Paolo Pileri  
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CONTRASTARE IL FASCISMO CON L'URBANISTICA


Commento al libro di Michela Murgia



Paolo Pileri


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Questo libro di Michela Murgia - Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018) - si legge d'un fiato. Alla fine, però, tremi di paura e gli incubi ti vengono a visitare notte e giorno. Pagina dopo pagina ti ritrovi in una realtà che mai avresti pensato (ma un po' sospettato sì), dove il fascismo c'è e non lo riconosci, ti parla e non lo senti, ti conquista ora dopo ora anche se pensi di esserne immune. Michela Murgia mischia le carte da gioco in modo impressionante e quel che ne viene fuori è una tinta incolore dove progressisti, democratici, liberali viaggiano tutti sul bordo vertiginoso dell'atteggiamento fascista, che è cosa forse peggiore dell'essere fascisti (quelli con divisa e stemmi nell'armadio). Molte parole, molti discorsi, molti modi di fare, molte rappresentazioni, molte piccole prevaricazioni dei potenti hanno libera circolazione tra tutti noi e arrivano da un modo di pensare, di stare al mondo, di relazionarsi con gli altri che non raramente rischiano di prendere i tratti somatici del fascismo. Di fatto. È davvero così o è la Murgia che esagera prendendosi gioco di noi? C'è davvero questo strisciante fascismo nell'aria? Anche nei cosiddetti democratici?

L'Autrice porta così tanti esempi e così tante dimostrazioni convincenti che alla fine non capisci più chi è chi. Il bozzolo del fascismo assomiglia a quello delle tignole del grano, piccole farfalline che a un certo punto trovi nel sacchetto di farina, senza capire da dove sono entrate. Eppure sono entrate e hanno ammalorato tutta la farina. Entrano con le parole più normali a cui non facciamo più caso: è il linguaggio il vettore di contagio preferito dall'atteggiamento fascista, "l'infrastruttura culturale più manipolabile che abbiamo". Le parole formano il codice con il quale ci parla chi ci dirige, dal nostro luogo di lavoro fino al Governo, e con cui finiamo di parlare anche noi. "Le parole generano dei comportamenti e chi controlla le parole controlla i comportamenti". Le parole sono anche quelle che ascoltiamo dai politici, nei dibattiti TV, leggiamo nei tweet, in alcune nostre riunioni di lavoro, sono scritte nelle leggi e perfino nei piani urbanistici. Michela Murgia parte proprio da qui, dal virus più popolare e pericoloso con il quale viviamo ogni giorno. Da oltre due decenni abbondanti i linguaggi della politica si sono contratti al punto da divenire slogan violenti che ci hanno disabituato ad approfondire gli argomenti e abituati a sfiduciare chi invece li approfondisce prendendosi il tempo necessario. I cosiddetti 'competenti', persone o istituzioni che pensano con la loro testa, sono stati fatti fuori da questo uso disinibito e aggressivo di slogan e tweet, più teso a sbeffeggiare che a spiegare, più attento a svilire che ad apprezzare chi sa, più pronto a fermare i volenterosi che a spronarli, soprattutto se appartiene al settore pubblico. "Occorre minare ogni principio di autorevolezza tra i pareri […] affinché vero e falso non siano più distinguibili in base a chi li afferma […] per farlo sarà essenziale demolire le figure pubbliche che hanno un'autorità morale o scientifica". L'arte della demolizione di saperi e istituzioni è atteggiamento fascista e, purtroppo, è un abusato comun denominatore in larga parte della politica di questi ultimi venticinque anni dove ha contato più la fedeltà religiosa all'ideologia che il pensiero libero e critico.

Ma non è solo la politica a essersi infettata, il contagio ha preso istituzioni, amministrazioni e pure le scuole, i centri di ricerca e le università con i loro uomini. Gli uomini pubblici sono stati pian piano sgretolati e alcuni, dobbiamo dirlo, hanno troppo facilmente rinunciato ad opporsi preferendo mediazioni e comodità e una quotidianità meno vasta dell'ambizione che il loro ruolo richiede e più opaca delle visioni che potrebbero accendere. Forse senza rendersene conto o forse per calcolo spiccio, anche molti intellettuali, professori, studiosi e uomini pubblici che si dichiarano antifascisti, di fatto sono 'pre-fascisti' con il loro silenzio, il loro mancare di coraggio e autonomia e la loro obbedienza al manovratore. È pur vero che mai come in questi ultimi anni la figura dell'intellettuale devoto alla verità e al pensiero libero è stata ridicolizzata ripetendoci che quelli lì sono solo "quelli che pensano di sapere più degli altri". E così l'ignoranza si arrampicava in cima al podio di massima autorità culturale.

Michela Murgia riesce a dare voce alle pieghe mute di quel che all'apparenza non è fascismo, ma lo innesca spettacolarmente, senza che noi lo riconosciamo dal nero delle camicie e dall'inflessione nazista. Azzerare la dignità di chi studia, di chi si forma all'ombra delle biblioteche, di chi vuole fare l'insegnante con una laurea in ingegneria, di chi ha davvero le competenze, significa che chi è al potere ha deliberatamente deciso in questi anni cosa è la verità indipendentemente da cosa lo sia davvero, visto che non ha bisogno di costoro e della verità di cui sono portatori. E così si continua a fare ancora oggi, da una parte e dall'altra dell'arena politica e sociale. La verità è divenuta "un dato politico, non un dato di realtà, e quindi chi governa la politica, governa sempre anche la verità". Per ottenere questo risultato è stato usato lo strumento sistematico della distrazione, utilissimo a sviare chiunque dalle questioni vere. Chi in questi anni non ha usato la distrazione come strumento politico? Chi tra destra, movimenti, centro e sinistra non si è sperticato nel trovare sempre un nemico da incolpare sul quale concentrare il 90% delle attenzioni? Tutti costoro. È diventata talmente raffinata l'astuzia con cui distrarre cercando un capro espiatorio catalizzante che siamo tutti divenuti più incapaci di farci domande su ciò che origina corruzione, migrazione, disoccupazione, malattie. La distrazione consente solo di fissarsi sul presente senza fare riflessioni sul passato, senza chiedersi perché. Distrarre e banalizzare sono forme astute di fascismo. Forme che hanno dei complici nelle umiliazioni della scuola e dell'università. Quando si parla di scuola e della sua esigenza di finanziamenti, spesso ci si riduce a parlare di edilizia scolastica, di tecnologie, di buttare le materie classiche per far posto a quelle utili per lavorare, di introdurre corsi professionalizzanti e eliminare quelli che insegnano a pensare. Addirittura si celebrano i self-made man senza studi alle spalle mostrandogli, a mo' di conforto, che chi ha una laurea in mano ciondola per le città e alla fine deve andarsene all'estero. Pezzi di un puzzle che solo quando hai terminato di montare riconosci come rappresentazione 'pre-fascista'.

Ragionare, riflettere, prendersi il tempo per approfondire, distinguere le cause dalle conseguenze sono tutte pratiche troppo democratiche e troppo faticose per resistere all'usura di questo tempo che ha fatto della forza, dell'ignoranza e della velocità la cifra di ogni relazione tra potere e popolo. Meglio gridare, meglio usare verbi all'infinito ("affondare", "asfaltare", "rimuovere con la ruspa", "rottamare"), meglio nascondersi dietro a parole inglesi o addirittura lasciarsi andare all'uso di tutte quelle espressioni offensive che vanno da "capra" a "cagna", "verme", "squalo", "gufo", "parassita", "maiale". La pratica della denigrazione sistematica, che il fascismo ha usato massimamente con l'ignominia delle leggi razziali, o quella dell'indifferenza, o quella dell'attribuzione di colpe 'a prescindere' o quella del dipingere un tale come nemico così da rimuoverlo dalla scena pubblica senza discussione, oggi sono usate da tanti e in diversi recinti di appartenenza politica. È fascismo questo? Per la Murgia lo è, perché quel che conta è l'atteggiamento più dell'appartenenza. L'appartenenza può essere perseguita, l'atteggiamento no. Ma è ugualmente nocivo.

Poi ci sono i soldi. Il denaro. La grana. Altro tema straordinariamente di impatto e molto praticato dal fascista in pectore. Il denaro è concreto e istantaneo. Non richiede ragionamenti e riflessioni. Né attese e formazione. Non appena lo ricevi lo usi e quando lo usi, anche senza rendertene conto, ringrazi chi te lo ha dato e ossequi chi te lo ha regalato. "Promettere un aiuto concreto e istantaneo alle persone in difficoltà è un dovere del fascismo". Le riforme devono essere così: gli 80 euro in busta paga o la cancellazione della tassa sulla casa sono subito e per sempre. Altro che temi ecologici e ambientali, buoni per quelli che non sanno cosa fare, che amano la teoria, che hanno tempo da perdere. Altro che progetto di città, rigenerazione urbanistica, periferie e inclusione sociale o cose del genere che sono difficili da capire, che richiedono tempo e cambi di cultura e che usano parole ed espressioni incomprensibili e impronunciabili come "resilienza" o "adattamento climatico" o "mitigazione ecologica" o "mobilità dolce". E poi con i soldi ti tieni buone le classi alte e questo ti aiuta a rimanere al potere. Per loro c'è la flat tax. Per loro c'è lo sportello urbanistico per l'impresa. Per le loro richieste di ampliamento o nuovi capannoni c'è sempre la porta aperta e il modo di fare. Basta noiose spiegazioni, solo slogan convincenti, spot colorati o qualche fumetto che tutti capiscono: e il gioco è fatto. Il denaro fresco e immediato è sempre stata un'arma vincente del fascismo, secondo Michela Murgia, e mette tutti d'accordo. Pensate invece se la politica lanciasse un programma per aprire cinquecento nuove biblioteche. Se ogni mattina annunciasse un nuovo parco. Se invitasse ogni fine settimana a usare la bicicletta o se stabilisse lo stop a ogni consumo di suolo. Riderebbero tutti. Con il denaro la politica si fa seria. E poi piace persino ai radical chic che ultimamente si sono parecchio dati da fare nel tenere in esercizio il populismo, che è poi la versione fascista del più impegnativo termine 'popolare'. I radical chic non sono fascisti per la Murgia, ma sono instancabili e inconsapevoli supporter. Individualisti fino al midollo, anche se a parole si sperticano in difesa dell'equità, le loro battaglie - secondo l'autrice - sono di contorno e non di sostanza. Persone disposte a spendersi per alleviare le conseguenze di alcune politiche ma pochissimo interessate a studiarne le cause per modificarle radicalmente. La parola "radicale" non è da loro. E poi il rischio è che a occuparsi delle cause ci si ritrova a dovere cambiare se stessi, sigh! "I radical chic, in una parola, non muoveranno mai un dito contro l'organizzazione dei fattori economici da cui dipende la loro condizione". Ognuno pensi alla sua città e a dove i democratici radical chic hanno vinto e tragga le sue conseguenze. C'è rischio di dare una prova alla teoria di Michela Murgia.

Questo libro usa la leggerezza di linguaggio per allarmarci di una deriva più grave di quella che vogliamo ammettere. Non è e non sarà un libro amato. Ma sarebbe bene leggerlo. Anche noi urbanisti dovremmo farlo visto che la decisione sul futuro di ogni città la accompagniamo noi al traguardo. Visto che siamo noi spesso a stare al fianco di chi decide. Il progetto di città e dell'abitare è anch'esso una forma che può respingere di netto o replicare forme di 'pre-fascismo', persino quei progetti che sbandierano la partecipazione come antidoto a ogni prevaricazione (perché sappiamo bene che non è affatto sempre così). Le forme striscianti con cui il 'pre-fascismo' può infettare il nostro progettare sono tante e occorre rimanere svegli per riconoscere ogni giorno le mutazioni genetiche del virus. Occorre dire dei no, che poi sono sì alla libertà e all'equità. Occorre, insomma, mettere legna nel caminetto del pensiero critico e tenersi in tasca la Carta Costituzionale anche quando si fa urbanistica. È lei il nostro antidoto più efficace.

Paolo Pileri

 

 

N.d.C. - Paolo Pileri, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, è tra gli ideatori e animatori del progetto Vento: proposta di dorsale cicloturistica tra Venezia e Torino considerata parte integrante del sistema nazionale della ciclabilità turistica. Cura la rubrica 'Piano Terra' della rivista "Altreconomia". Tra i suoi libri: Interpretare l'ambiente (Alinea, 2002); Compensazione ecologica preventiva (Carocci, 2007); con E. Granata, Amor loci: suolo, ambiente, cultura civile (Cortina, 2012); con A. Giacomel e D. Giudici, Vento: la rivoluzione leggera a colpi di pedale e paesaggio (Corraini, 2015); Che cosa c'è sotto: il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (Altreconomia, 2015 e 2016); 100 parole per salvare il suolo (Altreconomia, 2018); con A. Giacomel, D. Giudici, R. Moscarelli, C. Munno e F. Bianchi, Ciclabili e cammini per narrare territori. Arte design e bellezza dilatano il progetto di infrastrutture leggere (Ediciclo 2018).

Per Città Bene Comune ha scritto: Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica (2 dicembre 2015); Se la bellezza delle città ci interpella (10 febbraio 2017); La finanza etica fa bene anche alle città (3 novembre 2017); L'urbanistica deve parlare a tutti (21 settembre 2018); Udite, udite: gli alberi salvano le città! (9 novembre 2018).

Sui libri di Paolo Pileri, v.: Bernardo De Bernardinis, Per una nuova cultura del suolo (28 ottobre 2016); Roberto Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio (12 ottobre 2018);

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

21 MARZO 2019

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

powered by:
DASTU (Facebook) - Dipart. di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2013: programma/present.
2014: programma/present.
2015: programma/present.
2016: programma/present.
2017: programma/present.
2018: programma/present.
2019: programma/present.
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019:

M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)

M. Balbo, "Politiche" o "pratiche" del quotidiano?, commento a E. Manzini, Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità, 2018)

P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)

C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)

F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)

I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)

G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)

M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)

G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

 

 

 

 

 

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