Paolo Pileri  
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L'OSSESSIONE DI DIFENDERE IL SUOLO (E NON SOLO)


Commento al libro di Simona Vinci



Paolo Pileri


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Ora anche l'eccesso di urbanizzazione, e quindi il consumo di suolo, ha il suo romanzo tascabile. Siamo entrati nella letteratura. In modo triste, ma ci siamo. Il titolo è eloquente: Rovina (Einaudi, 2019) ed è la storia di un bel campo agricolo che diventa l'ennesima area residenziale, totalmente inutile.

Simona Vinci - l'autrice - non c'entra nulla con l'urbanistica. La conosciamo per quel successo che è stato Dei bambini non si sa niente (Einaudi, 2018). Non ha una formazione da architetto, da ingegnere, da urbanista. È semplicemente una cittadina curiosa che non affoga le sue domande nell'idea che ogni cantiere è sempre e comunque una buona cosa, l'indice di una economia in ripresa o la rappresentazione della forza del 'fare'.

Simona Vinci, come dice di sé, è una che è andata a piedi lungo la via Emilia con la macchina fotografica al collo e un bloc-notes in mano per "spiare il cambiamento", le sue forme, le sue contraddizioni, i dolori che dà, i paesaggi che cancella, le fragilità che calpesta, quelle di cui si nutre e quelle che, al contempo, genera e vomita nel futuro. Simona è fiera di scoprire di essere una donna che si indigna davanti a quella roba là. È fiera che la sua indignazione non si sia addormentata, ma anzi l'aiuti a riconoscere il senso delle cose urbane, al di là di quello che si vorrebbe leggessimo in quelle stesse cose. Il suo romanzo - lo avete capito - è ambientato sulla via Emilia che paradigmaticamente rappresenta uno dei luoghi notevoli italiani per l'accumulo di centinaia di scempi urbanistici negli ultimi trenta anni, cosa che purtroppo è successa lungo tante altre strade italiane. Una specie di lunga esposizione del peggio che, ovviamente, non ha evitato di attirare a sé anche la corruzione e la criminalità organizzata con le sue mafie, come si racconta nel libro.

Il fatto che questo sia accaduto nella 'rossa' Emilia, che molti credevano immune dal degrado perché aveva i piedi ben piantati nei suoi valori di sinistra e in una grande tradizione urbanistica progressista (che pur c'è stata), sconvolge ancor di più. Ma il cemento ha sfondato anche quelle ideologie che, erroneamente, si pensava essere sostenibili per statuto. Invece non esistono statuti senza volontà e senza cultura ambientale. E quest'ultima non nasce né dal caso, né dal comprare qualche aggettivo green al bancone del marketing urbanistico. La sostenibilità deve essere un codice di pensiero e di azione, robusto e socializzato, che oggi - oggi che vi è urgenza - dovrebbe avere la forma di un'ossessione (e vedrete poi perché uso questa parola). In posti sventrati dal cemento e resi irriconoscibili agli stessi abitanti, com'è stato lungo la via Emilia, le persone che non si indignano, non vogliono capire. Così, secondo Simona Vinci: bisogna "indignarsi di continuo" e non una volta ogni tanto. Se si mette a tacere l'indignazione, il suo posto sarà preso dalla vorace "abitudine" che tutto ingoia senza fatica, ma al carissimo prezzo di farci divenire "complici, in qualche modo".

In questo piccolo romanzo (solo 128 pagine), organizzato in una serie di dialoghi che paiono rivolti a un giudice nel suo atto di domandare agli indagati come sono andate le cose, sono raccontati i risvolti di una delle tante, tantissime, vicende giudiziarie di corruzione, circonvenzione di incapaci, intimidazione e interessi mafiosi in affari urbanistici ed edilizi. Cose che, purtroppo, sono molto più frequenti di quanto emerga dalle cronache e spesso non si tratta neppure di reati se, come intuisce Simona Vinci, un attimo prima una "pianificazione urbanistica compiacente" ha sistemato le cose a dovere. Un'urbanistica che anziché proteggere suolo e paesaggio in modo chiaro, riempie la testa della gente di parole come SPRAWL, RUE, POC, PUA, pianificazione territoriale, perequazione urbanistica, speculazione edilizia, mandandola in confusione. E intanto, complice l'incomprensione, un altro prato della via Emilia diviene cantiere, cava, centro commerciale, area logistica, parcheggio, residence Villaggio Nuova Aurora da 108 appartamenti, come quello del romanzo.

I personaggi di Simona li conosciamo bene noi urbanisti: un vecchio agricoltore che non coltiva più il suo campo; una figlia che fa altro e non sente più l'attaccamento alla terra ma accarezza più facilmente l'idea di realizzare un bel po' di soldi; il geometra che la seduce e convince a vendere; la coppia che vuole casa ma che non può permettersela in città e si convince che quella soluzione con giardino a 'soli' 5 km fa per loro (soprattutto perché comprabile con un piccolo anticipo e un grande mutuo); un assessore che viene minacciato e che subito cede accettando di far diventare edificabile un'area; un urbanista compiacente che provvede a fare la variante; un tecnico comunale che dà il suo ok fotocopiando gli atti con la testa rivolta dall'altra parte; le imprese che si fanno scudo di lavoratori extracomunitari (mal pagati e ricattati); il boss mafioso e i rifiuti mescolati al cemento; il professionista locale che spera nel gran salto. È un presepe corrotto che muove i suoi tentacoli inseguendo l'unica stella cometa che riconosce: i soldi.

Sicuramente il presepe che ci mostra Simona Vinci è un estremo pungente di una situazione che non può (e non è per fortuna) essere la realtà di sempre e di ogni dove, ma solo una esagerazione che però ci dice che qualcosa si è rotto davvero. La compressione dei fatti e dei personaggi è una evidente trovata letteraria per acuire qualcosa che nella realtà esiste, ma non sempre così violentemente anche se - attenzione - a volte agisce con linguaggi e metodi più sofisticati e persuasivi e quindi ancor meno riconoscibili di quelli che racconta Simona. Eppure non possiamo negare che storie urbanistiche come quella del Villaggio Nuova Aurora ne esistono e ne sono esistite in cento, mille e forse più situazioni in Italia. E non sono nate dal caso ma anche da noi urbanisti, noi architetti, noi tecnici, noi politici. Per anni e anni un'urbanistica che dietro di sé "non lascia tracce, ma solo segni di deterioramento" ha calcato la scena pubblica e l'immaginario privato, spalmando ostinate croste di cemento ovunque, come diceva Antonio Cederna che Simona cita e ringrazia di essere vissuto senza strozzare le sue parole in gola.

Alla fine non so dire se il romanzo di Simona sia bello come un romanzo tradizionale. So dire che è un grido civile. So dire che è la testimonianza di una sensibilità che non ce la fa più a tenere tutto dentro ed esplode. So dire che è la cartolina di un modo di pensare e fare l'urbanistica e immaginare lo sviluppo che è incivile e deve finire. So dire che ci sta dicendo che manchiamo di coraggio. So dire che nei nostri piani e nelle nostre leggi c'è troppo spazio dentro cui si può infilare la corruzione e la malavita. So dire che sono contento che sia un non urbanista a dire certe cose perché così forse noi le ascolteremo, perché leggere questo piccolo romanzo è come ascoltare uno che legge le parole che abbiamo stampate sulla nostra pelle ma che non riusciamo a leggere. Per noi - noi urbanisti, architetti, ingegneri, geometri, imprenditori, politici e amministratori - certe cose fanno parte del gioco (non certo l'illegalità, sia chiaro), mentre Simona da là fuori ci sta dicendo che sono diventate insopportabili, che bisogna fare qualcosa e presto.

Per Simona è un'ossessione insopportabile. Lei non ha paura di essere apostrofata ossessiva-compulsiva (noi sì), anzi secondo lei il problema è proprio che "se non ci lasciamo ossessionare da mostruosità del genere, TUTTO finirà nel cemento", con la parola TUTTO scritta volutamente in maiuscolo. Ora, facilmente qualcuno si permetterà di dire che la Vinci è ossessionata e le ossessioni non sono cosa buona, quindi è meglio lasciar perdere. A questi rispondo di pensarci meglio, prima di dire così perché dopotutto non può sfuggire loro che anche continuare ad accendere le betoniere per cementificare campi e prati è un'ossessione. E pure continuare a sfornare piani regolatori infarciti di aree urbanizzabili inutili è un'ossessione. Continuare ad avere ottomila comuni che decidono del suolo come fossero ottomila isole nel Pacifico è una stupida ossessione. È lo è anche quella di ostinarsi a non approvare una legge nazionale seria contro il consumo di suolo o di non svuotare i nostri piani da aree urbanizzabili che giacciono lì da decenni e che non hanno più senso. È un'ossessione scrivere leggi che fingono di fermare il consumo di suolo usando parole incomprensibili che non cambiano le cose, se non in peggio. Stare zitti davanti al degrado paesaggistico che continua a mordere la bellezza che rimane, è un'ossessione. Apostrofare di terrorismo ambientale chi solleva le questioni ecologiche e le vorrebbe in cima all'agenda urbana è una ossessione.

Tante sono le ossessioni che non vogliamo vedere e che lasciamo lavorare con successo evitando di disturbarle con altre ossessioni, quelle che dovrebbero avere cittadinanza nei nostri discorsi e nello scrivere le nostre politiche. Io preferisco stare con le ossessioni di Simona e spero che tanti altri, dopo questo librino che si legge in due ore, si aggiungano a questa schiera di eco-ossessionati. Per sempre.

Paolo Pileri

 

 

 

N.d.C. - Paolo Pileri, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, è tra gli ideatori e animatori del progetto Vento: proposta di dorsale cicloturistica tra Venezia e Torino considerata parte integrante del sistema nazionale della ciclabilità turistica. Cura la rubrica 'Piano Terra' della rivista "Altreconomia". Tra i suoi libri: Interpretare l'ambiente (Alinea, 2002); Compensazione ecologica preventiva (Carocci, 2007); con E. Granata, Amor loci: suolo, ambiente, cultura civile (Cortina, 2012); con A. Giacomel e D. Giudici, Vento: la rivoluzione leggera a colpi di pedale e paesaggio (Corraini, 2015); Che cosa c'è sotto: il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (Altreconomia, 2015 e 2016); 100 parole per salvare il suolo (Altreconomia, 2018); con A. Giacomel, D. Giudici, R. Moscarelli, C. Munno e F. Bianchi, Ciclabili e cammini per narrare territori. Arte design e bellezza dilatano il progetto di infrastrutture leggere (Ediciclo 2018).

Per Città Bene Comune ha scritto: Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica (2 dicembre 2015); Se la bellezza delle città ci interpella (10 febbraio 2017); La finanza etica fa bene anche alle città (3 novembre 2017); L'urbanistica deve parlare a tutti (21 settembre 2018); Udite, udite: gli alberi salvano le città! (9 novembre 2018); Contrastare il fascismo con l'urbanistica (21 marzo 2019).

Sui libri di Paolo Pileri, v.: Bernardo De Bernardinis, Per una nuova cultura del suolo (28 ottobre 2016); Roberto Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio (12 ottobre 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

25 OTTOBRE 2019

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

powered by:
DASTU (Facebook) - Dipart. di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019:

E. Scandurra, Periferie oggi, tra disuguaglianza e creatività, commento a A. Petrillo, La periferia nuova (FrancoAngeli, 2018)

G. Tonon, Città: il disinteresse dell'urbanistica, commento a: I. Agostini, E. Scandurra, Miserie e splendori dell'urbanistica (DeriveApprodi, 2018)

F. Indovina, Un giardino delle muse per capire la città, commento a: G. Amendola - Sguardi sulla città moderna (Dedalo, 2019)

D. Demetrio, Per un camminar lento, curioso e pensoso, commento a: G. Nuvolati, Interstizi della città (Moretti&Vitali, 2018)

G. Nuvolati, Scoprire l'inatteso negli interstizi della città, commento a: C. Olmo, Città e democrazia (Donzelli, 2018)

P. C. Palermo, Oltre la soglia dell'urbanistica italiana, commento a: P. Gabellini, Le mutazioni dell'urbanistica (Carocci, 2018)

S. Vicari Haddock, Le periferie non sono più quelle di una volta, commento a: A. Petrillo, La periferia nuova (FrancoAngeli, 2018)

G. Consonni, La rivincita del luogo, commento a: F. Erbani, L'Italia che non ci sta (Einaudi, 2019)

D. Patassini, Urbanistica per la città plurale, commento a: G. Pasqui, La città, i saperi, le pratiche (Donzelli, 2018)

C. Cellamare, Roma tra finzione e realtà, commento a: E. Scandurra, Exit Roma (Castelvecchi, 2019)

P. Briata, Con gli immigrati per capire città e società, commento a: B. Proto, Al mercato con Aida (Carocci, 2018)

S. Viviani, Urbanistica: e ora che fare?, Commento a: P. Gabellini, Le mutazioni dell'urbanistica (Carocci, 2018)

C. Tosco, Il giardino tra cultura, etica ed estetica, commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Padovani, La questione della casa: quali politiche?, commento a: G. Storto, La casa abbandonata (Officina, 2018)

P. Burlando, Strategie per il (premio del) paesaggio, commento a: Paesaggio e trasformazione (FrancoAngeli 2017)

P. Pileri, Suolo: scegliamo di cambiare rotta, Commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli 2019)

A. Petrillo, Oltre il confine, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

L. P. Marescotti, Urbanistica e paesaggio: una visione comune, commento a: J. Nogué, Paesaggio, territorio, società civile (Libria, 2017)

F. Bottini, Idee di città sostenibile, Prefazione a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

M. Baioni, Urbanistica per la nuova condizione urbana, commento a: A. Galanti, Città sostenibili (Aracne, 2018)

R. Tadei, Si può comprendere la complessità urbana?, commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

C. Saragosa, Aree interne: da problema a risorsa, commento a. E. Borghi, Piccole Italie (Donzelli, 2017)

R. Pavia, Questo parco s'ha da fare, oggi più che mai, commento a: A. Capuano, F. Toppetti, Roma e l'Appia (Quodlibet, 2017)

M. Talia, Salute e equità sono questioni urbanistiche, commento a: R. D'Onofrio, E. Trusiani (a cura di), Urban Planning for Healthy European Cities (Springer, 2018)

M. d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto, commento a: M. A. Crippa e F. Zanzottera, Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2017)

A. Villani, È etico solo ciò che viene dal basso?, commento a: R. Sennett, Costruire e abitare. Etica per la città (Feltrinelli, 2018)

P. Pileri, Contrastare il fascismo con l'urbanistica, commento a: M. Murgia, Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi, 2018)

M. R. Vittadini, Grandi opere: democrazia alle corde, commento a: (a cura di) R. Cuda, Grandi opere contro democrazia (Edizioni Ambiente, 2017)

M. Balbo, "Politiche" o "pratiche" del quotidiano?, commento a E. Manzini, Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità, 2018)

P. Colarossi, Progettiamo e costruiamo il nostro paesaggio, commento a: V. Cappiello, Attraversare il paesaggio (LIST Lab, 2017)

C. Olmo, Spazio e utopia nel progetto di architettura, commento a: A. De Magistris e A. Scotti (a cura di), Utopiae finis? (Accademia University Press, 2018)

F. Indovina, Che si torni a riflettere sulla rendita, commento a: I. Blečić (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo (FrancoAngeli, 2017)

I. Agostini, Spiragli di utopia. Lefebvre e lo spazio rurale, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018)

G. Borrelli, Lefebvre e l'equivoco della partecipazione, commento a: H. Lefebvre, Spazio e politica (Ombre corte, 2018); La produzione dello spazio (PGreco, 2018)

M. Carta, Nuovi paradigmi per una diversa urbanistica, commento a: G. Pasqui, Urbanistica oggi (Donzelli, 2017)

G. Pasqui, I confini: pratiche quotidiane e cittadinanza, commento a: L. Gaeta, La civiltà dei confini (Carocci, 2018)

 

 

 

 

 

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