Giancarlo Consonni  
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UNA CITTÀ VISIONARIA PER CATTURARE L'INCANTO


Commento al libro di Nicola Dal Falco



Giancarlo Consonni


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Nicola Dal Falco ha pubblicato per i tipi di Marietti Un viaggio alla Scarzuola. La città ideale di Tomaso Buzzi, corredato da 30 disegni di Fabrizio Foti e introdotto da una poesia che ho scritto per l’occasione. La presenza di un mio testo consiglierebbe che mi astenessi dal prendere la parola in pubblico sul volume. Ma, come si vedrà, quelle che seguono sono brevi note a margine del libro.

 

Dal 1956 fino alla morte, Tomaso Buzzi (Sondrio 1900 - Rapallo 1981) è impegnato nell’impresa di accostare un giardino delle meraviglie a un luogo fondato da San Francesco nel 1218 nel territorio umbro di Montegabbione (Tr). Mentre la scelta degli elementi naturali – per lo più distese erbose e cipressi – risponde all’intento di conseguire un’aura di sacralità, l’artificio imprime al ‘giardino’ valenze multiple facendone insieme un congegno scenico avente per tema una città visionaria a contatto con la natura e una macchina narrativa.

Buzzinda (come lo stesso Buzzi chiama la sua “città”) si affida a un dispiegamento di forme desunte da un repertorio sia classico che anticlassico e di simboli e racconti attinti per lo più dalla mitologia greca (o da sue rivisitazioni) e mescolati a riferimenti esoterici (il tutto è molto ben indagato da Nicola Dal Falco): un insieme strabordante di spazi e di elementi architettonici in cui si potrebbe veder rispecchiato un «egotismo sfrenato» (l’espressione è dello stesso Buzzi, 14 marzo 1970) o, comunque, quanto di più distante, almeno in apparenza, dall’insediamento preesistente.

Sia pure rimaneggiata nel corso del tempo, la Scarzuola francescana conserva le tracce di una tensione interiore che sa farsi ascesi (dove, come è noto, assieme al superamento di ogni tentazione mondana, la contemplazione del Creato è il percorso per arrivare alla contemplazione dell’«Altissimu, onnipotente, bon Signore»).

Quanto invece alla Scarzuola di Buzzi, essa è insieme un teatro di ossimori e di rovesciamenti. Nelle intenzioni dell’architetto valtellinese, l’orgia di manufatti scaturiti dalla sua immaginazione sfrenata (sorretta, va detto, da una vastissima cultura), e plasmati nel tufo dalle maestranze di Montegabbione, è destinata ad assumere le caratteristiche di un guscio vuoto: una cavità teatrale dove alla fine la congerie di forme e di elementi simbolici non è che un involucro esteriore. O, se si vuole, il reperto archeologico di un desiderio sconfinato che, anche grazie all’azione del tempo e della natura, mette in scena il dissolversi della vanitas vanitatum (Qohelet). In tal modo, con ammiccante autoironia, Buzzi trova la strada per erigere, insieme, il mausoleo di sé stesso e un monumento all’«infinita vanità del tutto» (Giacomo Leopardi): un modo, certo singolare, per tentare, alla fine, di ritrovarsi in compagnia del Poverello di Assisi.

Gli appunti che il progettista ha lasciato, oltre a dire delle sue intenzioni, forniscono una sorta di commento/guida all’opera realizzata, che, alla verifica dei fatti, si dimostra del tutto affidabile: «La Scarzuola – annota Buzzi – è fatta per le formiche, le lucertole al sole o per permettere alle lumache di fare dei percorsi argentei sulle pietre, ai bachi da seta per star nei loro bozzoli e produrre i loro nobili fili, alle api per accogliere in alveari architettonici il loro miele, alle farfalle, ai grilli, alle cicale, anzi alla ciandelline, le tante del sole adoratrici». Così Buzzinda, anche grazie all’opera del tempo sul tufo arrendevole, si sublima in ironia giocosa fino a farsi, a suo modo, lode petrosa al Creato. Un rovesciamento che consente al traboccante, lussurioso delirio neobarocco profuso da Buzzi di affiancarsi al cantico francescano e ritrovare con esso una sintonia.

È bene diffidare di quanto gli artefici dicono delle loro opere, ma, a conti fatti, non si può non riconoscere che le annotazioni dell’architetto valtellinese hanno solidi elementi di verità. Come laddove scrive «Quando qualcuno – ingenuo, ignaro, innocente, ignorante – mi osserva che tutta la mia città Buzziana non è francescana, dimentica che può essere, a suo modo in pietra il cantico delle creature, con Sora acqua e terra e fiori e Sole e Luna, e animali e persone. Arte, Poesia e Musica, uccelli, nuvole, cielo, stelle: non tanto i Fioretti, quanto il Cantico delle Creature, trascritto in termini architettonici in cui le pietre parlano: “te saxa loquuntur”. Non un finto francescanesimo, ma un trionfale inno al creato e alla creatura» (luglio 1970).

Una simile traiettoria – o, se vogliamo, avventura stilistica – sarebbe piaciuta, credo, a un Giovanni Testori, ammiratore del Gran Teatro Montano e di Gaudenzio Ferrari (un mondo quello dei Sacri monti, che il progettista della Scarzuola aveva ben presente).

 

Non pago di stupire il visitatore con le sue mirabolanti invenzioni, Buzzi dissemina perle nei suoi appunti; come quando definisce la sua creatura umbra un «vaso di silenzio». A ben vedere, è questo il suggello di Buzzinda (un’opera non finita e continuata da Marco Solari sui disegni dello zio): una sconfinata dichiarazione d’amore che alla fine precipita nel suo opposto: il silenzio come conquista di una appartenenza e di una comunanza col Creato.

Il rovesciamento in silenzio dell’eloquio straripante è conseguito chiamando il tempo e il paesaggio circostante a collaborare.

Ben consapevole che il tempo l’avrà vinta sull’opera umana, Buzzi punta su un accorciamento della prospettiva temporale, chiamando il tempo a collaborare: a farsi architetto assieme a lui: «Dovrei ottenere il fascino del “Non finito”, che si apparenta a quello delle rovine, che entrambi danno all’architettura quella quarta dimensione che è il tempo» (16 novembre 1967).

Nel suo «farsi luogo» (Nicola Dal Falco), la Scarzuola assume il carattere di hospes nel duplice significato che ha il termine latino: è, insieme, ospitato e ospitante. È ospitato nel paesaggio umbro, ma allo stesso tempo, grazie alla capacità di fare di un esterno scenografico un interno, mostra di sapere accogliere il paesaggio come in un grembo (è la lezione dell’architettura del teatro greco).

Buzzinda, del resto, è anche una macchina dello sguardo: un congegno che aiuta il visitatore a cogliere le qualità del paesaggio circostante.

 

La Scarzuola è, a un tempo, contenitore e sfondo di eventi, dove la stessa scena si fa narrazione grazie anche e soprattutto a una concatenazione: a un succedersi di soglie e di aperture in cui il visitatore è invitato a inoltrarsi facendo del suo stesso procedere il mezzo perché la narrazione abbia luogo.

Buzzi parla non a caso di città. La sua creatura umbra è uno specimen della città europea: un modo per evocarne alcuni principi costitutivi. Compresa la capacità di mettere in moto l’immaginario e di stabilire un ponte con l’altrove e il sogno.

Grazie alla capacità di sintesi propria dei grandi scenografi, Buzzi mette il visitatore nelle condizioni di divenire l’esecutore/fruitore di una rapsodia.

E Buzzinda è una rapsodia nel senso etimologico (ραπτειν ῲδή, cucire canti). La maestria di Buzzi non sta tanto e solo nell’ideazione delle singole scene quanto nella capacità di legarle in un insieme che ordina e fonde in narrazione (o, meglio, più narrazioni) ciò che altrimenti sarebbe solo un affastellamento di elementi sterili e privi di senso. Concorre all’arte rapsodica un uso sapiente della prospettiva e la capacità di creare profondità, dilatamenti e compressioni, in un montaggio che sembra fare tesoro della lezione del cinema.

Come l’ape che bottina senza tregua, Tomaso Buzzi ha spaziato con avidità sconfinata nel mondo dell’architettura e della letteratura – ma anche della musica – suggendo il nettare dai fiori più diversi: Francesco Colonna, il Pirro Ligorio di Villa Orsini a Bomarzo, il Piranesi della Carceri, Serlio, Scamozzi, Palladio, Peruzzi, Giulio Romano, Borromini, Vignola, Ledoux, Gaudí, Escher, l’Acropoli di Atene, i Fori imperiali di Roma, Il Palazzo di Spalato, Villa Adriana, Villa d’Este, l’Arsenale di Venezia e altro ancora. L’accumulo di una vita di innamoramenti che, grazie a una straordinaria capacità di tradurre memoria e visione in disegno, si è trasformato nel miele della Scarzuola.

Giancarlo Consonni

 

 

 

 

N.d.C.- Giancarlo Consonni, professore emerito di Urbanistica del Politecnico di Milano, dirige l'Archivio Piero Bottoni che ha contribuito a fondare.
Tra i suoi libri: L'internità dell'esterno. Scritti su l'abitare e il costruire
(Clup, 1989); con L. Meneghetti e G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa (Fabbri, 1990); Addomesticare la città (Tranchida, 1994); Dalla radura alla rete. Inutilità e necessità della città (Unicopli, 2000); con G. Tonon, Il «lapis zanzaresco» di Pepin. Giuseppe Terragni prima del progetto (Ronca, 2004) e Terragni inedito (Ronca, 2006); La difficile arte. Fare città nell'era della metropoli (Maggioli, 2008); La bellezza civile (Maggioli, 2013; Éditions Conférence, 2021); Urbanità e bellezza. Una crisi di civiltà (Solfanelli, 2016), La forma della convivialità. I tavoli ellittici di Piero Bottoni (La Vita Felice, 2018).

Tra i molti saggi sulla metropoli milanese: (con G. Tonon) La terra degli ossimori. Caratteri del territorio e del paesaggio della Lombardia contemporanea, in Aa. Vv., Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Lombardia, a cura di D. Bigazzi e M. Meriggi, Einaudi, Torino 2001, pp. 51-187; (con G. Tonon) Milano, la questione metropolitana, in «Archivio Storico Lombardo», dicembre 2020, pp. 41-65; Milano 1923-1963. Tre guerre contro la misura dialogica, in «ACME. Annali della Facoltà di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Milano», Vol. LXXIII, 2/2020, pp. 173-198.
Tra gli scritti sulla cultura architettonica e urbanistica e sulle questioni insediative: G. Consonni, Conférence à Milan, in Marida Talamona (a cura di), L’Italie de Le Corbusier, XVe Rencontres de la Fondation Le Corbusier, Editons de La Villette, Paris 2010, pp. 188-199; G. Consonni, Le Corbusier: rivoluzionario, sublime, antiurbano, Ogni uomo è tutti gli uomini, Bologna 2012; Tra Cartesio e Vico. La contraddizione dei razionalisti italiani, in Aa. Vv., Architettura e realismo. Per una nozione operativa di realismo: espressione critica e impegno civile, a cura di Gentucca Canella e Elvio Manganaro, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2015, pp. 104-135; «Una cultura che esige molto». Colloquio immaginario con Carlo De Carli sul rinnovamento della Facoltà di Architettura di Milano, in Aa. Vv., Carlo De Carli 1910-1999. Lo spazio primario, a cura di Roberto Rizzi, Angeli, Milano 2016, pp. 68-87; Edoardo Persico: le contraddizioni della modernità, in «Strumenti critici», a. XXXII, n. 3, settembre 2017, pp. 385-398; (con G. Tonon), Architettura e natura, in «Rivista di psicologia analitica», numero monografico su Umana natura, a cura di Barbara Maximilla e Clementina Pavoni, n.s., n. 52, vol. 104/2022, pp. 119-130; Abitanti, ovvero tessitori di urbanità, in «Gli Asini», n. 101, 2022, pp. 18-22.
Ha pubblicato sei raccolte di poesia presso gli editori Scheiwiller ed Einaudi. L’opera pittorica è documentata in Ritmi e soglie
(2018), Sognando la Liguria. 1994-1998 (2019); Stagioni. 1980-1998 (2021), Luoghi e paesaggi. 1961-2021 (2021), Nel blu. Collage 2013 (2022), Nel grigio. Collage 2016 (2022) editi da La Vita Felice.

Per Città Bene Comune ha scritto: Un pensiero argomentante, dialogico, sincretico, operante (2 giugno 2016); Museo e paesaggio: un'alleanza da rinsaldare (13 gennaio 2017); Coscienza dei contesti come prospettiva civile (9 febbraio 2018); In Italia c'è una questione urbanistica? (15 giugno 2018); Le ipocrisie della modernità (23 novembre 2018); La rivincita del luogo (25 luglio 2019); Le pratiche informali salveranno le città? (15 novembre 2019); Città: come rinnovarne l’eredità (20 novembre 2020); La coscienza di luogo necessaria per abitare (12 marzo 2021); Il passato come risorsa del progetto (10 settembre 2021); La bellezza come modo di intendersi (7 gennaio 2022).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

07 LUGLIO 2022

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022:

L. P. Marescotti, Pianificare è necessario, nonostante tutto, riflessione a partire dai libri di: F. Schiaffonati (Lupetti, 2021), P. Portoghesi (Marsilio, 2019), G. Piccinato (Roma-Tre Press), et al.

L. Rossi, La cartografia come spazio di vita, commento a: D. Poli, Rappresentare mondi di vita (Mimesis, 2019)

C. Tedesco, Una cultura urbana che riparta dal vissuto, commento a: C. Cellamare, F. Montillo, Periferia. Abitare Tor Bella Monaca (Donzelli, 2020)

M. Barzi, Indagare i margini, ovunque si trovino, commento a: J. L. Faccini, A. Ranzini, L’ultima Milano (Milano, Fondazione G. Feltrinelli, 2021)

C. Mazzoleni, Riaffermare il ruolo dell'Urbanistica, Commento a: C. Doglio, Il piano aperto, a cura di S. Proli (Elèuthera, 2021)

A. M. Brighenti, Il fascino discreto dell'interstizio urbano, commento a: B. Bonfantini, I. Forino, (a cura di), Urban interstices in Italy (Lettera Ventidue, 2021)

R. Pavia, Il porto come soglia del mondo, commento a: B. Moretti, Beyond the Port City (Jovis, 2020)

S. Sacchi, Lo spazio urbano è necessario, commento a L. Bottini, Lo spazio necessario (Ledizioni, 2020)

D. Calabi, La "costituzione" degli ebrei di Roma, commento a: A. Yaakov Lattes, Una società dentro le mura (Gangemi, 2021)

F. Ventura, Memoria dei luoghi ed estetica dell'Ircocervo, riflessione a partire da: G. Facchetti, C’era una volta a San Siro (Piemme, 2021) e P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi, 2020)

E. Scandurra, Il territorio non è una merce, commento a: M. Ilardi, Le due periferie (DeriveApprodi, 2022)

A. Mela, Periferie: serve una governance coerente, commento a: G. Nuvolati, Alessandra Terenzi (a cura di), Qualità della vita nel quartiere di edilizia popolare a San Siro, Milano (Ledizioni, 2021)

M. A. Crippa, Culto e cultura: una relazione complessa, commento a: T. Montanari, Chiese chiuse (Einaudi, 2021)

V. De Lucia, La lezione del passato per il futuro di Roma, commento a: P. O. Rossi, La città racconta le sue storie (Quodlibet, 2021)

M. Colleoni, Mobilità: non solo infrastrutture, commento a: P. Pucci, G. Vecchio, Enabling mobilities (Springer, 2019)

G. Nuvolati, Una riflessione olistica sul vivere urbano, commento a: A. Mazzette, D. Pulino, S. Spanu, Città e territori in tempo di pandemia (FrancoAngeli, 2021)

E. Manzini, Immaginazione civica, partecipazione, potere, commento a: M. d'Alena, Immaginazione civica (Luca Sossella, 2021)

C. Olmo, Gli intellettuali e la Storia, oggi, commento a: S. Cassese, Intellettuali (il Mulino, 2021); A. Prosperi, Un tempo senza storia (Einaudi, 2021)

A. Bagnasco, Quale sociologia e per quale società?, commento a: A. Bonomi (a cura di), Oltre le mura dell’impresa (DeriveApprodi 2021)

R. Pavia, Le parole dell'urbanistica, commento a A. A. Clemente, Letteratura esecutiva (LetteraVentidue, 2020)

G. Laino, L'Italia ricomincia dalle periferie, commento a: F. Erbani, Dove ricomincia la città (Manni, 2021)

G. Consonni, La bellezza come modo di intendersi, commento a: M. A. Cabiddu, Bellezza. Per un sistema nazionale (Doppiavoce, 2021)