pubblicare due volumi separati con due titoli diversi. Il mio contributo divenne quindi il libro Il socialismo italiano nella storiografia del secondo dopoguerra e Galli nell’introduzione del suo testo fece riferimento ad esso come un completamento della lettura, necessario per una maggiore comprensione d’insieme. Nel 1979 era comparso anche il volume I partiti politici europei, che tracciava un panorama della nascita e dell’evoluzione dei partiti in Europa a partire dal 1649 e nel 1985 uscirà, dall’esperienza di docente della materia, il Manuale di storia delle dottrine politiche, in cui, accanto all’analisi degli autori considerati i “classici” del pensiero politico, erano inseriti anche altri pensatori, soprattutto del Novecento, che avevano contribuito a indicare nuovi sviluppi del pensiero politico. A dimostrazione dell’interesse che i lavori di Galli suscitavano nel pubblico, anche questi due testi sarebbero stati in seguito ripubblicati.

Da attento osservatore della realtà italiana, Galli si soffermò su di essa e sui suoi vari aspetti in numerosi scritti, tra i quali spiccano in modo particolare la Storia del partito armato, 1986, e il successivo Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi, 2004, testi che hanno dato il loro importante contributo all’interpretazione del fenomeno del terrorismo e a ciò che accadde in un momento cruciale della nostra storia. Galli aveva inoltre un’ampia curiosità intellettuale, che lo portò ad allargare i suoi interessi e ad affrontare e ad approfondire, in maniera adeguata, una serie di problematiche assai diverse da quelle a lui abituali, dall’astrologia all’esoterismo, dall’importanza delle “coincidenze junghiane” all’approfondimento delle tematiche relative alle streghe, viste come portatrici di una cultura alternativa, nell’ambito dell’evoluzione della democrazia rappresentativa. Anche questi temi, soprattutto quello sulle streghe, furono oggetto per parecchi anni, dal 1973 in poi, di lunghe discussioni tra lui e noi collaboratori e amici, che talvolta avevamo idee divergenti, ma che venivamo “conquistati”, per così dire, dalla logica delle sue argomentazioni. Il primo scritto di Galli che lessi sulle streghe ebbe un’origine del tutto particolare. Nel 1974 Galli propose a me e ai già citati Chierchini e Albonico di scrivere dei singoli e specifici saggi sul socialismo riformista in Europa tra le due guerre mondiali, che sarebbero stati raccolti in un volume da utilizzare per i corsi universitari, ma rivolto anche ai lettori interessati alle problematiche del mondo socialista. Nacque così il libro Esperienze riformiste in Europa. Il socialismo tra il 1919 e il 1934, 1976, in cui Galli, in un’ampia introduzione, non solo faceva il punto sulle questioni inerenti al socialismo, in particolare su quello tedesco, ma si soffermava anche largamente proprio sulle tematiche relative alle streghe, collegate al ruolo e all’evoluzione della democrazia rappresentativa e dello stesso socialismo. Nelle bibliografie esistenti sugli scritti di Galli il libro, per motivi ignoti, visto che il suo nome compare nel frontespizio, non viene di solito citato. Ciò però suscita rammarico, perché il saggio è importante e anticipa, nei modi e nelle forme, non solo il capitolo finale della Storia del Partito socialista italiano, che, non a caso, si intitola “La storia e le streghe”, ma anche i contenuti che Galli svilupperà poi in pubblicazioni più ampie.

Sarebbe qui troppo lungo soffermarsi nel dettaglio sui numerosi scritti dedicati alle citate problematiche. Ricordo comunque, per la loro importanza, Occidente misterioso. Baccanti, gnostici, streghe: i vinti della storia e la loro eredità, 1987, significativo già dal titolo, e Hitler e il nazismo magico, 1989, in cui Galli esplicita l’interesse di Hitler per l’esoterismo e sottolinea che alcune radici culturali del nazismo devono essere ricercate proprio in tale ambito, argomenti accennati anche da altri studiosi in alcune biografie di Hitler e in storie del nazismo, ma mai effettivamente indagati a fondo.

Nel 1981, essendo diventato ricercatore confermato di Storia contemporanea, andai a svolgere l’attività didattica in tale ambito e lasciai pertanto la collaborazione con Galli. Non si interruppero però i nostri rapporti e continuammo a vederci non solo all’università, ma anche in convegni, presentazioni di libri, e conferenze, che, in qualche circostanza, tenemmo insieme, e nelle cene tra amici, che, per lungo tempo, si susseguirono ancora con regolarità. Solo nell’ultimo decennio le occasioni per incontrarci si diradarono sensibilmente. Nell’anno in cui andò in pensione dall’Università, io e alcuni dei vecchi collaboratori e degli amici andammo ad assistere alla sua ultima lezione, in segno di rispetto e di riconoscenza per i suoi insegnamenti. Occorre tuttavia sottolineare che il mondo accademico non fu certamente generoso nei confronti di Galli. Nonostante la statura culturale del personaggio, le numerose pubblicazioni e la notevole importanza di molte di tali pubblicazioni, non divenne mai professore ordinario e chiuse la sua carriera come professore associato confermato.

Galli, che fu anche presidente della Società Umanitaria dal giugno 1978 al maggio 1979, è stato non solo un intellettuale di primo piano, ma anche un personaggio molto simpatico, gentile, cordiale e assai disponibile a farsi coinvolgere in iniziative di vario genere. Era capace inoltre di mettere a proprio agio i suoi interlocutori e, aspetto importante, sapeva ascoltare tutti e rispondeva a tutti, senza mai prevaricare, qualità che ai nostri giorni si fa fatica a trovare.

Rispetto a quella di Galli, la mia formazione scientifica e la mia metodologia di ricerca storica sono sempre state, e lo sono tuttora, differenti. Da lui però ho appreso molto, ho imparato a confrontarmi con modi diversi di fare storia e ho acquisito elementi di politologia, che mi sono stati molto utili per orientarmi su vari aspetti, come quello, per fare un solo esempio, relativo ai risultati elettorali, per la cui giusta valutazione è necessario non accontentarsi dei meri dati statistici, pratica troppo spesso attuata in storia, ma “guardare dentro” e “dietro” ad essi per verificare le vere cause dei comportamenti elettorali. Le nozioni imparate sul piano del metodo sono state applicate sia, seppur solo in parte, nell’elaborazione dei miei studi, sia, in maniera più consistente, nelle lezioni universitarie di Storia dell’Italia contemporanea, in particolare nei corsi sull’Italia repubblicana, e, soprattutto, in quelle di Storia dei partiti politici, per le quali l’esperienza di collaborazione con Galli si è rivelata davvero preziosa. Per tutto ciò, e per la sua sincera amicizia, sarò sempre grato a “Giorgio”.


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11 GENNAIO 2021