Sandro Antoniazzi  
  casa-della-cultura-milano      
   
 

RIFLESSIONI SUI "DIARI" DI TRENTIN


I diari 1988 – 1994 curati da Iginio Ariemma



Sandro Antoniazzi


altri contributi:



  sandro-antoniazzi-trentin.jpg




 

Premessa

Trentin è un eminente uomo di cultura, impegnato nel sindacato. È uomo di cultura e sindacalista.

Suo padre è professore di Università e uno dei leader dell'antifascismo, nasce e vive in Francia ciò che gli consentirà sempre di avere stretti rapporti con la cultura francese (una fotografia lo ritrae ancora giovane a cena con Sartre e la Yourcenar), per finire la sua tesi frequenta per diversi mesi l'Università di Harvard, ospite di Gaetano Salvemini. Passa poi più di 10 anni all'Ufficio Studi della CGIL.

Quando nel 1962 terrà la relazione sul neocapitalismo che lo rende noto al pubblico cita molti autori americani, sconosciuti in Italia.

Questa premessa serve a dire che Trentin aveva la preparazione e la capacità per misurarsi sulle problematiche teoriche e strategiche.

 

Il contesto

I diari descrivono il crollo di un sistema, di un mondo con le sue ideologie, le sue posizioni, la sua memoria; e insieme i rapporti, le convinzioni, le responsabilità, la militanza. Crolla tutto. C'è chi lascia, chi non crede più, chi conserva qualche spezzone di ideale, chi pensa a sistemarsi, chi si riduce alla pura gestione.

Si assiste a uno sfacelo, a una decomposizione continua, quotidiana.

La crisi è partita dal comunismo e di questo soprattutto parla Trentin, ma in quegli anni con Tangentopoli scompaiono anche il PSI e la DC; dunque la CGIl è più colpita, ma la CISL non ne esce indenne; soprattutto le masse perdono gli orientamenti cui erano abituate, più nessuno parla loro dei Valori con le quali erano cresciute.

 

La posizione di Trentin

In queste condizioni Trentin cerca di ricostruire una prospettiva generale di trasformazione che riprende alcuni temi marxisti, criticandone e abbandonandone altri.

La sua è una visione strategica-politica che sostituisce quella di ieri (in particolare del partito Comunista); in questa visione è compreso il sindacato, si può dire che sia una visione che riguarda tanto la politica che il sindacato; in ogni caso il sindacato ha un ruolo centrale.

È da sottolineare che in questa iniziativa/elaborazione - compito immane e smisurato - Trentin si trova solo. Qui sta la sua delusione e il suo dramma.

 

La proposta di Trentin

Un punto fondamentale di critica di Trentin è il fatto che nella tradizione marxista si sia data priorità allo sfruttamento sull' oppressione. Sfruttamento significa formazione del valore e del plusvalore, momento economico, formazione del capitale, e in quanto tale momento interno al capitale. Ma l'oppressione dell'operaio, la sua riduzione in una condizione di inferiorità e subalternità viene prima ed è lo strumento che rende possibile lo sfruttamento. Dunque la lotta contro l'oppressione vuol dire valorizzazione del lavoro, autonomia, libertà, diritti.

Tutte le battaglie del movimento operaio sono state o per la conquista del potere - ma poi si è pensato e operato in termini esclusivamente economici (valore) - oppure per la conquista del governo, ma sempre rivendicando per i lavoratori benefici economici, benefici che assumono la veste di una politica rinunciataria e risarcitoria rispetto ai diritti e alla libertà (perché l'oppressione viene dimenticata).

Pesa su questo anche una tradizione tanto gramsciana che leninista che considera la tecnologia come un dato, una realtà immodificabile, per cui non ci sono possibilità di cambiamenti reali in azienda ( è la critica dell'accettazione gramsciana e leninista del taylorismo, come dato obiettivo ).

 

La critica al sindacato

Dalla concezione politica deriva logicamente la critica al sindacato; e direi più a Carniti perché Carniti rappresenta (è una mia opinione), una visione strettamente sindacale, cioè slegata da una prospettiva politica generale.

Le critiche sono sostanzialmente due:

1. L'impossibilità da parte del sindacato di svolgere un'azione dotata di significato senza possedere una prospettiva strategica generale, una visione della società.

2. L'inevitabile tendenza del sindacato a conformarsi con l'orientamento generale del risarcimento, dei benefici economici, rinunciando alla lotta di trasformazione della condizione di lavoro.

È evidente che la concezione di Trentin riguarda tanto la politica quanto il sindacato, l'orientamento dell'uno trascina quello dell'altro.

 

Il socialismo

Nei Diari ci sono anche interrogativi più di fondo, che ritornano spesso, ma appena accennati.

Che cosa è il socialismo (termine che Trentin usa molto più abbondantemente che comunismo)?

La risposta è chiara: Il socialismo è un processo, non un sistema. Rifiuto quindi di un modello predefinito di società. Ci sono critiche molto precise al comunismo. Il socialismo proposto è molto idealizzato-

Anche gli esempi che porta in un altro scritto a proposito di "elementi di socialismo" costituiscono obiettivi democratici e sociali pienamente condivisibili anche senza denominarli socialisti (mi riferisco al volume "La libertà viene prima" dove si citano come "elementi di socialismo": le pari opportunità, il welfare di comunità, il controllo sulla organizzazione del lavoro, la diffusione della conoscenza come strumento di libertà ).

 

La transizione

Rimane un ultimo problema su cui Trentin è esitante. È data per scontata la scelta della democrazia. Ma essa è stata considerata comunque una prospettiva di transizione, non un puro mezzo, una strada verso il socialismo. Ma via via l'idea di transizione si è andata perdendo. Come conciliare democrazia e lotta di classe? La democrazia può assorbire la lotta di classe e quindi costituire la risposta più generale?

Il PCI nella prima fase del dopoguerra aveva un'idea di transizione, ma vista soprattutto come realizzazione compiuta della democrazia liberale in un'Italia considerata ancora arretrata, ma poi non ha saputo andare oltre. Si è accettato, per ragioni di democrazia, il sistema capitalistico senza più criticare il sistema di produzione. È sfumato così man mano anche il fine.

Per Trentin quattro sono le contraddizioni che il Pci non riuscì a integrare in una nuova strategia.

1. Pace e riconversione
2. Rivolta femminile
3. Contestazione della divisione tecnica del lavoro
4. Rivolta ecologica

 

Considerazioni

1. Non si può non concordare con l'affermazione fondamentale relativa alla necessità di una nuova prospettiva politica generale che comprenda il lavoro. Se non si parla più di classe operaia, i lavoratori sono sempre milioni in Italia e miliardi (circa 4) nel mondo, ed è impossibile pensare che si possa innovare o trasformare la società senza di loro. È urgente ridare a questi lavoratori una prospettiva per cui lottare- Però, forse, la prospettiva di Trentin non è sufficiente per affrontare tutta la complessità della situazione attuale, salvo assumerla come una visione generale di democrazia destinata a crescere in una misura tale da determinare un cambiamento radicale.

2. Anche considerare la liberazione del lavoro come punto di partenza mi sembra un'affermazione da condividere. Anche qui il discorso merita forse un completamento. È utile a riguardo fare ricorso al pensiero di Axel Honneth, secondo cui il socialismo va rivisto in base a tre fattori,

a) Non esiste più un modello di società futura

b) Gli obiettivi per cui si lotta non sono solo economici, ma anche civili, di identità, ecc … (Honneth sostiene che alle origini il socialismo ha ritenuto che i diritti civili fossero acquisiti per tutti ed era necessario con la battaglia economica mettere gli operai nelle stesse condizioni delle altre persone)

c) Il soggetto non è più uno solo, il movimento operaio, ma ci sono più soggetti.

A me sembra che Trentin avesse presenti questi problemi, ma sia per priorità sia per preparazione propria si sia rivolto sostanzialmente al lavoro.

3. Socialismo, capitalismo, democrazia.

Trentin, a dire di Ariemma (curatore dei suoi scritti), rimane socialista. Per fedeltà alla sua storia, per il senso di dovere di non abbandonare la nave in pericolo, perché la sua scelta comunista era forse quella di stare dalla parte dei lavoratori. Si può anche dire che sino a quando c'è il capitalismo è giustificato il socialismo.

Però Trentin si pone seriamente il problema della democrazia che non è solo un mezzo, ma anche una prospettiva per trasformare la società, può sostituire la lotta di classe nell'affermare i diritti e la libertà. In questi appunti il problema è posto in modo interrogativo, nel libro "La libertà viene prima" c'è una più chiara affermazione a favore della democrazia. D'altra parte quando parla di "elementi di socialismo" si tratta di obiettivi democratici e sociali largamente condivisibili, si chiamino o meno socialisti.

Se per democrazia non intendiamo la democrazia rappresentativa, ma abbiamo in mente una società dove si partecipi sempre più alla pari, dove ci sia una larga possibilità di esprimersi e di realizzarsi, dove ci sia un'ampia "libertà sociale" come la definisce Honneth (cioè una libertà individuale estesa a tutti, almeno potenzialmente) questa è stesso tempo la nostra strada e il nostro ideale. E questo è un momento di grande trasformazione dove questo salto di libertà sarebbe possibile solo che fossimo preparati e osassimo batterci per un obiettivo alto, una democrazia più avanzata.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

12 GENNAIO 2018

 

 

 

Bruno Trentin. I diari 1988 – 1994

a cura di Iginio Ariemma

Edizioni Ediesse