Roberto Tadei  
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SI PUÒ COMPRENDERE LA COMPLESSITÀ URBANA?


Commento al libro di Cristoforo S. Bertuglia e Franco Vaio



Roberto Tadei


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Gli autori de Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019) - Cristoforo Sergio Bertuglia e Franco Vaio - avevano già trattato il tema della complessità nelle scienze della natura e della società nei loro precedenti volumi (1). In questo caso, mai come prima d'ora, siamo però di fronte a un trattato scientifico di una profondità, accuratezza ed importanza difficilmente eguagliabili. Gianfranco Dioguardi - studioso e imprenditore di grande spessore scientifico e culturale - nella prefazione definisce questo libro una "nuova 'enciclopedia' del sapere sulla città e sui problemi che in essa emergono" (p. 8). Concordiamo pienamente con questa definizione. Bertuglia e Vaio sono infatti riusciti nel difficile compito di presentare e integrare fra loro concezioni sociologiche, filosofiche, antropologiche ed economiche della città. Il filo conduttore che lega queste diverse concezioni della città è quello della complessità, che deriva dalla dinamica dei sistemi e, più in generale, dall'evoluzione e trasformazione, esogena ed endogena, delle diverse forme di vita. La città è vista qui come un esempio di sistema sociale complesso e molte delle considerazioni, analisi e conclusioni che gli autori propongono hanno una validità generale che supera i confini dei sistemi urbani e dei sistemi sociali, sino a toccare campi che interessano potenzialmente ogni aspetto del vivere umano. Per questo motivo, riteniamo che questo libro sia di grande interesse non solo per gli urbanisti o gli studiosi del fenomeno urbano, ma per tutti coloro che hanno a cuore la comprensione e lo studio dei meccanismi di formazione e di evoluzione di sistemi complessi nei campi più diversi.

Il libro di Bertuglia e Vaio - come sostengono giustamente gli stessi autori - tratta non tanto e non solo della complessità del sistema urbano, ma della complessità "dell'individuo, delle percezioni e delle sensazioni che egli riceve dall'ambiente in cui è immerso" (p. 167). In questo senso, crediamo di poter affermare, senza rischio di esagerazioni, che in quest'opera si riconoscono alcuni dei valori fondanti del Rinascimento italiano, periodo culturale e sociale che ha posto l'individuo al centro del mondo ed ha individuato la comprensione delle leggi che regolano l'universo, e quindi in sintesi lo studio della complessità dell'universo, come uno dei principali obiettivi dell'umanità. Ho avuto modo di conoscere a fondo e di frequentare per molti anni Cristoforo Sergio Bertuglia, che ho avuto come mio maestro e guida all'inizio della mia attività scientifica negli anni '70 e poi come co-autore in numerosi lavori successivi. Ho apprezzato molti aspetti del suo agire, ma credo che l'aspetto che più mi ha colpito e più ho apprezzato sia la sua grande curiosità scientifica e la capacità di aprire nuovi e stimolanti filoni di ricerca, attorniandosi ed interagendo con scienziati di tutto il mondo. Anche in questo suo comportamento possiamo riconoscere importanti valori rinascimentali! Conosco meno bene Franco Vaio, ma ho sempre apprezzato molto la sua profonda cultura ed il suo interesse nello studiare i sistemi sociali, che sono chiaramente sistemi complessi, utilizzando l'approccio scientifico della fisica. Sulla possibilità di costruire una "fisica della società" ritorneremo nel seguito.

Il libro inizia con un'analisi delle trasformazioni dei sistemi urbani negli ultimi due secoli. Al contrario di come ci si potrebbe attendere, non è questa un'analisi storica, bensì l'individuazione di "alcuni punti di svolta delle dinamiche endogene dell'evoluzione di alcune concezioni della città-sistema complesso" (p. 164). In questa parte, è interessante la discussione sul concetto di 'ritardo nel sistema' (concetto proprio della dinamica dei sistemi) e in particolare del ritardo che caratterizza i sistemi urbani rispetto a nuove situazioni sociali ed economiche, quali ad esempio il cambiamento delle regole dell'interazione sociale, la crescente domanda di sicurezza e la maggiore consapevolezza ambientale. Gli autori osservano che "sono gravemente in ritardo proprio le strutture politiche e amministrative che tali nuove situazioni sociali ed economiche hanno il compito di governare" (p. 165): un tema a cui gli autori potrebbero proficuamente dedicare un loro prossimo libro!

Bertuglia e Vaio discutono poi dei contributi che sociologia, filosofia e antropologia hanno fornito e forniscono alla comprensione del sistema urbano complesso. Questa loro monumentale opera offre molti utili spunti di riflessione e pone necessariamente ulteriori interrogativi agli studiosi. Tra le altre cose è interessante anche l'analisi delle interazioni tra singolo individuo, osservatore di un sistema complesso e sistema complesso stesso. Siamo in presenza di tre tipi di complessità: quella intrinseca del sistema, quella del sistema come viene percepita dall'osservatore e quella propria dell'osservatore. Ci si potrebbe chiedere se veramente esistono tutti e tre questi tipi di complessità. Esiste effettivamente una complessità intrinseca del sistema o il sistema non è propriamente un sistema complesso, ma viene percepito come tale a causa dell'inadeguatezza dell'osservatore? Questa inadeguatezza potrebbe, a sua volta, essere la naturale causa del fatto che, come rilevano gli autori, non esista tuttora una matematica in grado di descrivere efficacemente i sistemi sociali (p. 169, ma anche p. 642)? È l'osservatore effettivamente un sistema complesso? Se sì, come potremmo descriverlo ed analizzarlo? Qual è la relazione tra livello micro (individuale) e livello macro (sociale) nello studio della complessità?

Questa discussione sui vari tipi di complessità evoca, a nostro avviso, un interessante parallelismo con la teoria della complessità computazionale e con il problema tuttora aperto delle classi P e NP. Tale problema, noto anche come problema "P è uguale a NP?", assieme alla congettura di Hodge, all'ipotesi di Riemann e ad altri quattro importanti problemi matematici, costituisce uno dei sette 'Millennium Problems' proposti nel 2000 dal Clay Mathematics Institute (2000). Potremmo effettivamente affermare, e quindi dimostrare, che non esiste alcun algoritmo polinomiale in grado di risolvere tutti i problemi della classe NP e quindi anche la sottoclasse dei problemi NP-completi (considerati tra i più difficili problemi decisionali esistenti)? O viceversa, potremmo dimostrare che esiste almeno uno di tali algoritmi? In quest'ultimo caso, grazie all'equivalenza in termini di complessità dei problemi NP-completi, tutti i problemi della classe NP verrebbero risolti in tempo polinomiale e quindi P sarebbe uguale a NP. La domanda che ora ci poniamo è questa: l'assenza delle dimostrazioni sopra dette implica che esistono effettivamente, nel primo caso (o che non esistono nel secondo caso), problemi intrinsecamente complessi (NP-completi) o piuttosto che, finora, non siamo stati capaci di dimostrare nessuna delle due sopra dette congetture, a causa dell'inadeguatezza dell'osservatore, e nulla possiamo dire sull'effettiva complessità dei problemi?

Secondo ISI Foundation (2019), "la scienza dei sistemi complessi sviluppa sia teorie per l'analisi di fenomeni complessi sia metodi per estrarre informazione dai dati, andando oltre ai metodi di data mining e machine learning, utilizzando un approccio topologico e categoriale". Seguendo Rasetti, Merelli (2015), ci potremmo chiedere "ha senso pensare di costruire una teoria che analizzi i sistemi complessi come la meccanica statistica ha analizzato in passato la termodinamica?". O ancora, è possibile utilizzare alcuni principi della meccanica statistica per l'analisi dei sistemi complessi? Non esiste, a nostra conoscenza, una risposta precisa a queste domande. La sensazione più diffusa è che ciò sia alquanto improbabile, a causa - come sostengono Rasetti e Merelli (2015) - delle assunzioni su cui si basa la meccanica statistica, che non risultano valide nella teoria dei sistemi complessi, tra queste: l'ergodicità del sistema, le equazioni di moto e la ripetibilità dell'esperimento a parità di condizioni iniziali.

Esiste però una caratteristica dei sistemi complessi che può essere proficuamente utilizzata per una migliore comprensione del loro funzionamento: i dati e, in particolare, i cosiddetti "big data". Grazie alle attuali tecnologie ICT (Information and Communication Technologies), ad ogni individuo è associabile un insieme enorme di dati, che ne tracciano il comportamento. Analizzando ed interpretando queste grosse moli di dati potremmo arrivare a comprendere meglio le interazioni tra le diverse entità sociali ai vari livelli: individui, aggregazioni di individui, istituzioni, enti e sistemi sociali. Si potrebbe cioè immaginare, come sostengono Caldarelli, et al. (2018), la possibilità di costruire una "fisica della società", cioè la possibilità di descrivere la società, composta da entità eterogenee fra loro interagenti, come un sistema fisico. Questo approccio implicherebbe, naturalmente, importanti risvolti etici, ma fornirebbe la possibilità di comprendere e prevedere meglio il comportamento umano, caratterizzato da incertezza, emotività ed irrazionalità.

Crediamo che, in una società fortemente globalizzata come la nostra e caratterizzata e forgiata da 'big data', la scienza dei sistemi complessi possa fornire utili strumenti di comprensione dei fenomeni economici, sociali e ambientali che sono propri non solo dei sistemi urbani, ma di tutti i sistemi sociali alle diverse scale territoriali. "Le rivoluzioni tecnologiche esigono oggi più che mai un cittadino consapevole, capace di giudizio e produttore di sapere. Per vincere la sfida della democrazia nella società della conoscenza, la comunicazione scientifica deve diventare lingua comune della nuova cittadinanza" (Biennale della democrazia, 2019). Riteniamo che la citazione di cui sopra, tratta da Biennale della democrazia 2019, manifestazione culturale promossa dalla Città di Torino e realizzata dalla Fondazione per la Cultura Torino, bene introduca l'interessante parte del libro che gli autori hanno voluto dedicare a Politica della città, partecipazione e autorganizzazione assistita (p. 303 e segg.). Qual è il significato di "pubblico", quale la sua evoluzione, quando le persone che condividono uno spazio fisico diventano un pubblico (p. 313)? Come si sviluppa l'opinione pubblica (p. 314)? Qual è il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa (p. 315)?

Sempre in questa parte del libro viene affrontato l'interessante tema di bene pubblico e bene comune (pp. 317 e segg.). "Il concetto di bene comune è più ampio di quello di bene pubblico e in un certo senso lo trascende…" (p. 318). Emerge chiaramente come la città vada considerata un bene comune, bene caratterizzato non solo dal "welfare sociale, ma anche da innumerevoli aspetti legati sia alla forma fisica sia alla forma, diciamo così, spirituale della città… aspetti legati al senso di identità e di appropriazione dello spazio urbano" (p. 326). La città come bene comune diventa quindi quel luogo che ha, come sostiene Rodotà (2012), "come funzione precipua il soddisfacimento dei diritti fondamentali dell'individuo" (p. 328). Recentemente, Riboldazzi (2018) chiaramente definisce il ruolo della città, del territorio, del paesaggio e dell'ambiente come quelle entità che devono "essere considerate per quanto possibile un bene comune la cui fruizione e gestione non può che avvenire, almeno in linea di principio, responsabilmente da parte di ciascun cittadino e, in ogni caso, facendo in modo che l'interesse collettivo prevalga su quello individuale". Da quanto sopra deriva l'importanza della presenza di forme di democrazia, sia diretta sia delegata, volte a consentire la consapevolezza e la fruibilità dei beni comuni e "a gettare le basi per la formazione di un pensiero critico e di una cultura urbanistica diffusi che mettano, almeno idealmente, ogni cittadino nelle condizioni di scegliere e agire liberamente" (Riboldazzi, 2018).

Con riferimento a questo tema, gli autori del libro sottolineano l'importanza di una "integrazione fra forme differenti di democrazia diretta, come la democrazia partecipata o la democrazia deliberativa, e forme di democrazia delegata" (p. 333). Secondo Habermas (1981), la democrazia diretta necessita di una rete per comunicare informazioni e opinioni (p. 349). La domanda che ci poniamo è ora la seguente: la presenza di una rete di questo tipo, che oggi potremmo individuare nelle varie "social network" e piattaforme presenti su Internet, può essere considerata oltre che condizione necessaria anche condizione sufficiente a garantire un'autentica democrazia diretta? Le reti, che alcuni movimenti politici hanno negli ultimi anni adottato ed a cui ricorrono per consultare i propri aderenti, invitandoli ad esprimersi su decisioni da prendere o per validare decisioni già prese, garantiscono effettivamente trasparenza, partecipazione democratica e sicurezza nel trattamento dei dati?

Vorremmo concludere il discorso relativo al bene comune, discutendo un bene, ancora poco conosciuto, ma che a nostro avviso è da considerare come un importante bene comune, destinato ad avere un grande impatto sulla vita di tutti noi nel futuro: la scienza aperta ("open science"). Con questo termine si intende quella scienza che rende disponibili e trasparenti i processi di produzione, validazione, disseminazione e valutazione della ricerca scientifica, attraverso la verifica e la riproducibilità della ricerca stessa. Questo concetto è ben espresso nel discorso tenuto da Carlos Moedas - Commissario europeo alla Ricerca, Scienza e Innovazione alla Conferenza 'A new start for Europe: Opening up to an ERA of Innovation', Bruxelles, 22-23 giugno 2015 (Moedas, 2015). Recentemente, la Commissione Europea ha individuato 8 punti che caratterizzano la scienza aperta: il futuro dell'editoria scolastica, i dati FAIR (Findable, Accessible, Interoperable, Reusable), l'European Open Science Cloud, l'istruzione e le competenze, i premi e gli incentivi, le metriche di nuova generazione, l'integrità della ricerca e la scienza dei cittadini. In particolare, quest'ultimo punto, "la scienza dei cittadini", ci rimanda immediatamente a quanto gli autori scrivono nelle loro conclusioni: "guardare con fiducia allo sviluppo di una 'scienza della città', nel cui ambito si unifichino cultura umanistica e cultura scientifica, che la nostra tradizione occidentale, da pochi secoli, semplicisticamente e indebitamente separa… Nostro intendimento è recare un contributo a questo processo di unificazione culturale, affinché esso, tra le moltissime altre cose a cui può essere riferito, sia anche alla base del futuro sviluppo urbano" (pp. 651-652). Anche in questo caso, è facile riconoscere alcuni dei valori rinascimentali a cui facevamo riferimento precedentemente.

Il libro termina con ben cinque postfazioni, scritte da personalità di grande rilievo del mondo accademico, politico ed economico italiano (2). Desideriamo, in particolare, citare una di queste: Sulla città postindustriale e il nuovo capitalismo di Salvatore Rossi, Direttore generale della Banca d'Italia e Presidente dell'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (pp. 672-674). Rossi fa particolare riferimento a una parte importante del libro dedicata al tema dell'economia nella città globale (pp. 546 e seguenti). In quelle pagine, gli autori sostengono che "gli effetti sulle città e sulle economie urbane della riorganizzazione del sistema produttivo, seguita all'apertura di nuovi mercati e all'innovazione tecnologica, sono stati di enorme portata" (p. 546). Tale portata, evidenzia Rossi, si manifesta in una nuova distribuzione spaziale delle attività economiche e nella finanziarizzazione dell'economia che, a differenza di quanto prospettato dagli autori, sembra non essere tra le ragioni principali del declino della città industriale. La domanda che viene posta da Rossi è la seguente: "Il declino della città industriale del XIX e XX secolo implica il declino della città stessa?" (p. 673). La risposta che lui stesso dà è però confortante: l'importanza della città, in futuro, sarà dovuta "non più alla produzione di beni, ma a quella delle idee" (p. 673). Le città produttive e prospere saranno quelle capaci di trasformarsi da hub di produzione di beni fisici ad hub di produzione di conoscenza e di idee originali ed innovative. La città ideale sarà quella che riuscirà quindi ad integrare al suo interno "produttori di beni ad alto valore aggiunto assieme con fornitori di servizi ad alta intensità di conoscenza" (p. 674).

Crediamo che vi sia qui un grande spazio per una nuova concezione di cultura della conoscenza e quindi anche di Università. In un recente volume, De Martin (2017) individua cinque sfide globali per l'Università del futuro: la democrazia, l'ambiente, la tecnologia, l'economia e la geopolitica (p. 5). È significativo il fatto che, prima di analizzare nel dettaglio le cinque sfide, l'autore faccia la seguente osservazione: "Vi è un tema trasversale che attraversa tutte le nostre analisi e intorno al quale avremmo potuto articolare un percorso alternativo a quello che poi abbiamo prescelto, ovvero la città. Il processo di urbanizzazione, infatti, continua velocemente in tutto il mondo... La città è uno dei grandi temi dei prossimi decenni, uno snodo in cui troviamo presenti in maniera evidente tutte e cinque le sfide globali" (p. 6).

Concludiamo questo nostro commento al libro di Cristoforo Sergio Bertuglia e Franco Vaio ringraziando gli autori per l'approfondito ed esaustivo lavoro di ricerca da loro fatto. Da esso emergono con forza la grande intelligenza e la profonda cultura degli autori, oltre al rigoroso metodo scientifico da loro adottato. Auspichiamo che i giovani che leggeranno quest'opera possano trarre profitto non solo dai suoi contenuti, ma anche e soprattutto dalla lezione scientifica e di vita magistralmente fornita.

Roberto Tadei

 

 

 

Note
1) C.S. Bertuglia, F. Vaio (a cura di), La città e le sue scienze, 4 voll., Angeli, Milano, 1997. C.S. Bertuglia, F. Vaio, Non linearità, caos, complessità. Le dinamiche dei sistemi naturali e sociali, Bollati Boringhieri, Torino, 2003 (n. ed. 2007); C.S. Bertuglia, F. Vaio, Complessità e modelli. Un nuovo quadro interpretativo per la modellizzazione nelle scienze della natura e della società, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.
2) Postfazioni di Guido Bodrato, Vezio De Lucia, Enrico Giannetto, Salvatore Rossi, Edoardo Salzano.

 

 

Riferimenti bibliografici

- Biennale della democrazia, 2019. Tecnica e conoscenza. Una sfida per la democrazia. https://nexa.polito.it/biennale-democrazia-2019. [Online] [Consultato il giorno 2 05 2019].
- Caldarelli, G., Wolf, S., Moreno, Y., 2018. Physics of humans, physics for society. "Nature Physics", 14 (870).
- Clay Mathematics Institute, 2000. https://www.claymath.org/. [Online] [Consultato il giorno 2 05 2019].
- De Martin, J. C., 2017. Università futura - Tra democrazia e bit. Torino: Codice Edizioni.
- Habermas, J., 1981. Theorie des kommunikativen Handelns, Band I: Handlungsrationalität und gesellschaftliche Rationalisierung, Band II: Zur kritik der funktionalistischen Vernunft, Suhrkamp, Frankfurt a. M. (ed. it. Teoria dell'agire comunicativo, Vol. I: Razionalità nell'azione e razionalizzazione sociale, Vol. II: Critica della ragione funzionalista, il Mulino, Bologna 1986).
- ISI Foundation, 2019. https://www.isi.it/en/research/mathematics-foundation-of-complex-systems. [Online] [Consultato il giorno 2 05 2019].
- Moedas, C., 2015. Speech: Open Innovation, Open Science, Open to the World. https://www.europa-nu.nl/id/vjuzkm91ctvr/nieuws/speech_open_innovation_open_science_open?ctx=vivx6fystwz8. [Online] [Consultato il giorno 2 05 2019].
- Rasetti, M., Merelli, E., 2015. The Topological Field Theory of Data: a program towards a novel strategy for data mining through data language. Journal of Physics: Conference Series, 626 (012005).
- Riboldazzi, R., 2018. Che cos'è Città Bene Comune. Ambiti, potenzialità e limiti di un'attività culturale http://casadellacultura.it/707/che-cos-egrave-citt-agrave-bene-comune. [Online] [Consultato il giorno 2 05 2019].
- Rodotà, S., 2012. Beni comuni: una strategia globale contro lo human divide, in M. R. Marella (a cura di), Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, Ombre Corte, Verona, 311-32.

 

 

N.d.C. Roberto Tadei è professore ordinario di Ricerca Operativa presso il Politecnico di Torino. Le sue principali aree di ricerca sono trasporti, logistica e localizzazione ottima su reti. È autore di oltre 200 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, atti di conferenze e monografie.

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


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31 MAGGIO 2019

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

powered by:
DASTU (Facebook) - Dipart. di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019:

C. Saragosa, Aree interne: da problema a risorsa, commento a. E. Borghi, Piccole Italie (Donzelli, 2017)

R. Pavia, Questo parco s'ha da fare, oggi più che mai, commento a: A. Capuano, F. Toppetti, Roma e l'Appia (Quodlibet, 2017)

M. Talia, Salute e equità sono questioni urbanistiche, commento a: R. D'Onofrio, E. Trusiani (a cura di), Urban Planning for Healthy European Cities (Springer, 2018)

M. d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto, commento a: M. A. Crippa e F. Zanzottera, Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2017)

A. Villani, È etico solo ciò che viene dal basso?, commento a: R. Sennett, Costruire e abitare. Etica per la città (Feltrinelli, 2018)

P. Pileri, Contrastare il fascismo con l'urbanistica, commento a: M. Murgia, Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018)

M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)

M. Balbo, "Politiche" o "pratiche" del quotidiano?, commento a E. Manzini, Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità, 2018)

P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)

C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)

F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)

I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)

G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)

M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)

G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

 

 

 

 

 

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