Fausto Carmelo Nigrelli  
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SENZA SGUARDO TERRITORIALE LA RIPRESA FALLISCE


Commento al libro curato da Anna Marson



Fausto Carmelo Nigrelli


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Leggere il bel volume curato da Anna Marson per Quodlibet, Urbanistica e pianificazione nella prospettiva territorialista, dopo la prima pandemia del XXI secolo e l’avvio del dibattito sbrigativamente definito “sul post-Covid-19” è un’esperienza intellettuale quasi straniante. Gran parte delle questioni che la crisi ecologico-epidemica sta ponendo in tutto il mondo, e particolarmente in Italia, dal punto di vista di chi si occupa di territorio sono già presenti nelle riflessioni contenute nel libro che sono state scritte quando nessuno immaginava che saremmo stati costretti a questa esperienza. E il fatto che la questione dell’ancoraggio territoriale delle scelte economiche strategiche che il programma Next Generation EU, il Mes e gli altri programmi straordinari messi in campo dalla Ue per far ripartire l’Europa, continui a essere del tutto esclusa dal dibattito pubblico avviluppato attorno ai soli numeri, mostra quanto sia stata pervasiva e invasiva la narrazione iperliberista dell’ultimo trentennio. Al centro della riflessione collettiva, piuttosto, dovrebbe esserci un’indispensabile visione per il futuro che non può che essere costruita a partire dal perseguimento di un deciso riequilibrio territoriale tra aree forti e deboli all’interno dei poli metropolitani, ma soprattutto tra questi e le cosiddette “aree interne”.

La concezione dello spazio euclideo, omogeneo e isotropo, esclusivamente merce, ha un ruolo non secondario – secondo quanto emerge da numerosi studi sulle origini della pandemia da Sars-CoV-2 – almeno per due ragioni: la massiccia deforestazione in atto soprattutto in Asia (dove si è sviluppato il primo focolaio), in America Latina e in Africa e la iperconcentrazione metropolitana che provoca, tra l’altro, l'eccessiva produzione di polveri sottili nell’atmosfera favorendo, pare, la trasmissibilità della malattia (1). Ma cosa c’entra questo ragionamento con un volume che propone una riflessione corale sulle esperienze di pianificazione esplicitamente riferite al paradigma territorialista? C’entra perché la pandemia ha fatto emergere l’Italia ‘scartata’, quella parte significativa della superficie nazionale (circa due terzi) che è stata sacrificata al mito dei grandi poli metropolitani di livello internazionale a cui, da almeno trent’anni, è stato affidato il compito di driver unici dello sviluppo. E le qualità di questo territorio – tra le altre cose, le migliori condizioni ambientali e le risorse di socialità – stanno indicando una possibile strategia per il futuro, in coerenza della quale dovrebbero essere utilizzati i fondi dell’Unione Europea. Una strategia di riequilibrio territoriale, innanzitutto, che si potrebbe realizzare attraverso azioni specifiche, ma convergenti rispetto all’obiettivo di ridurre il gap tra ambiti urbani più forti e quelli marginali, tra territori metropolitani e aree interne, tra regioni centro-settentrionali e Mezzogiorno. Si tratterebbe, così, di una messa in discussione radicale del modello economico e, conseguentemente, territoriale che, da decenni, ha visto le città e il territorio come merci e la competitività prevalere sull’abitabilità dei luoghi. Ma si tratterebbe anche di un percorso che non appare possibile nell’attuale quadro politico orientato, piuttosto, a una manutenzione del modello iperliberista, con un più o meno tenue ritorno della centralità dello Stato, la principale vittima della destrutturazione imposta dal modello economico vincente.

L’approccio territorialista, esemplarmente sintetizzato nel saggio introduttivo di Anna Marson, si rivela comunque utile, se non indispensabile, come necessaria integrazione di riflessioni e proposte che emergono da altri settori e gruppi di ricerca, tra questi il Forum Diseguaglianze Diversità. In effetti, la (forse volatile) attenzione posta sulle aree interne – d’accordo: l’espressione non è particolarmente significativa poiché mette insieme aree con caratteristiche affatto diverse, ma comunque è ormai entrata nel lessico comune e rende comprensibile ciò di cui si parla – si basa proprio sull’importanza del patrimonio territoriale non ancora unanimemente colto come un differenziale di qualità a vantaggio di queste ultime rispetto alle cosiddette ‘aree forti’. Il compito dell’approccio territorialista diventa dunque quello di favorire questa consapevolezza, di rendere condiviso il riconoscimento del patrimonio territoriale in una forma di maieutica per le comunità, ma che allo stesso tempo dovrebbe coinvolgere prima di tutto la classe dirigente nazionale. “La solitudine politica dell’individuo ridotto a consumatore e la distruzione dello spazio pubblico (sia nella sua dimensione fisica che culturale e sociale) [come lo smantellamento del sistema territorializzato del welfare, nda] alimentano una nuova domanda di comunità e di interazioni significanti con i luoghi” osserva Anna Marson e le esperienze presentate nel volume ne sono una prova.

La pandemia potrebbe (il condizionale è d’obbligo) rendere pervasiva questa domanda di comunità che è emersa chiaramente sia nelle piccole e medie città sia nelle metropoli, ma che potrebbe rivelarsi solo un’effimera conseguenza del confinamento. Ed è a questo punto che l’ampia sperimentazione di stampo territorialista che si è contrapposta, e si contrappone, alla mercificazione dominante del territorio, in cui si costruisce progressivamente un rapporto di fiducia reciproca e di coprogettualità tra istituzioni e attori sociali (comunità), diventa un patrimonio di sapere ‘esperto’ indispensabile. Perché anche la più probabile opzione che prevede piccoli aggiustamenti al modello liberista dovrà, comunque, esprimere delle fratture rispetto ad alcune derive che riguardano in particolare tre assetti strategici del welfare: sanità, istruzione e accessibilità fisica e digitale. Qui si corre ovviamente il rischio di ripetere gli errori del passato che – sia nel caso in cui si è fatto ricorso alla pratica di pianificazione come attività sottoposta esclusivamente a una verifica endoprocedimentale sia nel caso, sempre più frequente, in cui si è derogato anche da essa – hanno prodotto scelte insediative svincolate dalla domanda che proveniva dai territori, rispondenti solo a logiche eterodirette e prive di una visione legittimante che non fosse quella della massima redditività in tempi brevi. In ogni caso, anche se una pianificazione in posizione ancillare rispetto al modello iperliberista è stata correa degli effetti di “degrado, inquinamento, abbandono, sfruttamento del territorio” (Barbanente), tanto una scelta di radicale distacco da questo modus operandi quanto una di stampo di tipo ‘continuista’ necessiterebbero di un ripensamento del ruolo della disciplina.

Nella situazione emergenziale attuale, il problema diventa dunque la sottovalutazione dell’importanza di una visione territoriale nelle scelte strategiche per il futuro della nazione e l’assenza o, nel migliore dei casi, l’insignificanza delle riflessioni degli urbanisti e dei pianificatori dal dibattito pubblico sul post-Covid. Da questo punto di vista, l’approccio territorialista rappresenta un punto di partenza significativo per una riflessione che deve confrontarsi con numerosi nuovi problemi, tra i quali, a titolo esemplificativo, possiamo evidenziarne almeno tre. Il primo è quello dei tempi: la strutturazione di pratiche di partecipazione delle comunità alle scelte implica spesso tempi lunghi non compatibili con la rapidità d’intervento oggi richiesta. Il secondo è quello del livello del confronto tra comunità e istituzione che non può fermarsi a quella locale, ma si estende a quella nazionale titolare della visione strategica. Il terzo è quello della sempre più diffusa afasia delle comunità, soprattutto nelle aree interne e soprattutto nel Mezzogiorno, acuita, in questo caso, dalla massiccia migrazione di buona parte dei giovani più proattivi. Il testo conclusivo, affidato al ‘padre’ dell’approccio territorialista, Alberto Magnaghi, ancorché venato da una nostalgia per il federalismo, mai – per fortuna – davvero nato in Italia, mostra con evidenza quanto sarebbe importante che la strategia per la ripartenza si avvalesse di queste competenze costruite sul campo, se non altro perché «il quadro delle conoscenze, nella sua complessità e dilatazione multidisciplinare, è divenuto essenziale per definire le regole genetiche e di trasformazione del territorio e per l’attivazione di modelli socioeconomici integrati a base territoriale» (p. 154).

Sembra che l’intervento europeo a supporto delle economie continentali devastate dal lockdown della primavera 2020 metta disposizione dell’Italia una somma mai vista dal dopoguerra ad oggi, destinata probabilmente in buona parte alla digitalizzazione del Paese e a dare concretezza al Green New Deal. Sta già circolando anche un elenco di oltre cinquecento progetti che andrebbero a utilizzare le risorse del Recovery Fund – tralascio il mio giudizio negativo su un approccio che parte dai progetti che si trovano nei cassetti anziché da una visione e da una strategia per individuarli – che suscitano numerose questioni e che, per ragioni diverse, si intrecciano con una dimensione territoriale del tutto trascurata:

- potenziare e migliorare l’efficienza dei grandi ospedali-fabbrica dei sistemi metropolitani che hanno fagocitato il sistema dei piccoli nosocomi di comunità – e che, in alcuni casi, sono stati dei virulenti cluster della pandemia – oppure ricostruire e rivitalizzare la rete di country hospitals in stretta connessione con i servizi sanitari territoriali?

- Perseverare nella burocratizzazione del lavoro degli insegnanti di ogni ordine e grado e nella concezione forzatamente aziendalista della scuola che ha prodotto esiti estremi come quelli di dirigenti scolastici responsabili di diverse scuole in numerosi centri anche molto distanti tra loro, o restituire la parità di condizione territoriale ai giovani che abitano in Italia, a prescindere dalla loro residenza?

- Spingere nella digitalizzazione 5G in cento città, o dare priorità alle aree più periferiche del Paese per accrescere la loro attrattività per le attività produttive e creative?

- Concentrare gli investimenti sui trasporti nelle grandi opere come il ponte sullo Stretto, o ricostruire la rete stradale secondaria devastata dal progressivo disimpegno dello Stato che è culminato con lo svuotamento delle province senza avere creato un'alternativa?

A queste e ad altre domande il Paese è chiamato a rispondere in questi mesi. Farlo senza coinvolgere la disciplina della pianificazione del territorio - e, soprattutto, senza utilizzare come prezioso strumento di supporto all’elaborazione delle scelte l’approccio territorialista sintetizzato nel volume - rischia di mancare l’obiettivo che dovrebbe essere centrale: il ripensamento generale del modello economico e insediativo della nazione.

Fausto Carmelo Nigrelli

 

 

 

Note

1) Xiao Wu and Rachel C. Nethery, COVID-19 PM2.5 A national study on long-term exposure to air pollution and COVID-19 mortality in the United States, Harvard University, https://projects.iq.harvard.edu/covid-pm.

 

 

 

N.d.C.Fausto Carmelo Nigrelli, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Catania, è presidente della Struttura Didattica Speciale di Siracusa per il quadriennio 2021-2024. Ha insegnato alla Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Messina e tenuto lezioni presso la Facoltà d’Architettura dell’Università di Palermo, l’Università Iuav di Venezia, l’Ecole d’Architecture de Nantes, la Universidad de Malaga, l’Ecole d’Architecture de Toulouse. Ha fatto parte del collegio dei docenti di diversi dottorati di ricerca, ha diretto il Centro di Documentazione e Studi sulle Organizzazioni complesse ed i Sistemi locali (CeDoc) dell’Università di Catania ed è membro della Giunta della Scuola superiore di Architettura dell’Università di Catania. Dal 2018 è Directeur d’Etudes Associé della Fondation Maison des Sciences de l’Homme, Parigi per temi di ricerca che riguardano il progetto urbano.

Tra i suoi libri: Percorsi del progetto urbano in Francia e in Italia 1960-1997 (Officina, 1999); (a cura di), Metropoli immaginate (Manifestolibri, 2001); (a cura di), Il senso del vuoto. Demolizioni nella città contemporanea (Manifestolibri, 2005); (a cura di), Giovanni Campo, Nella città d'utopia. Scritti per Catania (1992-1993 e 1997-2001) (Università degli Studi di Catania, Dipartimento Astra, 2007); (a cura di) con C. Mancuso e F. Martinico, I piani territoriali paesaggistici nella provincia di Enna (Istituto Nazionale di Urbanistica, 2009); con M. R. Vitale, Piazza Armerina. Dalla villa al parco (Biblioteca del Cenide, 2010); con G. Bonini, (a cura di), I paesaggi della Riforma agraria. Storia, pianificazione e gestione (Edizioni Ist. Alcide Cervi, 2017); Lo spazio perduto. Trasformazioni urbane e modernizzazione a Piazza Armerina nel 19. secolo (FrancoAngeli, 2019). Ha curato i volumi di prossima uscita: Paesaggi scartati. Risorse e modelli per i territori fragili, (Manifestolibri, 2020); Fiume Gela e villa romana del Casale. Anabasi come progetto territoriale (Quodlibet, 2020); La rivincita dello spazio sul tempo. Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19. Riflessioni di 10 urbanisti (titolo provvisorio), (Quodlibet, 2020).

Sul libro oggetto di questo commento, v. anche: Paolo Baldeschi, La prospettiva territorialista alla prova (18 settembre 2020).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

30 OTTOBRE 2020

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

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Le conferenze

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2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

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- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

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2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020:

G. Pasqui, La Storia tra critica al presente e progetto, commento a: C. Olmo, Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

F. Lazzari, Paesaggi dell'immigrazione in Brasile, commento a: D. Rigatti, E. Trusiani, Architettura e paesaggio in Serra Gaúcha (Ed. Nuova Cultura, 2017)

F. de Agostini, De carlo e l'ILAUD: una lezione ancora attuale, commento a: P. Ceccarelli (a cura di), Giancarlo De Carlo and ILAUD (Fondazione Ordine Architetti Milano, 2019)

P. O. Rossi, Modi (e nodi) del fare storia in architettura, commento a C. Olmo (a cura di), Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

A. Mela, La città e i suoi ritmi (secondo Lefebvre), commento a: H. Lefebvre, Elementi di ritmanalisi, a cura di G. Borelli (Lettera Ventidue, 2019)

P. Baldeschi, La prospettiva territorialista alla prova, commento a: (a cura di) A. Marson, Urbanistica e pianificazione nella prospettiva territorialista (2020)

C. Magnani, L'architettura tra progetto e racconto, commento a: C. Olmo, Progetto e racconto (Donzelli, 2020)

F. Gastaldi, Nord vs sud? Nelle politiche parliamo di Italia, commento a: A. Accetturo e G. de Blasio, Morire di aiuti (IBL, 2019)

R. Leggero, Curare l'urbano (come fosse un giardino), commento a: M. Martella, Un piccolo mondo, un mondo perfetto (Ponte alle Grazie, 2019)

E. Zanchini, Clima: l'urbanistica deve cambiare approccio, commento a: M. Manigrasso, La città adattiva (Quodlibet, 2019)

A. Petrillo, La città che sale, commento a: C. Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

A. Criconia, Pontili urbani: collegare territori sconnessi, commento a: L. Caravaggi, O. Carpenzano (a cura di), Roma in movimento (Quodlibet, 2019)

F. Vaio, Una città giusta (a partire dalla Costituzione), commento a: G. M. Flick, Elogio della città? (Paoline, 2019)

G. Nuvolati, Città e Covid-19: il ruolo degli intellettuali, commento a: M. Cannata, La città per l’uomo ai tempi del Covid-19 (La nave di Teseo, 2020)

P. C. Palermo, Le illusioni del "transnational urbanism", commento a: D. Ponzini, Transnational Architecture and Urbanism (Routledge, 2020)

V. Ferri, Aree militari: comuni, pubbliche o collettive?, commento a: F. Gastaldi, F. Camerin, Aree militari dismesse e rigenerazione urbana (LetteraVentidue, 2019)

E. Micelli, Il futuro? È nell'ipermetropoli, commento a: M. Carta, Futuro. Politiche per un diverso presente (Rubbettino, 2019)

A. Masullo, La città è mediazione, commento a: S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

P. Gabellini, Suolo e clima: un grado zero da cui partire, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

M. Pezzella, L'urbanità tra socialità insorgente e barbarie, commento a: A. Criconia (a cura di), Una città per tutti (Donzelli, 2019)

G. Ottolini, La buona ricerca si fa anche in cucina, commento a: I. Forino, La cucina (Einaudi, 2019)

C. Boano, "Decoloniare" l'urbanistica, commento a: A. di Campli, Abitare la differenza (Donzelli, 2019)

G. Della Pergola, Riadattarsi al divenire urbano, commento a: G. Chiaretti (a cura di), Essere Milano (enciclopediadelle
donne.it, 2019)

F. Indovina, È bolognese la ricetta della prosperità, commento a: P. L. Bottino, P. Foschi, La Via della Seta bolognese (Minerva 2019)

R. Leggero, O si tiene insieme tutto, o tutto va perduto, Commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Ciacci, Pianificare e amare una città, fino alla gelosia, commento a: L. Mingardi, Sono geloso di questa città (Quodlibet, 2018)

L. Zevi, Forza Davide! Contro i Golia della catastrofe, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

G. Pasqui, Più Stato o più città fai-da-te?, commento a: C.Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

M. Del Fabbro, La casa tra diritto universale e emancipazione, commento a: A. Tosi, Le case dei poveri (Mimesis, 2017)

A. Villani, La questione della casa, oggi, commento a: L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L'Italia senza casa (FrancoAngeli, 2018)

P. Pileri, Per fare politica si deve conoscere la natura, commento a: P. Lacorazza, Il miglior attacco è la difesa (People, 2019)

W. Tocci, La complessità dell'urbano (e non solo), commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

S. Brenna, La scomparsa della questione urbanistica, commento a: M. Achilli, L'urbanista socialista (Marsilio, 2018)

L. Decandia, Saper guardare il buio, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia (Donzelli 2018)

 

 

 

 

 

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