Sergio Brenna  
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È QUESTA L'URBANISTICA CHE VOGLIAMO?


Commento al libro di Paolo Berdini



Sergio Brenna


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Chi pensasse che la lettura dell’ultimo libro di Paolo Berdini, Lo stadio degli inganni. Storia del più grande scandalo urbanistico della Roma contemporanea (DeriveApprodi, 2020) – in cui l’autore fa il punto sulla sua breve esperienza come assessore all'urbanistica della Giunta Raggi e sui motivi profondi per cui è stato indotto a dimettersi, tracciando allo stesso tempo le linee di un programma alternativo per la sua candidatura a sindaco di Roma alle prossime elezioni –, possa interessare solo chi segue le vicende politiche e urbanistiche romane si sbaglierebbe di grosso. È pur vero che la ricostruzione che Berdini fa delle varie fasi della lunga vicenda che ruota attorno alla proposta di nuovo stadio della Roma Calcio A.S.C. – sviluppatasi sin dal rapporto con la Giunta Marino/Caudo e proseguita, ancora oggi senza conclusione definitiva, con la Giunta Raggi/Berdini prima e poi, dopo le sue dimissioni, con l’assessore all’urbanistica Montuori – è così particolareggiata e ricca di documentazione che talvolta si fatica a seguirne i vari passaggi e i numerosi personaggi che vi hanno avuto un ruolo. Tuttavia, è importante l’insegnamento che se ne può trarre circa i guasti della subdolamente rinata urbanistica contrattata che anche quando si riveste di accattivanti e fantasiose denominazioni apparentemente di moderna innovatività (Accordi di programma, Programmi Integrati di Intervento-P.I.I., Legge Stadi, ecc. ecc.), è in sostanza la versione 2.0 – cioè in dimensione allargata e finanziarizzata – delle lottizzazioni contrattate in assenza di piano urbanistico generale degli anni ’50-’70. Quelle note a tutti anche grazie al bel film di Francesco Rosi del 1963, Le mani sulla città, ambientato nel contesto napoletano ma paradigmatico di una devastante condizione diffusa a livello nazionale.

Per i non romani, e in particolare per i milanesi, è soprattutto interessante notare il parallelismo inverso tra Roma e Milano sulle questioni del nuovo stadio calcistico e del riuso della vecchia Fiera: nel primo caso, l’amministrazione comunale di Roma era partita già (male) in anticipo su Milano accettando acriticamente la proposta di Roma A.S.C., di proprietà del finanziere italo-americano Pallotta, di realizzare uno stadio oltre a un milione di metri cubi di altra edificazione sulle aree dell’ex ippodromo di Tor di Valle di proprietà della immobiliare Eurnova di Luca Parnasi. Proposta arenatasi (per ora) sulla mediazione con la Giunta Raggi (senza più Berdini) che concedeva l’edificazione di uno stadio più 500.000 metri cubi di altra edificazione ma realizzando solo metà delle opere pubbliche di collegamento previste (e necessarie) – come ho fatto presente più volte, la metà di una follia non è necessariamente una cosa ragionevole: o è una mezza follia o più spesso una follia e mezza! – e sul riuso dell'ex Fiera di Roma lungo la Cristoforo Colombo. Questo sulla base di una trattativa che si basava sugli stessi indici edificatori di ex Fiera di Milano/Citylife (anche se l'area di ex Fiera di Roma è un quarto di quella di Milano, non a caso il debito con cui entrambe si sono trovate a che fare è di 200-250 milioni di Euro!). Milano ha proceduto in senso inverso: ex Fiera di Milano/Citylife con un milione di metri cubi ficcati a forza già con le Giunte Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli e portata a identica conclusione con quelle Pisapia/De Cesaris e Sala/Maran e ora a San Siro dove si prevede la realizzazione di un nuovo stadio oltre a un milione di metri cubi di altra edificazione. C'è, quindi, materia utile per riflettere non poco sul parallelismo e le analogie del comportamento cementodestra-cementosinistra quando ci si avventura su un’urbanistica che di contrattato ha ben poco essendo in realtà succube delle aspettative speculative delle proprietà fondiarie e degli investitori finanziari, a cui spesso si affida il compito di fare proposte progettuali e insediative, che ovviamente mirano soprattutto a tutelare prioritariamente la flessibilità verso il mercato, la facilità di esecuzione e la massima redditività (per alcuni, non per la collettività nel suo insieme).

Tanto per fare un esempio, quando mi sono trovato a dimorare a lungo a Roma ho voluto partecipare a titolo personale alle riunioni consultive della Giunta Marino/Caudo con i comitati cittadini sul riuso dell’ex Fiera di Roma convinto di poter offrire un contributo utile a partire dalla mia esperienza con la ex Fiera di Milano. Dopo aver illustrato le gravi contraddizioni provocate da un indice edificatorio così elevato, fissato solo per le aspettative di rendita della proprietà e tale da obbligare a realizzare edifici molto alti – a Milano le tre torri di Citylife in inverno mettono in ombra gli edifici preesistenti a nord-est per l’intero arco solare; il progetto migliore era quello di Renzo Piano per Pirelli RE che prevedeva una piastra terziaria bassa e compatta e una sola torre da 200 metri, facilmente scomponibile in quattro da 50 metri; avendo però offerto un misero 10% in meno di Citylife, pur sul doppio della base d’asta, prevalse l’ingordigia di Fondazione Fiera, col silenzio accomodante del Comune – e constatato che ciò non poteva assolutamente essere messo in discussione, proposi che nel caso di Roma almeno si obbligasse l’attuatore a realizzare gli edifici più alti a destinazione terziaria prevalentemente verso la Cristoforo Colombo, larga 80 metri, e gli edifici residenziali più bassi a ridosso dei quartieri attigui preesistenti, ma mi venne risposto pubblicamente che non si poteva condizionare così tanto la libertà imprenditoriale del futuro acquirente. Forse era solo una battuta che, tuttavia, lascia trasparire abbastanza chiaramente quali fossero gli interessi che l’amministrazione pubblica riteneva prioritari e intangibili nella trattativa. Come urbanista e ancor prima come cittadino, però, mi chiedo: è questa l’urbanistica che vogliamo?

Sergio Brenna

 

 

 

N.d.C.Sergio Brenna, già professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano.

Tra i suoi libri: De Finetti 1946-1952. L'urbanistica dilatata di un pubblico amministratore schumpeteriano (Euresis, 2003); La città: architettura e politica (Hoepli, 2004); Milano, dall'esterno e da lungi (Gangemi, 2006); La strana disfatta dell'urbanistica pubblica. Breve ma veridica storia dell'inarrestabile ma controversa fortuna del privatismo nell'uso di città e territorio (Maggioli, 2009); La strada lombarda. Progetti per una Milano città madre della propria cultura insediativa (Gangemi, 2010).

Per Città Bene Comune ha scritto: La strana disfatta dell'urbanistica pubblica (7 aprile 2016); Roma: ennesimo caso di fallimento urbanistico (10 marzo 2017); La scomparsa della questione urbanistica (16 gennaio 2020).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

30 LUGLIO 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

C. Petrognani e A. P. Oro, Paesaggi della pluralità, commento a: E. Trusiani et al. (a cura di), Paisagem cultural do Rio Grande do Sul (supplemento al n. 24/2021 di “Visioni LatinoAmericane”)

C. Diamantini, La città nella tela del ragno, commento a: R. Keeton, M. Provost, To Built a City in Africa (nai010 publishers, 2019)

L. Carbonara, Riappropriarsi delle origini (di Mogadiscio), commento al catalogo della mostra curata da G. Restaino e M. Spina

E. Scandurra, Roma, e se non capitasse niente?, Commento a: W. Tocci, Roma come se (Donzelli, 2020)

G. Demuro, Custodire la bellezza insieme, commento a: G. Arena, I custodi della bellezza (Touring Club Italiano, 2020)

A. Casaglia, L'invenzione (e l'illusione) dei confini, commento a: L. Gaeta e A. Buoli (a cura di), Transdisciplinary Views on Boundaries (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2020)

R. Pugliese, Comporre nuove urbanità, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste (Donzelli, 2018)

L. Bonesio, Dall'uso-consumo all'uso-cura del mondo, commento a: O. Marzocca, Il mondo comune (Manifestolibri, 2019)

G. Amendola, La città è fatta di domande, commento a: A. Mazzette e S. Mugnano (a cura di), Il ruolo della cultura nel governo del territorio (FrancoAngeli 2020)

C. Bianchetti, Incoraggiare rotture e nuovi germogli, commento a: Camillo Boano, Progetto Minore (LetteraVentidue, 2020)

M. Balbo, La città pensante, commento a: A. Amin, N. Thrift, Vedere come una città (Mimesis, 2020)

G. Pasqui, La ricerca è l'uso che se ne fa, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli)

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)

 

 

 

 

 

 

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