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'Où s'adresser pour réclamer justice,
si c'est l'iniquité des puissants qui nous tue!...
On peut faire ce que précisément Créuse fait,
fait tout au long de la pièce
...c'est la parrhesia '
M. Foucault
11. L'Europa
è stato proprio Varoufakis lo scorso novembre in un seminario sull'estetica della moneta tenuto a Berkeley a ricordare come la signora Thatcher fosse contrarissima all'euro. Proprio io, diceva, che sono stato a duecento manifestazioni contro di lei. Proprio io, mi trovo ora a citare la Thatcher. Era stata accolta con scetticismo, l'opposizione intransigente della Thatcher. Allora, solo lei si era opposta all'integrazione monetaria, ma la sua opposizione le era costata cara: prima le dimissioni del Ministro degli Esteri Geoffrey Howe, e poi le proprie nel novembre del 1990. Venticinque anni dopo le sue posizioni tornano ad essere oggetto di discussione, ironicamente da parte di quegli stessi critici della scuola neo-liberale a cui lei si ispirava per difendere la necessità di mantenere disperso il potere e decentralizzate le decisioni senza cedere la sovranità a 'un super-stato [...] che esercita un nuovo dominio da Bruxelles '.
Varoufakis riprende la Thatcher e poi torna al presente, a quell'unione europea divisa in modo quasi tragicomico proprio dall'unione monetaria in quello che sembra, per citare il suo libro, 'uno squilibrio fondamentale '. è Christian Marazzi che riporta l'attenzione su questo concetto laddove descrive la situazione contemporanea come una situazione di squilibrio fondamentale, 'quella situazione in cui alcuni paesi importano eccessivamente e altri esportano anch'essi eccessivamente, utilizzando i ricavi di queste esportazioni non per investire al loro interno, bensì per finanziare i deficit e i debiti dei paesi importatori '(Marazzi, 2015). Mi vengono sempre i milioni di barili di greggio stoccati in petroliere che vanno su e giù nelle acque dell'oceano in attesa che le fluttuazioni dei prezzi consentano un utile, a descrivere l'evoluzione di quello che un tempo, in modo spavaldo, si definiva l'equilibrio di domanda e offerta. Al contrario, oggi questa specie di scollamento, questo divorzio tra domanda e offerta sembra aver portato a quella che Marx definiva la 'sospensione del capitale ', un processo che invano cerca compensazione in 'quella ingegneria finanziaria ipertossica che, nel 2008, ha fatto esplodere la bolla dei subprime, innescando una crisi globale senza precedenti '(Marazzi, 2015). Era stato un umile genio napoletano a mettere in guardia da questa deriva.
Tanti anni fa Augusto Graziani aveva scritto che la politica valutaria di tenere stabili i cambi esteri inaugurata da Andreatta si sarebbe trasformata in Italia in una vera e propria politica industriale che avrebbe costretto gli imprenditori a riguadagnare, in termini di produttività e di contrazione del costo del lavoro, quello che prima potevano ottenere con la svalutazione differenziata. Avvisava, in altre parole, che la rinuncia alla svalutazione della lira rispetto al marco avrebbe danneggiato le esportazioni, conducendoci verso una situazione, appunto, di squilibrio fondamentale, quella situazione in cui ai paesi periferici rimane solo di ricorrere al debito per importare dai paesi esportatori, mentre i paesi esportatori fanno leva sul credito per trasformare le economie periferiche in sfiatatoi coatti per le proprie eccedenze. Troppo tardi, ora, per inveire o recriminare sul passato. Fatto sta che anche ad occhio nudo il Sud europeo si è trasformato in un corpo che pare dato in sacrificio alla moneta: una zona periferica in rapporto simbiotico al capitale come in una specie di guerra diffusa dove l'erosione del tessuto produttivo e la disperazione sociale sono le ragioni stesse del suo volgare spettacolo altrove.
Eccoci dunque in Grecia, in quella situazione di agonia che l'Economist ha equiparato a quella di depressione negli anni Trenta negli Stati Uniti, dove il rapporto debito-Pil è del 181%, la disoccupazione giovanile è al 60%, i salari sono calati del 40%, le pensioni sono state tagliate del 50%. In questa stessa Grecia l'elezione di Syriza all'inizio era parsa un miracolo. Altri molto più di me han seguito le difficoltà di un processo ricompositivo sotto l'egida di un continuo ricatto da parte dei vertici di Bruxelles. Fatto sta che al momento delle elezioni Syriza apre una falla nel discorso neo-liberale. Una specie di tubo di ossigeno. La voce del capitale, quel sofisticatissimo ordine del discorso tenuto in vita a colpi di censura, reclusione, suicidi, espulsioni, premi, incentivi, ricatti e repressione da Berlino a Washington passando per Bruxelles trova ora un controcanto nel governo di Atene. L'entusiasmo per il neo-governo greco sembra intercettare i desideri sepolti nelle viscere delle periferie europee. Al centro del dibattito è d'un tratto una verità scandalosa: il fatto che l'austerità è sbagliata. Non solo è sbagliata dal punto di vista morale: è sbagliata dal punto di vista dell'analisi economica. L'invidia della 'scienza triste 'nei confronti della fisica ha spinto il mondo a credere in un metodo scientifico 'teologico 'che difende in modo eroico modelli matematici così avulsi alla complessità sociale da richiedere una continua 'tortura dei dati 'per evitare di esserne umiliati, punge Varoufakis nei suoi scritti più belli. L'austerità è sbagliata e la Grecia sembra per un istante capace di incarnare l'alternativa in grado di sfidarla restituendo al dibattito europeo un respiro e un senso di possibilità svaniti da tempo.
Continua la lettura su minima&moralia © RIPRODUZIONE RISERVATA 17 MARZO 2015 |