Pino Landonio  
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PIANTARE ALBERI: UN DOVERE, UNA NECESSITÀ


Transizione ecologica non è “opportunità economica”!



Pino Landonio


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Stefano Mancuso, dalle colonne di Repubblica, ha lanciato una provocazione che sa tanto di ultimatum: dobbiamo piantare sulla terra mille miliardi di alberi. Il ragionamento che fa è semplice: ci siamo impegnati, con gli accordi di Parigi, a ridurre le emissioni di CO2, che rappresentano la causa maggiore del riscaldamento della terra, con le conseguenze devastanti che stiamo vedendo, ormai sempre più spesso, anche dalle nostre lande. Ma i dati reali vanno in controtendenza. Non solo i tassi non diminuiscono, ma continuano ad aumentare: sono quasi raddoppiati nel giro di vent’anni. E allora, che si fa? La provocazione di Mancuso punta alla riduzione della quantità totale di CO2 nell’atmosfera (fintanto che non si otterà un reale contenimento delle emissioni), ottenibile solo attraverso l’azione di filtro e di trasformazione in O2 garantita dagli alberi. Ha calcolato che con mille miliardi di nuovi alberi avremmo a disposizione 40-50 anni di tempo per provvedere alle trasformazioni energetiche (e alla modificazione degli stili di vita) che potrebbero ridurre alla base le emissioni di CO2.

Ma cosa vuol dire 1000 miliardi di alberi? Vuol dire più di 100 alberi a testa: quasi dieci miliardi nel solo nostro paese. Eppure…si può fare. Anzi: si deve fare. Perché come ha ricordato Antonio Gutierres, segretario delle Nazioni Unite, “Siamo sull’orlo dell’abisso”. E, come ha commentato Mario Draghi, “Siamo lontanissimi dall’aver applicato gli accordi di Parigi”. Mentre da un lato prosegue la deforestazione selvaggia di un patrimonio dell’umanità come la foresta amazzonica, e abbiamo solo alle spalle i roghi, in stragrande parte dolosi, che hanno devastato parti consistenti della Sardegna, della Calabria e della Sicilia.

Mettiamo mano al portafoglio, ci ricorda ancora Stefano Mancuso. È illusorio pensare alla transizione ecologica come a una “opportunità economica”. E aggiunge: “Finchè non saremo pronti a pagare – non a guadagnare – per rimediare ai danni che abbiamo prodotto, la CO2, che non si occupa di economia, continuerà a crescere”. Dobbiamo cominciare dalla nostre comunità locali: a costo di prevedere una ormai necessaria “tassa ecologica” dobbiamo prevedere spazi, iniziative, risorse per piantumare alberi, e per curare la loro crescita e la loro difesa. Non bastano più, per fare questo, i richiami al “non consumo di suolo”: non vanno solo evitate nuove inutili costruzioni, ma ci dobbiamo operare per il “recupero di suolo”, bonificando e facendo tornare a verde la gran parte delle aree dismesse e non più utilizzate.

Ricordo che quando nel 2010 Claudio Abbado, il famoso direttore di orchestra, fu invitato a Milano dall’allora sindaco Moratti, non chiese per sé una parcella, ma chiese provocatoriamente un milione di alberi per la città. Un visionario, come allora fu bollato? Un pazzo, addirittura? No, solo uno che vedeva più lontano. E quando Stefano Boeri, noto archistar, ha cominciato a disseminare i suoi progetti di “bosco verticale” o “bosco in città”, non voleva forse indurre un ripensamento del nostro modo di costruire e di vivere il rapporto con la natura?

Nel nostro piccolo: abbiamo lanciato, più di un anno fa, l’idea di ricordare i 130 mila morti di COVID almeno con un albero (ma, seguendo Mancuso, dovremmo dire con dieci, cento, mille alberi ciascuno): qualcuna delle nostre comunità lo ha fatto? Non risulta, salvo l’iniziativa di Bergamo, il comune più martoriato dalla prima fase della pandemia.

E allora, se non dobbiamo tutti a breve pentircene amaramente, ricordiamo i versi di Giorgio Caproni: “Non uccidete il mare, / la libellula, il vento. / Non soffocate il lamento / (il canto!) del lamantino. / Il galagone, il pino: / anche di questo è fatto / l’uomo. E chi per profitto vile / fulmina un pesce, un fiume, / non fatelo cavaliere / del lavoro. L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore. Dove / sparendo la foresta / e l’aria verde, chi resta / sospira nel sempre più vasto / paese guasto: “Come / potrebbe tornare a essere bella, / scomparso l’uomo, la terra”

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)

 


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01 OTTOBRE 2021